Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Airbus 380, hotel volante

Airbus

E’ in arrivo il nuovissimo transatlantico dei cieli che rivoluzionerà il nostro modo di viaggiare. Presentato il 18 gennaio a Tolosa alla presenza di Chirac, Schroeder, Blair, Zapatero. L’Italia ha preferito il ponte sullo Stretto

Airbus Controlli volo
Controlli volo

Certo che è strana, la tecnologia. Si ha l’impressione che sia un cappio al collo, una trappola per topi, una forca caudina che si, cambia la vita. Ma in peggio.
Spesso, sempre più spesso, si ha l’impressione di non avere più una sfera personale, un ambito privato o anche solo un “angolino” dove tenere i propri piccoli segreti.
La sensazione è quella di entrare nella sfera del criminale, visto che ovunque si lascia una traccia elettronica che equivale all’intercettazione telefonica, a un Tom Ponzi che ci segue, ci pedina o, per i credenti, “l’occhio di Dio”che ci legge nell’anima.
Tuttavia, per i tartassati dalla tecnologia, ci sono buone nuove. Non per tutti, ovviamente; ma per quelli che, a qualsiasi titolo, rientrano nella categoria dei viaggiatori, sì.

Un “mostro” (affascinante) nei cieli
Airbus A 380 in volo (grafico al computer)
A 380 in volo (grafico al computer)

Airbus

380. Ventiquattro metri di altezza alla coda (come un palazzo di otto piani), settantatré metri di lunghezza, quasi ottanta di apertura alare, sedicimila chilometri di autonomia, con consumi inferiori ai concorrenti del tredici per cento, 183 milioni di Euro circa a esemplare. Un gigante, paragonabile alla categoria dei “transatlantici” in mare, che quasi raddoppia le misure del già grande Boeing 737americano. Primi test di volo a marzo ed entrata in servizio nel 2006 con il volo Singapore Airlines, da Londra alla città-stato asiatica.
L’interno è strutturato su tre piani: quello inferiore per le merci, gli altri due per i passeggeri che, a seconda dell’allestimento scelto, potranno essere da 555 a 850. Già, l’allestimento. È il punto cruciale, che ciascuna compagnia dovrà decidere. Si profila un cambiamento epocale: camere con doccia, poltrone letto, bar, ristoranti, palestre (per contrastare il “jet-lag” e sciogliere i muscoli), negozi. Fantasia al potere.

Airbus 380 comfort a bordo: una “gara” mondiale
Il compfort degli interni
Il compfort degli interni

Immaginiamo le compagnie asiatiche offrire delicati massaggi in effluvi di profumi freschi; i francesi intrigare con un casinò, mitigando le perdite con coppe di champagne; gli scandinavi presentare e vendere oggetti di puro design; gli americani (se li compreranno) intrattenere con spettacolini e videogiochi su schermi giganti; i cinesi offrire l’ultima tecnologia spicciola insieme a corsi “volanti” di tai-qi.
L’aereo si trasforma in luogo di divertimento, anzi, di “entertainment”, all’americana. E il tempo della trasvolata diventa un tempo pieno, una giornata in volo, da utilizzare come un qualsiasi periodo trascorso a casa, diviso tra cibo, palestra, lavoro, svago, incontro con amici.
Una “città del cielo”. Una vita sospesa a diecimila metri, ma perfettamente pulsante, come nei luoghi in cui viviamo. E qui, la tecnologia, dell’airbus cambia la vita. Anticipando di qualche decennio quella che sarà la permanenza spesa su una base nello spazio.

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Più grande, più comodo
Aree shopping a bordo
Aree shopping a bordo

Ma non è solo nel “macro” che si deve vedere il cambiamento nell’Airbus 380.
Poltrone strette con ginocchia piegate fino al petto? Da dimenticare.
Ore e ore seduti o in perenne avanti-indietro lungo i corridoi? Ricordo di un passato pre-tecnologico. Pranzi da consumare a stretto contatto di gomito con il vicino, dovendosi sincronizzare per portare il cibo alla bocca? Mai più.
Carrello delle hostess che blocca il passaggio? Luci e sportelli che ti disturbano mentre tenti di addormentarti? Bagni “a fessura” in cui ogni operazione costa fatica?
Niente di tutto questo; rilassatevi e pensate alle nuove frontiere tecnologiche che l’A380 spalanca. Anche se un piccolo “sospetto” resta: non sarà che le “avide” compagnie aeree, per rientrare in fretta dell’investimento, manterranno gli stessi spazi attuali a persona riempiendo l’aereo di corpi fino all’inverosimile? No, no, non è possibile.

Tolosa, dove nascono gli aerei
Airbus La prua di un A 380 in costruzione
La prua di un A 380 in costruzione

Chissà se Antoine de Saint-Exupéry si immaginava una cosa simile nel 1917, quando soggiornava a Tolosa e volava da pioniere nel servizio Aéropostale? Chissà se il “Piccolo Principe” può essere visto come un omaggio a una città che già allora costruiva aerei?
Tolosa, “città rosa che ama il verde” (il rosa sono i mattoni con i quali è costruita, verdi sono i parchi e i giardini, i platani lungo i canali e la Garonna) è città competitiva.
Capitale dello spazio, capitale delle industrie innovative, capitale della formazione. Città d’adozione per scienziati, ricercatori, tecnici europei (circa seimila) nonché per centomila studenti che, su trecentosettantamila abitanti, rappresentano una bella fetta. Una città giovane, che tira tardi, che brulica di traffico e passeggio, ma anche attaccata ad abitudini e ritmi da provincia meridionale.
Approfittatene, dunque, per vedere la città e il suo gigantesco aereo, in quest’anno che manca all’inizio della “nuova era”. E magari, per ricordare quel che è stato, visto dagli italiani. L’aviazione civile che ci ha cambiato la vita.
Negli anni Sessanta trasporto d’élite a caro prezzo, dagli anni Settanta passo dopo passo trasporto di massa (anche con l’invenzione dei charter) gestito a prezzi sempre alti da società pubbliche, negli anni Ottanta progressivamente deregolamentato e privatizzato, negli anni Novanta in crisi profonda, tanto da far “saltare” fior di compagnie aeree e da far nascere le “low cost”. In questa cornice, volare è sempre stata una cosa diversa.

L’amarcord del “volare”
Gli spazi ristretti dei velivoli saranno un ricordo
Gli spazi ristretti dei velivoli saranno un ricordo

Chi non ricorda i voli pieni di ragazzi (giovani e non) che nei mesi estivi dei Settanta partivano dalle capitali europee per l’India, per la Thailandia, per il Messico, per i Caraibi o il Sud America?
Salivi a Lussemburgo, o a Londra, o ad Amsterdam, ed era come incontrare il mondo dentro la cabina, con hostess “bianche e nere” che distribuivano cocktail colorati e dolcissimi. Veri e propri “voli hippy”, ricchi di colore, di speranze, di illusioni. Con poltrone commisurate a quel pubblico, piccole e scomode, ma che anticipavano, confermavano l’idea del viaggio di quel popolo che per la prima volta ragionava in termini “transcontinentali”.
O i voli degli Ottanta, gestiti da operatori del viaggio di scoperta “all inclusive” (cioè un viaggio vero, ma semplificato per un pubblico poco preparato), utilizzando i nuovi vettori. Come la mitica Thai, quella che quando salivi ti dava un’orchidea viola e splendide hostess suggerivano, lasciavano immaginare i “piaceri d’Oriente” che il film “Emmanuelle” aveva ampiamente sponsorizzato. E qui, negli anni del grande boom del viaggio per gli italiani, l’aereo e le sue compagnie, rappresentavano veramente uno spaccato del mondo.

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A bordo, i “colori” del mondo
A bordo della SAS
A bordo della SAS

Salivi su Air France e la spocchia transalpina ti veniva servita tra i foulard di Hermès. Su British, le malvestite hostess avevano lo snobismo di chi parla il “vero” inglese. Su Aeroflot era un abbondare di vodka, come se in cielo l’alcol (in quanto leggero) fosse più tollerabile. Sì, le donne, ancora più di steward e piloti, erano la cifra del paese, un’icona volante.
La SAS aveva le sue matrone scandinave, sempre pronte a darti qualche bottiglietta mignon in più (riflesso condizionato ai liquori super tassati nei Paesi nordici). La KLM le sue altissime signorine bionde, molto pratiche. La Lufthansa signore serie, molto serie, nel vestito e nell’approccio. La Japan Air Lines, ragazze vestite di rosso che mai ti guardavano negli occhi. L’Iberia ragazze che parlavano ad una velocità supersonica, rendendo vana l’attenzione del passeggero.
E poi la Egypt Air, con le hostess dai grandi occhi neri, le compagnie africane, con matrone dai tessuti super colorati, l’Air India con i sari. La Cathay Pacific, che sottolineava pesantemente la differenza tra Hong Kong e la Cina vera e propria. E poi l’Alitalia, con ragazze griffate e con tacco alto, quasi sempre con accento romano; un servizio formale, con qualche caduta di gusto nell’uso “der dialetto”. Una tavolozza, un affresco, una summa delle “differenze” del mondo.

No smoking, in cielo (e in terra)
Pasti consumati a stretto contatto con il vicino
Pasti consumati a stretto contatto con il vicino

E che dire del fumo? Di quella simpatica trovata per cui un passeggero, al check-in (ma forse era ancora “l’imbarco”) si dichiarava “fumatore-non fumatore” (doveva cioè declinare le sue preferenze) e, nel caso non lo fosse, gli capitava che nella fila precedente, o successiva, le “nuvole bianche” si mangiassero anche la sua, di aria.
O di quell’altra trovata per cui, se eri nelle prime file, una sola, leggiadra tendina scorrevole ti separava dalle poltrone business, e ti sentivi come un povero di fronte alla vetrina natalizia di un negozio di prelibatezze.
Poi, sempre in quegli anni, l’offerta si è arricchita di una nuova, mirabolante invenzione: lo schermo. Non tanto per i noiosi documentari, commercial, film. No, la grande cosa era seguire passo passo il volo dell’aereo. Con quella piccola sagoma che si spostava sui continenti, indicando chi e cosa si stava sorvolando, e la velocità di crociera, e le ore e i chilometri dalla destinazione, e la temperatura esterna, e la distanza dal suolo.

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Mangiare ad alta quota
Ristorante ad alta quota per l'airbus 380
Ristorante ad alta quota per l’airbus 380

Anche il cibo, era uno specchio del mondo. Se nel piatto c’era salmone sapevi che volavi SAS. Se caviale, doveva essere Aeroflot. Foie gras o più modestamente “terrine” ed eri salito su Air France, pollo tandoori ti suggeriva che l’aeroporto finale sarebbe stato Dehli, riso in bianco con involtini primavera e sarebbe stato Pechino.
Chi aveva la fortuna di viaggiare in “prima”, sentiva però un’altra musica. Ampie poltrone, ben reclinabili. Spazio sufficiente. Pasti e attenzioni adeguate. Era sempre un viaggio “all’antica”, ma di lusso.
Poi gli Ottanta, e i primi Novanta. Le compagnie, sotto l’effetto del vento americano, dovevano tagliare i costi. Ecco le file sempre più strette, i sedili non sempre funzionanti, a volte la pulizia non impeccabile. La cabina con meno personale, un tantino meno propenso alla gentilezza. I pasti sempre più ridotti, “plastificati” nei sapori e nella presentazione.
E i nostri giorni. Con l’ingorgo dei cieli, l’ingovernabilità del sistema per saturazione. Ritardi, difficoltà, controlli anti terrorismo. La grande trovata dei low cost, che hanno umanizzato le tariffe aeree, anche se spesso hanno fatto più marketing che politica dei costi. Sempre che una simile divisione abbia ancora senso.
Si sale su un aereo tutto arancione, che viene pubblicizzato con uno slogan ironico: “che cool” si viene assistiti da ragazzi distratti, con una divisa da supermercato e si mangia come al fast food. Si scende in aeroporti secondari, in genere lontani dalla destinazione, ma almeno non ti sveni ogni volta per il biglietto, e lo compri on line.
Meglio la “biodiversità” di un tempo o l’omologazione al basso di oggi? La domanda non ha senso. Tanto vale non farla. Aspettando il mitico Airbus A380.

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