Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Sharm-El-Sheik, andata e ritorno

Una meta oramai “popolare” per moltissimi italiani. Quasi una gita fuori porta: con l’aereo al posto dell’utilitaria. Una settimana in questo lembo di Asia “africana”, a curiosare fra le improponibili “evasioni” dei vacanzieri

In volo per Sharm-El-Sheikh
In volo per Sharm-El-Sheikh

Partenza sabato mattina dall’aeroporto di Milano Malpensa, in mano un voucher che testimonia nero su bianco il diritto a un volo andata e ritorno destinazione Sharm-El-Sheikh.
Ben sei giorni a pensione completa in un hotel sul mare, scelto dopo estenuanti consultazioni divise equamente tra internet e la mia dolce metà.
La quale dolce metà, pazientemente in fila nel marasma generale dell’area gruppi, mi fa l’occhio sperso mentre un fumetto galleggia sopra la sua testa: “TMI”.
TMI, il Turista Medio Italiano, vagamente triste e un po’ bovino, intruppato a forza ma con la tentazione dello svicolamento che contraddistingue le nostre file: valigie “oversized”, beauty case sfavillanti, esemplare tacco a spillo immancabile.

Esotismo di gruppo
L'aeroporto
L’aeroporto

Confesso che guardo con un po’ di apprensione l’unica valigia che ci accompagna: e se poi il tacco a spillo che non ho servisse pure a me?
La fila striscia i piedi e avanza, e noi con loro. La voglia di caldo e di sole, così diversi da quelli delle latitudini nostrane, impera.
Voglio una settimana di ozio e sollazzo, nella quale l’unica preoccupazione sia quale costume indossare con il mio pareo preferito. Scaccio i dubbi e le fisime da viaggiatrice indipendente, e mi accodo volenterosa.
Ore dieci e trenta, si parte; scalo a Roma e poi nuovo decollo, fino a raggiungere (finalmente!) l’aeroporto di Sharm-El-Sheikh intorno alle diciotto.
Fuori ci sono 38° gradi C, sento già l’umore che si ringalluzisce. Nemmeno la sfacciataggine di chi chiede la mancia per accomodare meglio la valigia dentro al pullman che ci porterà in albergo, mi scuote.

Variegati approcci
Sharm-El-Sheik, andata e ritorno
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Assisto senza battere ciglio alla scena delirante di una coppia che ha ceduto all’insistenza del ragazzo (bakshish, bakshish) e difettando di lire egiziane ora contratta una mancia in Euro.
Agguerrito e organizzato, dal capannello di egiziani prontamente coinvolti, spuntano le monete per un resto equo, e i locali se ne vanno soddisfatti.
La coppia sale finalmente sul pullman, con l’aria di chi non ha ben capito cosa sia successo, ma ha come la vaga sensazione di essere stato imbrogliato: lui mugugna, lei fa l’incompresa, a me scappa da sghignazzare ma mi trattengo e faccio la virtuosa.
Ho un solo attimo di cedimento: quando scorgo una prorompente quarta di reggiseno che veleggia bene in vista verso il mio stesso pullman, provocando picchi ormonali come può accadere solo nei luoghi in cui le donne, tradizionalmente, vestono molto e ben più pudicamente di noi.
Urla tra un pullman e l’altro la seguono e la precedono: come vorrei sapere cosa si stanno dicendo! Poi colgo un paio di occhiate rivolte alla signorina, e cambio prontamente idea: in certi casi meglio l’ignoranza.
Sistemati i turisti a mo’ di pacco postale, consumate le battute di rito del nostro “accompagnatore” (il responsabile locale del tour operator da cui abbiamo acquistato il viaggio per Sharm-El-Sheik), eccoci finalmente diretti all’hotel, a venti chilometri da Naa’ma Bay.

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Sharm-El-Sheik Babele di gente e di lingue
La Rimini d'Egitto
La Rimini d’Egitto

Naa’ma Bay. Sicuramente il luogo più famoso di Sharm-El-Sheikh, l’insenatura per prima e più intensamente sfruttata, che oggi si presenta al visitatore bianca di hotel, ordinata di spiagge private, organizzata in lunghe file di negozi e ristoranti, che si contendono i clienti a suon di cucina e simpatia a buon mercato.
Se menù e specialità si somigliano tutte, quello che sconcerta maggiormente è la babele di lingue che si mescolano fino a formare nuove regole di comunicazione.
Si parte da un canonico “Where are you from?”, che – nel nostro caso – sfocia regolarmente in un “Aaah, italiaaano”, che subito mi mette ansia: cosa sottintenderà questa attribuzione di nazionalità?
Si prosegue poi con un “Milano? Roma?”. All’attenzione geografica, unisce immediatamente una dichiarazione d’intenti del genere “Ciao fratello, come stai? Posso fare una domanda?”, perché se c’è un uomo presente è più facile che si rivolgano a lui prima che a noi donne.

foto di skhakirov
foto di skhakirov

A questo punto le possibilità sono due: si accetta di subire l’interrogatorio, ovviamente finalizzato alla vendita di qualche cosa, ma il rito si ripete ogni venti-trenta metri e provoca un certo dispendio di energie.
Oppure si taglia corto con un “No, grazie” cortese ma deciso, senza rallentare il passo né dare segni di debolezza.
Ed è durante una di queste schermaglie verbali che rimango senza parole: in una stradina, di fronte all’ennesimo rifiuto, mi sento apostrofare in un italiano piuttosto buono ma francamente colorito, perché secondo il commerciante dovrei dargli retta.
Ora, capisco che in fondo lui stia solo cercando di vivacizzare una stagione che probabilmente ancora non rende granché, ma santo cielo! Possibile che io non possa rifiutarmi di farmi lusingare, accalappiare e infine abbindolare (e non necessariamente in quest’ordine)?
Soprattutto, chi sarà mai quell’italiano che si è preso la briga di insegnare espressioni volgari e maleducate al negoziante in questione? Dove sta il lato divertente che non riesco a cogliere?

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Finte immedesimazioni

Sharm-El-Sheik, andata e ritorno

In preda a questi amletici dubbi vago lungo l’ordinata scacchiera di strade linde: potrei essere ovunque, a Rimini come sulla Costa Brava. Tutto è finto e perfetto, la stessa musica troppo alta suonata qui come altrove: è il turismo di massa che regna sovrano.
Ora, sia chiaro, in linea di principio io non ho nulla contro il turismo di massa inteso come elevato numero di persone che visitano determinati posti. Va benissimo, mica pretendo che si vada solo in Tibet e uno per volta.
Quello che proprio non riesco a capire è il turista che fuma il narghilè perché fa tanto Egitto, stravaccato in un caffè finto berbero di fronte a un McDonald’s, dove probabilmente sarà entrato appena dieci minuti prima. Quello che non capisco è l’ennesimo albergo costruito sulla spiaggia senza badare alla barriera corallina che costeggia la riva e viene regolarmente calpestata, soffocata, distrutta. Anzi, no, uccisa.
Quello che non capisco è la compiacenza assoluta verso il turista, è la palma in technicolor per sembrare un po’ più occidentali, il commercio ad ogni costo, di ogni cosa.

Ospiti e ospitanti. Colpe collettive

Sharm-El-Sheik, andata e ritorno

Forse non capisco per l’arroganza tutta occidentale di chi non ha fame.
Allora faccio ammenda, e mi incattivisco anche con i turisti.
Che calpestano, soffocano e distruggono. Che non hanno rispetto, e cercano di comprare qualunque cosa a qualunque prezzo.
Me la prendo, anche e soprattutto, con le donne occidentali che mai come in questi luoghi si spogliano all’inverosimile, come se una manica corta o un pantaloncino al ginocchio fossero intollerabili. Che si denudano dimenticando che qui le donne, volenti o nolenti, devono coprirsi anche quando stanno in spiaggia, anche se fuori ci sono 40° gradi e non c’è un filo di vento.
Non sto sostenendo che si debba prendere il velo pure noi, ma semplicemente che qualche centimetro di stoffa in più sarebbe un gesto di rispetto, un modo per raccontare con i fatti che non indossare un chador non significa automaticamente essere disponibile a chissà quali approcci, francamente fastidiosi e dai quali ci si può difendere solo diventando brusche se non aggressive.
Ora, mi domando: le stesse donne che – giustamente – pretendono libertà e rispetto nei propri Paesi, si sono mai fermate a pensare che una minigonna inguinale in Egitto, se pure in una zona così turistica come Sharm-El- Sheikh, è una forma di aggressione volgare e gratuita?
Non fosse altro perché si è in casa d’altri, e credo che nessuno, di media intelligenza ed educazione, si sognerebbe mai di comportarsi come gli pare in casa altrui.
Ma certo, al Turista Medio, italiano e non, forse questo sfugge. Convinto com’è che il denaro ci metta al di sopra di ogni cosa.

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