Domenica 24 Novembre 2024 - Anno XXII

Rio delle Amazzoni, arteria di vita

Rio delle Amazzoni

Le piogge precipitano abbondanti e ingrossano le acque della terra. Ecco allora regioni costantemente asciutte (tierrafirme) frammiste ad altre impaludate (igapò) e alle aree sommerse (varzea). Tutte figlie del grande fiume

Rio delle Amazzoni
Rio delle Amazzoni

Definirlo “fiume” è riduttivo più di quanto sia esagerato chiamarlo “mare”; un mare che scorre all’interno del Brasile. Si parla del Rio delle Amazzoni e delle inaudite dimensioni, ma per risolvere i dubbi sulla sua immensità bastino i numeri: 6.280 chilometri di lunghezza (qualcosa come dieci volte il Po), un bacino di 7.050.000 chilometri quadrati (più di ventitré volte il Belpaese e novanta volte la pianura Padana); una portata che raggiunge i 200.000 metri cubi al secondo (8.940 il Po). Infine, la larghezza del suo letto, che a Manaus si aggira sui cinque chilometri e alla foce sull’Atlantico raggiunge un’ampiezza venti volte superiore.
Come se tanti record non fossero sufficienti, il mastodontico corso d’acqua sudamericano vanta anche una curiosa particolarità, dagli indigeni chiamata “pororoca”: un’enorme onda, un megacavallone risalente l’estuario grazie alla straordinaria lentezza della corrente, dovuta alla scarsa pendenza del bacino, solo ottantadue metri dall’ingresso in Brasile (dopo aver bagnato la peruviana Iquitos) giù, sino al livello del mare.

Fiume scoperto da un hidalgo

Corsi d'acqua navigabili attraversano la giungla
Corsi d’acqua navigabili attraversano la giungla

A scoprire il Rio delle Amazzoni e a battezzarlo con questo strano e intrigante nome (gli Indios gli avevano raccontato mitiche vicende di formidabili guerriere lungo le rive del Grande Fiume) fu il “Conquistador” Francisco de Orellana nel 1541.
Partito da Trujillo, in Estremadura, cuore della povera Spagna degli “hidalgos”, per evitare grane in Perù (non andava d’accordo con il Caudillo e concittadino Cortéz, che nel mozzare teste non faceva grandi differenze tra Incas e castigliani) Orellana pensò bene di farsi un’infinita quanto interminabile passeggiata in direzione est, dal Pacifico all’Atlantico, tra ragni e frecce al curaro, paludi e serpenti, pappagalli e piranhas.
Grazie a Orellana, per meglio dire grazie al Rio delle Amazzoni, è noto all’uomo un angolo del suo pianeta che senza un corso d’acqua – vera e propria autostrada navigabile – mai avrebbe potuto conoscere, se non in minima parte.
Il “deserto” dell’Amazzonia è infatti costituito da una giungla pressoché impenetrabile creata da un’enorme piovosità (ovunque superiore ai duemila millimetri) e da un’umidità atmosferica che raggiunge il 97% (al tutto si aggiunga una temperatura media di 27 gradi).
Tanto verde e acqua farebbe pensare a qualcosa di inutile e improduttivo. Niente di più sbagliato: secondo alcuni scienziati il bacino dell’Amazzonia è uno dei pochi polmoni rimasti sulla Terra, concede una delle ultime possibilità di respirare accettabilmente, di non alzare bandiera bianca di fronte a smog e polveri sottili.

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Manaus, cuore pulsante dell’Amazzonia

Manaus Il Teatro
Manaus Il Teatro

Punto di riferimento lungo il grande Rio e capitale dello Stato di Amazonas, Manaus deve la sua intrigante storia alle vicende della gomma, meglio dicasi del “caucciù” (termine indio). Originario dell’Amazzonia, l’albero dal prezioso lattice – destinato a diventare camere d’aria e copertoni agognati dalla nascente industria automobilistica – permise un boom monopolistico che verso la fine dell’Ottocento trasformò Manaus da misero scalo fluviale in una città da
“El Dorado” con palazzi, tram, giardini, illuminazione elettrica, caffé, locali notturni.
Ciliegina sulla torta di tanta ricchezza, un teatro da mille e quattrocento posti (anno 1896, progetto di Domenico De Angelis, in stile rinascimentale) dal costo spaventoso (non per i baroni del caucciù), sia per la costruzione (arredamento perfettamente copiato dall’Operà parigina e trasportato per mille e quattrocentocinquanta chilometri all’interno della costa atlantica), sia per la gestione (i locali melomani e gli amanti della commedia non badarono a spese per godersi le “performances” di Caruso e Sarah Bernhardt).
Ma il boom terminò perché quei pirati degli inglesi (sempre loro, Drake fece scuola) posero fine al monopolio del caucciù fregando alcuni semi dell’albero della gomma, ovviamente super protetto, contrabbandandoli in Malesia alla faccia delle rigide ispezioni doganali eseguite alla foce del Rio delle Amazzoni.

Turismo fluviale, nuova ricchezza

confluenza delle chiare acque del Rio delle Amazzoni con quelle del Rio Negrofoto Portal da Copa-Wikimedia
confluenza delle chiare acque del Rio delle Amazzoni con quelle del Rio Negrofoto Portal da Copa-Wikimedia

Oggidì tutto questo bendidio – creato in gran parte da madrenatura e (fortunatamente) in misura assai inferiore dall’intervento umano – è a disposizione del turista intelligente, di chi vuole ammirarlo dondolandosi sull’oceanico fiume.
Le crociere fluviali in partenza da Manaus registrano numeri invidiati da molti porti mediterranei, tanti e differenti sono i battelli. Tra i più chic e confortevoli il Desafio (trentatré metri, dodici cabine) un tre alberi in legno frequentemente “charterizzato” da grandi aziende o da Vip tipo Pavarotti, per “pierre” o mero relax.
Per quattro giorni porta tra laghi e arcipelaghi (le Anavilhanas, il più esteso gruppo di isole fluviali nel mondo) ad ammirare cinquecentocinquanta tipi di farfalle, ad assistere al pasto dei piranhas, ad ascoltare – al levar del sole – il canto degli uccelli, a visitare un villaggio degli indios Caboclo.
Ma lo spettacolo assolutamente più impressionante e indimenticabile si vive alla confluenza delle chiare acque del Rio delle Amazzoni con quelle del Rio Negro (basta il nome). Per alcuni chilometri – sotto lo sguardo curioso non meno che estasiato del viaggiatore – due colori avanzano per conto loro, divisi. Misteriosamente, non si confondono.

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