Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Messico, penisola dello Yucatàn questa sconosciuta

Yucatan Playa del Carmen

Territorio pianeggiante, ricco di foreste e di una imponente rete idrografica sotterranea, lo Yucatán è famoso nel mondo quale culla della favolosa civiltà Maya. Ma anche la natura vi gioca un ruolo importante.

Tulum Yucatan grotte
Grotte nello Yucatan

C’è chi dice che a sud di Tulum non c’è nulla. Ma non è così. Lì termina il Corredor Turistico, che da Cancùn lungo la costa serve le principali spiagge orlate di palme e bagnate da tiepide acque cristalline. Playa del Carmen, Xcaret, Paamul, Puerto Aventuras, Akumal, Chemuyil, Xcacel, Xel Ha; baie e calette dalle sabbie immacolate sulle quali si affacciano complessi turistici eleganti ma anche, più rare, semplici capanne dal tetto di paglia.

Valvola di sfogo il Corredor da quando a Cancùn, la primadonna del Caribe messicano, non si può più costruire. Ci hanno pensato le leggi della fine degli anni Ottanta: sviluppo sostenibile e tutela dell’ambiente divennero le parole d’ordine. Si puntò su Playa del Carmen e sul Corredor, pensando di sfruttare poi il tratto da Tulum a Chetumal. Che per ora è salvo. Ma ancora per quanto?

Tra lo Yucatàn turistico e quello sconosciuto c’è Tulum
Yucatan Tulum
La terra dei Maya

Tulum è lo spartiacque tra lo Yucatàn più visitato (la penisola suddivisa negli stati di Campeche, Yucatàn e Quintana Roo) e quello ancora sconosciuto. A nord si trovano i luoghi più frequentati della penisola, mentre a sud c’è quanto resta di incontaminato lungo il superbo litorale caraibico-messicano. Anzi: a centotrenta chilometri da Cancún sulla costa del Quintana Roo, Tulum stesso è già una sorpresa. Chi si incolonna di giorno per visitare le rovine di una delle aree archeologiche più frequentate dell’intero paese, non lo sa. Ma dopo il tramonto una delle ultime città costruite dai Maya, fortificata su tre lati e protetta sul quarto dal mare, cambia faccia. I pullman con aria condizionata ripartono in fila indiana per Cancún o Playa del Carmen. E lì rimangono solo mare e cabañas, a parte qualche albergo dignitoso ma non di lusso.

Tulum è una valida alternativa per chi non ha troppe esigenze. La mattina è ideale per visitare tra i primi l’area archeologica, che già alle nove è aggredita dal turismo. Il templo de los Frescos, il templo del Dios Descendente e l’imponente Castillo hanno una posizione spettacolare. Dalla sommità di alte scogliere si affaccia alle turchesi acque caraibiche, quasi di fronte all’isola di Cozumel. Fu il sito privilegiato che tra il 1200 e la conquista spagnola ne fece il principale porto commerciale della regione. Rivolto nella direzione in cui sorge il sole, in origine si chiamava Zama: “Aurora”.

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Natura intatta nel “luogo dove nasce il cielo”
Tulum Yucatan punta Allen
Pescatore a Punta Allen

Si trova a cinquanta-sessanta chilometri a sud di Tulum: è la Reserva di Sian Ka’an, creata nel 1986 e dichiarata riserva della Biosfera dall’Unesco. Oltre 500.000 ettari con solo un migliaio di abitanti tra pescatori e contadini. Ma qui ci sono 340 specie di uccelli e altrettanta varietà sottomarina oltre a giaguari, puma, ocelot, volpi, scimmie urlatrici, procioni, tapiri, coccodrilli, tartarughe. Per raggiungere la deserta area protetta si abbandona la Carretera Federal 307. Da Tulum si segue la sterrata che percorre, fiancheggiata da belle spiagge deserte, l’affusolata penisola fino a Punta Allen.

La strada è accidentata. Le buche non mancano e se piove il tragitto si complica alquanto. Ma vale la pena passare qualche giorno nel villaggio di pescatori al termine della penisoletta: poche cabañas, grande pace, ottima pesca. Anni luce da Cancùn. Là non si capisce nemmeno se si è atterrati in Messico o in Florida, si parla inglese, si consumano hamburger, si fa shopping in centri commerciali immensi come piacciono ai gringos (statunitensi) che sono i più assidui visitatori del paradiso tropicale yucateco.

Ambiente incontaminato e foresta tropicale
Yucatan butterfly mariposa
La magnifica farfalla Mariposa

Qui, in un ambiente incontaminato coperto per un terzo dalla foresta tropicale, costellato di laghi, paludi bordate da mangrovie, isolate rovine maya, ci si dedica alla pesca – barracuda, cernie, sgombri, tonni, aragoste; in queste acque c’è di tutto e sono quotidiane le uscite guidate in barca – oppure allo snorkelling e alle immersioni alla barriera corallina a 400 metri dal selvaggio litorale o ancora a gustare aragosta e pesce fresco di fronte al mare.
Se nonostante il clima torrido già in aprile, quando volge al termine la temporada seca (da ottobre a maggio) da Tulum si prosegue lungo la Carretera Federal 307. Poco prima di Chetumal si raggiunge Bacalar, un bacino di acqua dolce chiamato laguna de Siete Colores e circondato dalla foresta.

Sul lago il villaggio e una fortezza spagnola, vicino alla sponda sud-occidentale il profondissimo Cenote Azul, uno dei più impressionanti pozzi naturali della regione. Che di cenotes, cavità formate dalle infiltrazioni di acqua nel terreno calcareo, è costellata: sono le uniche riserve d’acqua dolce della penisola in cui non piove quasi mai e di fiumi non v’è traccia: non per niente erano sacre ai Maya.

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Il mondo Maya fra “terra, cielo e inferno”

Yucatan museo maya

A 380 chilometri a sud di Cancùn ecco Chetumal, città di frontiera con il Belize, dall’atmosfera caraibica, dove i messicani acquistano merci di importazione a prezzi inferiori rispetto alla media nazionale nella centrale avenida de los Heroes, dove si trova anche, tra avenida Gandhi e Colòn, l’imponente Museo de la Cultura Maya che con i suoi tre livelli intende riprodurre la cosmologia maya: la terra, il cielo, gli inferi.
Ma nella capitale del Quintana Roo si va soprattutto per dormire e ripartire la mattina seguente lungo la Carretera Federal 186 che taglia la foresta come una freccia puntata su Francisco Escarcega.

A un centinaio di chilometri da Chetumal seducenti e misteriose rovine maya sono immerse nella foresta pluviale, parzialmente scavate e poco visitate. Kokulnich, Xpujil, Chicannà, Becàn, Rio Bec, Hormiguero, Balamku, Calakmul non sono (perlopiù) difficili da raggiungere, perlomeno nella stagione secca. Lungo quel nastro asfaltato si celano nella vegetazione esuberante edifici lunghi e bassi con ingressi a forma di enormi bocche di mostri o serpenti e, a lato delle facciate delle strutture più importanti, grandi torri in muratura: sono questi i tratti che caratterizzano lo stile “Rio Bec” che prende il nome da uno dei siti della zona.

Dopo una settantina di chilometri ecco Kokulnich: piazze, piattaforme cerimoniali, templi, palazzi immersi in un bel palmeto e ricoperti in parte dalla natura. Il Templo de los Mascarones è il monumento più spettacolare: enormi mascheroni in stucco fiancheggiano la scalinata principale del basamento piramidale: sono i volti della stirpe governante sotto le sembianze del dio solare Kinich Ahau. Già quei mascheroni impressionanti che ricordano nelle labbra piene e nei lineamenti arrotondati elementi della scultura olmeca valgono il viaggio. Che non finisce qui.

Fantastici animali di pietra

Yucatan Tulum

Dopo altri sessanta chilometri all’orizzonte appaiono tre torri: sono quelle dell’unico edificio scavato di Xpujil. Lo stile architettonico della regione ne vorrebbe due di torri ma qui c’è un elemento in più: la piramide simulada. Un finto tempio, ma c’è di più e non solo: finte sono anche le ripide scalinate che arrivando fino quasi alla sommità ornavano le torri, decorate anche da vere e inquietanti maschere di giaguaro.
Poco più avanti, ecco Chicannà: Casa de la boca de la serpiente. A giustificare il nome sembra che sia l’enorme maschera zoomorfa con le fauci aperte che fa da ingresso alla costruzione principale, la Estructura II. Si tratta di una delle più complesse e meglio conservate raffigurazioni di Itzamnà, dio creatore dei Maya, qui sotto forma di rettile. Secondo una leggenda, chiunque fosse entrato sarebbe stato inghiottito dalla potente divinità.

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Meglio proseguire per un paio di chilometri fino a Becàn, capitale politica, religiosa, economica della regione. Era una città importante, grande e fortificata. Con una particolarità: fu l’unica tra le città maya a essere circondata da un fossato: cinque metri di profondità, sedici di larghezza, quasi due chilometri di perimetro. All’interno di uno dei più antichi sistemi difensivi della Mesoamerica grandi piazze cerimoniali, strutture imponenti inghiottite dalla foresta, maestosi templi solo in parte scavati.

A due passi dal Belize e dal Guatemala: siti da scoprire

Tulum Yucatan Calakmul Campeche

Chi vuole inoltrarsi nella selva può deviare, a sud-ovest di Xpujil, per Hormiguero, sito che si distingue per l’estrema esuberanza decorativa o, sessanta chilometri a ovest di Xpujil e un altro paio lungo una sterrata a nord della statale, per Balamkù, scoperto solo nel 1990, dove si va ad ammirare un affresco e un grande fregio in stucco, raffigurante un giaguaro sormontato da immagini di re. Ma è soprattutto Calakmul che merita, anche se il viaggio è più lungo: 59 chilometri a ovest di Xpujil e altrettanti piegando a sud lungo una strada asfaltata.

Che sia più vasto della grande Tikal (Guatemala), sua eterna rivale, la dice lunga sull’importanza della città. Seimilacinquecento edifici sparsi su cento chilometri quadrati, solo minimamente portati alla luce e perlopiù nemmeno restaurati, immersi nella Reserva de la Biosfera de Calakmul. Lontani dalla folla in un’area (confinante con Guatemala e Belize) che in epoca preispanica era densamente popolata, sono questi oggi alcuni dei più suggestivi siti archeologici della penisola yucateca. Solo che (quasi) nessuno lo sa.

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