Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Slovenia, natura e “senatori” asburgici

I luoghi della Grande Guerra, le tracce e le sedimentazioni della storia, i panorami rilassanti, la vitalità di una nazione giovane e già integrata nella vecchia (nuova?) Europa. Tutto questo e molto altro ancora è la Slovenia

La città di Novo Mesto si snoda lungo le sponde del fiume Krka
La città di Novo Mesto si snoda lungo le sponde del fiume Krka

Per non essere da meno della stampa e della storiografia universali, ho pensato bene di commemorare anch’io il primo centenario della prima Guerra mondiale mediante una gita in quella tribolata appendice meridionale della Mitteleuropa, i Balcani, in cui maturò il conflitto che cambiò i nostri destini (ancorché più estesa, la seconda Guerra mondiale fu meno tragica – salvo il dramma dei bombardamenti aerei su inermi civili – grazie alle nuove tecnologie e alla scoperte scientifiche, vedi la penicillina e il radar).

La memoria dell’arciduca

L'attentato di Sarajevo, 28 giugno 1914
L’attentato di Sarajevo, 28 giugno 1914

E non sono rara aves nel ricordo di quel conflitto, anzi, ci sarebbe poco da stupirsi se pure i magazines di cronaca rosa narrassero che il 28 giugno 1914, a Sarajevo, Gavrilo Princip, accoppando l’arciduca Francesco Ferdinando e signora, provocò un ultimatum dell’impero Austro Ungarico alla Serbia, respinto il quale una concatenazione di reazioni di vari Paesi europei, uniti da trattati e alleanze, diede vita alla WW1 (come usasi sbrigativamente definirla in inglese) durata più di quattro anni (non per l’Italia, che fruì di uno sconto e cominciò solo 24 maggio del ’18, fosse solo perché il mese facesse rima con passaggio – del Piave da parte dei fanti – di cui al noto inno che più retorico di così, non si può).

Un “fazzoletto” di mare. Ma c’è!

Lubiana, città mitteleuropea, capitale della Slovenia
Lubiana, città mitteleuropea, capitale della Slovenia

Ma per andare dal Belpaese nei Balcani (beninteso in auto: ti fermi dove vuoi e vedi quel che vuoi, aerei e treni van bene ai vacanzieri stanziali in alberghi vista mare e a chi va a imbarcarsi in stolte crociere) dovevo passare dalla Slovenia, da cui si evince che non ho potuto esimermi dal tampinare e chiedere lumi ad Ada Peljhan, demiurga del Turismo sloveno a Milano. Perché conoscevo poco del suo ancorché piccolo (ma mai come in questo caso vale il detto piccolo è bello) Paese (a me simpatico, e più avanti spiego il perché). E fatta eccezione per una giovanile visita alle celeberrime grotte di Postumia-Postojna, un blitz balneare a Portorose-Portoroz (a cantare la nota canzone dei ciucc di quelle parti, la Mula de Parenzo) e, da aficionado alla storia, un sopralluogo a Kobarid-Caporetto (tragica parola per gli italici, e a farci scappare c’era pure un giovane Rommel) in Slovenia avevo limitato le mie apparizioni soltanto per motivazioni poco gloriosamente gastronomico-palatal-goderecce. In un paio di occasioni, traguardando a oriente i colli dalla friulana Cormons del mè amìs Bruno Pizzul, mi recavo infatti all’assaggio di quegli stessi vini (cambiava, e di poco, il nome, sai che problema, ma cambiava, questo sì, importante, anche il prezzo, ça va sans dire più basso, e parimenti viaggiare oggidì in Slovenia costa davvero poco, vedi tra poche righe), vini che in terra italica rispondono al nome di Ribolla (Rebula), Verduzzo (Verduc) e Malvasia (Malvasija) invero più vino istriano che della zona Collio, italiano o sloveno che sia).

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