Nella precedente puntata spiegai perché mi sono ritrovato ad Aktau (reclutato dalla Distal, rappresentante le Linee Aeree Ucraine, in occasione del volo inaugurale da Kiev). E trovai pure doveroso precisare che Aktau è una giovane città del Kazakistan che definirei interessante (quindi meritevole di una visita) ma non entusiasmante; mentre lo sono assai i suoi, si fa per dire, dintorni. Aktau può entusiasmare probabilmente i turisti balneari nelle giornate estive, complici le rive e i panorami delle sponde orientali del mar, anzi del lago Caspio (già spiegato: se un ancorché enorme specchio d’acqua non possiede traffico commerciale con un altro bacino non può essere definito mare).
Come prevedibile, non dura molto il sightseeing (giro turistico) di una città a me, fino a pochi giorni prima, più sconosciuta di Carneade. Il tempo di vedere case anzi i soliti casermoni (cominciai ad ammirarli più di mezzo secolo fa in giro per l’Urss) invero tristarelli in quanto di chiara architettura (si fa per dire) sovietica. Edifici, qui ad Aktau, tirati su tanto in fretta e con solo squadra e righello da non doversi nemmeno battezzare le strade, col risultato che, robb de matt!, caso forse unico al mondo, per sapere dove devi andare non ti resta che “dare i numeri” dopodiché invece di dirti “la via Gorkij prima a destra poi seconda a sinistra” quasi si trattasse di un teorema di algebra ti numerano la strada 15 poi l’isolato 23 e infine l’appartamento 6. Per la cronaca, ad Aktau c’è solo una strada dotata di un nome, ma beninteso solo di riferimento, ufficioso, e mi riferisco all’arteria principale, la – guarda caso – Lenina. Ma ad Aktau si ammirano anche nuovi, sciccosi edifici (tra cui il ‘brand new’ Holiday Inn che mi ospita) non parliamo poi dei tanti negozi e boutiques ‘da sciur’ indicanti che lì i danèe girano eccome.
Aktau mèta di businessmen e turisti balneari
E passo a spiegare le succitate antinomie spiegabili a una sorta di film di due tempi.
Primo tempo: in questa area del Caspio scoprono petrolio, idrocarburi, financo uranio, e Stalin pensa bene di inviarvi tecnici e quant’altri a estrarre tutto quel ben di dio.
Secondo tempo: l’Urss fa la nota fine, l’atomica conta meno ma petrolio e idrocarburi molto di più, vedi sceicchi; tramontato il Socialismo Reale adesso “vanno al mare” anche gli ex mugik, e fu così che Aktau (poco meno di 200.000 abitanti) è diventata una ricca mèta per businessmen e, in stagione, per turisti balneari (da cui si evince che, ci mancherebbe, in questa un pochino remota città ‘ai confini dell’impero’ kazako, 9 volte l’Italia, non mancano anzi abbondano cittadini del Belpaese indaffarati nei soliti traffici, ristorazione, servizi etc).
Ma, come detto, più che al turista balneare suggerirei un salto ad Aktau a “curiosi viaggiatori” vogliosi di conoscere, sapere “dove, cosa e come sono mai” questi “Stan”. E’ infatti noto che in quest’area del mondo gli “Stan” – che poi vuol dire “il posto, luogo dei…” – abbondano (ho già scritto, e lodato, quello degli Uzbeki) e al già citato, e lodato, “curioso viaggiatore” mi sentirei, ad esempio, di suggerire una gita a più “Stan” (peraltro collegati assai bene tra loro, in quest’area sudoccidentale dell’Asia trasporti e tecnologie ‘up to date’ funzionano alla grande).
Escursione a Mangystau
Lasciata Aktau eccomi pertanto coscritto in un paio di escursioni nella provincia/regione di cui la città che mi ospita è la capitale, il Mangystau (165.000 kmq, più di metà dell’Italia, per il già menzionato numero di abitanti corrispondente a quello dei fiorentini).
In direzione sud, lungo una buona strada pressoché rettilinea (mar/lago Caspio a destra, a un paio di centinaia di kilometri si entra nel Turkmenistan, a est, verso una diramazione della mitica Via della Seta, si va nell’Uzbekistan) si scende progressivamente verso uno dei punti più bassi del nostro pianeta, la “Karagiye Depression”, ben 132 metri sotto il livello del mare (ma meglio dicasi degli oceani, comunque non del Caspio, che è a sua volta un po’più basso degli altri mari o laghi che siano). Siamo pertanto in un’area interessante colti viaggiatori, meglio ancora se dediti a scoprire com’è fatta ‘sta Terra in cui ci è toccato vivere (e vedendo lande più desolate di paesaggi lunari, ma abitate sia pur poco densamente, ti vien da pensare che ti è andata di lusso a nascere e vivere nel caldo estivo e tra i freddi nebiùn padani).
A spasso sul colle Torysh dalle rotonde pietre
L’altra escursione ha invece puntato a nord di Aktau, verso la penisola difesa dal Forte Scevchenko (voluto dagli Zar a presidiare il lungo cammino che avrebbe dovuto condurli fino al caldo oceano Indiano, regina Victoria permettendo) conducendomi a una necropoli sovrastata da una chiesa scavata nella roccia. Una visita interessante, ma per certo meno entusiasmante di una lunga camminata su un colle (di nome, forse, Torysh) trapuntato di stranissime, non meno che moltissime, enormi, pietre pressoché perfettamente rotonde. Vere e proprie bocce, o se si preferisce megabiglie, “spiegate” dalla guida mediante una leggenda nemmeno tanto intrigante, mentre, mai come in quei momenti, avrei voluto di fianco un colto geologo capace di spiegarmi tanto (almeno per lo scrivente) arcano mistero. Sì, direi proprio che quei massi sferici ammirati su un colle del Mangystau hanno costituito la (come scrivono i dèpliants turistici british) “highlight” della mia gita a Aktau. Una città del Kazakistan in riva al Caspio che – alla faccia delle sue tante gite nel pianeta – manco sapevo che esistesse. E’ proprio vero, nessuno è perfetto…
Leggi la prima puntata: “In volo inaugurale nella terra dei kazaki“