Chi viaggia, soprattutto per turismo ma anche per affari, ammette grande importanza alla qualità del cibo che consuma quand’è lontano da casa. Il turista, oggi, non è più “un turista per caso”. Sa dove recarsi se desidera il sole e il mare, sa cosa vedere se è ansioso di conoscere la storia e l’arte degli altri popoli. In altre parole, parte informato. Il piacere della “scoperta” lo riserba semmai a una cucina che non conosce e che sarà curioso di sperimentare, senza più cadere nel macchiettismo italico di chi pretende gli spaghetti a Bali o il formaggio pecorino in Alaska. Certo, nel cuore conserva i sapori e i profumi della cucina della mamma o della nonna; quella specie di “imprinting” – gusti e sensazioni che ricordano l’infanzia – che non lo abbandonano mai, ma che non gli impediscono nuove esperienze in ambienti geografici e umani lontani magari anni luce dai suoi. Per fortuna, tutto cambia e si evolve. Lasciando perdere il fenomeno “globalizzazione” alimentare – pensiamo solo alla Coca Cola e ai fast-food della McDonald – oggi assistiamo, in quasi tutti i Paesi a forte vocazione turistica, a una meritevole opera di riqualificazione della cucina del luogo che trova spontaneo far uso degli ingredienti e dei prodotti naturali che le appartengono per tradizione, ma ritiene altresì opportuno (e conveniente) percorrere nuove strade al fine di valorizzarli al meglio.
Influenze storiche sulla cucina maltese
Così è successo a Malta. Nel corso degli ultimi anni, pur nel rispetto di una cucina “antica”, indissolubilmente legata alla storia della propria terra, sono state ammorbidite certe asprezze locali, stemperandole in una rielaborazione che ha incontrato il favore dei visitatori. In buona sostanza i piatti delle isole, grazie all’avvento di chef e cuochi provenienti dal continente, si sono europeizzati, sono divenuti internazionali, adatti quindi a un pubblico parimenti internazionale. In quanto isola, Malta è sempre stata nel corso dei secoli terra di transito e di conquista. Qui sono arrivati un po’ tutti e da ogni dove e arrivando, per brevi o lunghi periodi, hanno preso confidenza con la maniera locale di preparare le vivande. Ecco perché sono rintracciabili influenze siciliane, spagnole, greche e arabe. Persino influenze ottomane (malgrado non siano mai riusciti a conquistare Malta e di tentativi ne hanno fatti molti) grazie alla presenza nelle isole di schiavi catturati dai Cavalieri o per mezzo di contatti con mercanti e marinai turchi.
Le Influenze culinarie
Non altrettanto positiva, anzi, prevalentemente negativa, è l’influenza britannica sulla cucina maltese. Ai britannici si deve la consuetudine nel consumo degli arrosti, dei panini o sandwich caldi, dei dolci di Natale. Per il resto, hanno abituato molte famiglie maltesi, specie quelle che lavoravano e ancora lavorano nelle aree portuali o nelle diverse strutture militari, all’uso di cibi fritti quali carni, salsicce, uova, accompagnate a salse grasse e ketchup; cibi pesanti e poco sani, specie in considerazione del clima locale, molto differente da quello della Gran Bretagna. Gli esperti suddividono la cucina maltese in due gruppi fondamentali: quello riconducibile alla storia delle isole, rimasto immutato per secoli, che comprende una discreta varietà di dense zuppe di verdure, di stufati, di formaggi di capra, patate e la “ftira”, un tipo di pane cotto al forno. L’altro riguarda la cucina della gente di città, quella della classe media, che risente delle influenze di altre zone del Mediterraneo; ecco allora che troviamo la “timpana”, paragonabile al timballo siciliano, i peperoni e le melanzane ripieni, piatto tipico delle terre del levante e, tra i dolci, l’ “helwa” e l’ “imqaret” (dolcetti di datteri fritti); il primo di probabile origine ottomana, il secondo tunisino.
I prodotti della terra
Verso la fine della primavera i muri delle case di campagna, le rovine di alcuni monumenti, le possenti mura delle numerose fortificazioni delle isole, sono ricolmi di capperi selvatici. Capperi a buon mercato, venduti dalle bancarelle e conservati poi in salamoia o in aceto rosso. Ai capperi si accompagnano le olive, presenti insieme in molte ricette. L’ulivo trova a Malta terreno fertile per crescere bene. Ma le ridotte dimensioni delle isole non consentono raccolti per ricavarne olio, come senza dubbio avveniva un tempo. Non è un caso che alcuni toponimi maltesi ne ricordino il nome: Haz-Zebbug (villaggio delle olive; ve ne sono due, uno a Malta e l’altro a Gozo) e Zejtun (villaggio dell’olio). Tra i vari tipi di frutta coltivati a Malta spiccano le arance (dolci e amare) che si presentano piccole, dalla buccia sottile e molto succose. Un tempo, all’epoca dei Cavalieri, i Gran Maestri dell’Ordine di San Giovanni rendevano omaggio alle varie Corti d’Europa inviando grandi ceste d’arance; da queste arance i francesi hanno poi creato la classica “sauce maltaise”. Un derivato tipicamente maltese di questo frutto mediterraneo è la “ilma zahar”, ovvero l’acqua di fiori d’arancio, impiegata per aromatizzare le mandorle e altri dolci, oppure per allungare il caffè che acquista in tal modo proprietà digestive.
Pur in un territorio coltivabile ridotto qual è quello delle isole, altri frutti crescono abbondanti: cocomeri, prugne, pesche (meno “belle” di quelle del continente ma molto succose perché a Malta non crescono in serra) poi fichi, fra i quali primeggiano quelli detti “bajtar ta’ San Gwann” (fichi di San Giovanni) che maturano per l’appunto prima del giorno 24 dedicato al Santo; poi vi sono i “farkizzan” (piccoli e verdi) e i “parsott”, che maturano a metà agosto. Tra i prodotti tipici dei climi caldi, vi sono infine i fichi d’india, dall’impossibile nome “bajtar tax-xewk”, che si pronuncia “baitàrtasciúk”, e le carrube le cui piante hanno anche la funzione di frangivento, confine di proprietà. Le carrube, cibo per gli animali, vengono anche impiegate per preparare una deliziosa melassa, detta “gulepp”.
I prodotti dell’uomo: pane, formaggio e vino
Va da sé che tutto ciò che esce dalle cucine dei ristoranti o viene preparato in quelle delle casalinghe è un “prodotto” delle donne e degli uomini che si sono destreggiati tra ricette e fornelli. Ma oltre alla frutta e agli ortaggi, esistono i “figli” del latte, della farina e della vite che caratterizzano la realtà alimentare maltese. Fra i molti prodotti caseari, uno spicca sugli altri perché è una specie di carta d’identità di Malta: sono le “gbejniet” (formaggette) fatte con il latte di pecora o di capra. Si presentano in tre varianti: fresche, morbide e bianchissime; “moxxi”, vale a dire stagionate all’aria e di colore giallino oppure “tal-bzar”, ricoperte di pepe nero macinato grosso e cosparse di olio o aceto di vino rosso; ovviamente queste si conservano più a lungo. Ma è il pane il vanto delle isole maltesi. Malgrado in alcune località turistiche si impieghino i forni elettrici, è in quelli con forno a legna di Malta e di Gozo che si fa il vero pane maltese: croccante all’esterno e ben aerato all’interno. Si accompagna con tutto, naturalmente, ma è l’ “Hobz biz zejt” (pane e olio) il modo migliore per gustarlo. Altro pane locale è la “ftira”, una specie di schiacciata rotonda con un buco centrale. E’ buona sia fresca e croccante che riscaldata in forno il giorno dopo.
Per gustare e digerire la variegata cucina maltese, ci sono infine i vini locali. Tre sono i principali produttori dell’isola: Meridiana di Rabat, Marsovin e Delicata di Marsa. I vini prodotti a Malta sono ottenuti da vitigni internazionali (Chardonnay, Merlot, Cabernet Sauvignon ecc.) che, dopo vari tentativi e assidue cure, danno oggi buoni risultati. Per soddisfare il gran numero di turisti che ogni anno visitano Malta, lo Stato ha concesso l’importazione di uva o mosto dall’estero, specie dall’Italia, affinché venga prodotto vino localmente. C’è infine una ridotta quantità di vino prodotto con uve coltivate sul suolo maltese; le due varietà più note, “Ghirgentina” e “Gellewza”, sono a bassa gradazione alcolica e povere di zuccheri, inconvenienti che vengono eliminati con apposite lavorazioni. Nelle diverse etichette esistenti, si può comunque affermare che i vini maltesi rossi, bianchi e rosati incontrino, anno dopo anno, convinti estimatori e adeguata diffusione fra i locali e fra chi viene a Malta per lavoro o vacanza.
La cucina di Julian
“L’isola è ricca di pesce fresco, verdure e ortaggi saporiti, frutta deliziosa e un’abbondanza di limoni, olive, aglio, capperi, menta, basilico e così tanti altri prodotti inondati dal sole del Mediterraneo, che permettono ai maltesi di preparare i piatti più appetitosi attingendo sia alla tradizione che all’improvvisazione”. Lo ha scritto Julian Sammut, noto ristoratore di Valletta, nel suo libro “Introduzione alla cucina maltese”. Sammut è a buona ragione giudicato uno dei massimi esperti della cucina maltese, autore di una nota guida ai cibi e vini di Malta. Il suo locale (Rubino) situato nel cuore della capitale maltese, è piccolo ma frequentatissimo e non si trova posto se non si ha l’avvertenza di prenotare. Ogni domenica mattina il ristorante Rubino prepara e vende anche “dolci”, fra i quali primeggiano le “qassatat” (cassate, grosse torte dolci alla ricotta), un po’ diverse da quelle siciliane, degno coronamento dei pranzi domenicali. Per gli amici Julian mette a disposizione la sua bella villa di Zebbug, nell’ovest dell’isola. Una ex fattoria, costruita in pietra globigerina, con alti soffitti a volta. Prima un assaggio di “ftira”, arricchita con pomodoro, olio, capperi e olive; quindi il coniglio, piatto tipico di Malta, per finire con due varietà di dolci: i “biskuttini tal-rahal” (biscottini del villaggio) e le “qaghaq”, dalla pronuncia difficilissima (ciambelline al sesamo).
I più famosi piatti maltesi
Soppa ta’l-armla (zuppa della vedova)
Ingredienti : 2 cipolle, 1 cavolo medio, 1 lattuga, 1 indivia, 1 cavolfiore piccolo, 400 gr di piselli 1 costa di sedano, 4 formaggette fresche (gbejniet), 1 pezzo di margarina, 4 uova.
Preparazione: far dorare nella margarina gli ortaggi tritati. Aggiungere acqua, coprire e cuocere a fuoco lento fino a cottura completa. Aggiungere lentamente le uova ad una ad una, la ricotta e le formaggette e cuocere per altri 5 minuti. Per servire disporre nel piatto, nell’ordine: l’uovo, la formaggetta e un pezzo di ricotta e versare quindi la zuppa.
Timpana (timballo di pasta al forno)
Ingredienti: 400 gr di pasta sfoglia, 400 gr. di maccheroni, 200 gr di carne di manzo tritata, 200 gr di carne di maiale tritata, 2 cipolle, 3 cucchiai di salsa di pomodoro, 4 uova, 100 gr di parmigiano grattugiato, 200 gr di fegato (preferibilmente di pollo), 200 gr di pancetta affumicata a pezzetti (bacon), 250 ml di brodo di pollo o di bue, sale e pepe, olio per friggere, 200 gr di cervello di maiale.
Preparazione: soffriggere la cipolla nel burro. Aggiungere la carne tritata e la pancetta e cuocere per 5 minuti. Aggiungere il fegato e cuocere per 3 minuti. Versare la salsa di pomodoro e il brodo e cuocere lentamente per 15 minuti. Salare e pepare. Nello stesso tempo cuocere in acqua con sale, in una pentola capiente e senza scuocerla, la pasta. Scolare bene la pasta e versarla nel sugo già preparato. Battere le uova e versarle nella pasta con il parmigiano. Predisporre in una teglia i ¾ della pasta sfoglia disponendola sul fondo e sulle pareti della teglia. Versare la pasta con il condimento. Ricoprire con la sfoglia rimasta e spalmarla con l’uovo battuto o del latte e praticare dei fori su tutta la superficie con una forchetta. Mettere in forno a temperatura moderata e lasciar cuocere per un’ora, un’ora e mezza circa.
Lampuki biz-zalza pikkanti (lampuga in salsa piccante)
Ingredienti: 3 lampughe di circa i kg l’una, 2 scatole di pomodori, 3 spicchi d’aglio, una manciata di capperi, olio d’oliva, menta fresca, aceto, 1 cucchiaio di salsa di pomodoro, sale e pepe, un po’ di farina.
Preparazione: privare i pesci della testa e della coda e tagliarli a tranci larghi circa 8 cm. Passare i tranci nella farina e friggerli brevemente da entrambi i lati.. Toglierli dall’olio e farli raffreddare su carta da cucina, eliminando poi le lische. Nel frattempo, preparare una salsa soffriggendo i pomodori a pezzetti, aggiungendo poi il resto degli ingredienti, lasciandoli quindi restringere a fuoco lento. Disporre il pesce sfilettato in un piatto e coprirlo con la salsa.
Fenek bit-tewm u bl-inbid (coniglio all’aglio e vino)
Ingredienti: 1 coniglio, ½ litro di vino rosso, 6 spicchi d’aglio, 2 foglie d’alloro, sale e pepe, olio per friggere.
Preparazione: tagliare il coniglio a pezzi e lasciarlo marinare nel vino tutta notte. In una padella far dorare l’aglio. Rosolare i pezzi del coniglio su entrambi i lati. Quando il coniglio è cotto versarvi il vino della marinata. Aggiungere l’alloro e cuocere lentamente fino a cottura completa.
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