L’imperatore Adriano è tornato a Gerusalemme, la città che chiamò Aelia Capitolina nel tentativo di sradicarvi l’ebraismo. Nel Museo di Israele della città, per la prima volta, sono mostrati assieme tre suoi busti bronzei, gli unici sopravvissuti. Uno è esposto al Louvre, forgiato molto probabilmente in Egitto o in Asia Monore, il secondo dal British Museum ritrovato nel 1834 nel Tamigi e ritenuto creato per commemorare la visita di Adriano in Gran Bretagna nel 122 d.C., il terzo proveniente dall’accampamento di una legione romana vicino Beth Shean nel nord di Israele. Quest’ultimo mostra l’imperatore vestito militarmente con una splendida armatura sul petto conservata in maniera egregia.
La mostra, che si intitola “Hadrian: an emperor cast in Bronze”, completa le celebrazioni per i 50 del Museo di Israele ma soprattutto ripropone il confronto tra la massima autorità romana e il mondo ebraico dell’epoca. Un rapporto assai problematico: Adriano, ellenista convinto, non solo tentò di paganizzare Gerusalemme costruendo sul Monte del Tempio, al posto del Santuario ebraico, un luogo dedicato a Giove, ma dopo aver represso nel sangue la rivolta di Simon Bar Kochba (Simone figlio della Stella) con 580mila ebrei uccisi, nel 135 d.C. cambiò il nome della regione da Giudea a Siria Palestina. Un fatto che ha avuto ripercussioni sino ad oggi.
Nelle fonti ebraiche, quando si parla di Adriano, segue sempre un epitaffio: “Possano essere le sue ossa frantumate”. Espressione che, ad esempio, non viene proposta quando le stesse si riferiscono a Tito o al figlio Vespasiano che pure distrussero il Secondo Tempio a Gerusalemme. Adriano resta in ogni caso legato alla storia della città.