Lunedì 25 Novembre 2024 - Anno XXII

Il museo della Corea del Nord nell’isola di Cheju

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Nell’estremo lembo di terra della Corea del Sud (isola di Cheju), sorge un singolare museo che raccoglie le testimonianze della vita di tutti i giorni nell’altra Corea: oggetti come pensieri

Corea Grotta naturale dell'isola di Cheju
Grotta naturale dell’isola di Cheju

A due passi dalla moderna e luminosa sede che ospita il Museo di Storia Naturale e del Folclore dell’isola di Cheju, c’è una palazzina a un solo piano che raccoglie gli oggetti e i “messaggi” della Corea meno conosciuta e quindi più misteriosa: quella situata a nord del famoso 38.mo parallelo. Di fianco all’ingresso un monumento ricorda i caduti della guerra dei primi anni Cinquanta. Appena entrati l’attenzione si concentra su un grande plastico che riproduce la zona nord della penisola asiatica. Piccole lampadine multicolori indicano, di volta in volta, città, strade, insediamenti industriali, zone di interesse storico. È sufficiente premere un bottone per vedere le lampadine accendersi a intermittenza dando così l’impressione di una Corea del Nord viva e moderna come l’altra.

Qui però esiste un confine fra i più rigidi e più sorvegliati del mondo (gallerie sotterranee per i tentativi di infiltrazione nord-sud a parte). È la striscia di “terra di nessuno”. Si allarga e si restringe a seconda dell’importanza strategica delle varie aree e in funzione delle asperità del terreno. Con la fantasia, è facile immaginare i soldati delle due Coree in perenne stato d’allerta mescolati agli osservatori e ai caschi blu delle Nazioni Unite.

Corea, il Museo delle piccole cose
Corea Danzatrice coreana
Danzatrice coreana

Questo museo per certi versi unico è diretto dal Signor An-Ok Kim e contiene oggetti “aggiornati” al 1993; abbastanza attuali per il Nord, assolutamente superati per gli altri. Per procurarli, sono stati “inviati” in Cina dalla Corea del Sud uomini d’affari, funzionari. Li hanno pagati in dollari direttamente ai cittadini nord-coreani che vivono in Manciuria o che la frequentano come pendolari per lavoro. In seguito questi oggetti sono stati riuniti nella semitropicale isola di Cheju (un tempo chiamata Quelpart). L’isola si trova nel Mar Cinese settentrionale a circa 100 chilometri dalla penisola madre.
Cheju è l’isola delle coppie in luna di miele, l’isola dei vacanzieri; è il frequentatissimo paradiso semi-tropicale della Corea. Sotto questo aspetto, dunque, il museo pare situato nel posto migliore se lo scopo è quello di promuoverlo, facendo conoscere il Paese fratello e facendo crescere il desiderio di arrivare a una futura riunificazione.

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Esposizione di oggetti di vita quotidiana

Accanto a trionfalistici pannelli e foto che mostrano la potenza militare del Nord (in realtà notevole), vi sono vetrine che allineano gli oggetti della vita di tutti i giorni: ferri da stiro antidiluviani, prese e trasformatori di corrente, batterie da cucina in metallo povero, libri e quaderni stampati su carta di scarsa qualità. Fanno tenerezza, davvero, gli abiti maschili e femminili di taglio grossolano e di tessuto modesto, ravvivati da orribili cravatte dagli improponibili colori e da camicette, per le signore, che da anni non sanno come sia evoluta la moda.

C’è il reparto alimentari con scatolame di carne e pesce, affiancato da bottiglie di liquori misteriosi; ci sono strumenti per calcolo e disegno fermi alla tecnica anteguerra e, commoventi, i giochini dei bimbi in latta e stoffa simili a quelli nostri, sempre d’anteguerra. Poi, il tocco di vera poesia che nobilita l’intera esposizione: documenti della vita di tutti i giorni (carte d’identità, tessere ferroviarie, tramviarie, ecc.) e un’accurata scelta fotografica della flora e della fauna del Paese, inserita (sempre in foto), in paesaggi montani aspri e bellissimi: quelli dei monti che confinano con la Manciuria e con la zona siberiana di Vladivostok.

Il museo del popolo invisibile
Corea Artigiano del legno
Artigiano del legno

Quella in mostra in quest’isola è l’anima di un intero popolo, invisibile ma vivo. Un popolo al quale viene raccontato che i fratelli della Corea del Sud non se la passano tanto bene, al punto che liberarli da un regime corrotto e dittatoriale, sarà la missione alla quale verranno chiamati. A loro volta quelli del Sud sanno che i Nordcoreani vivono tirando la cinghia, poiché le spese militari assorbono gran parte del reddito prodotto. Forse arrivano a sognare una seconda Germania; per certo molti lo desiderano. Ma è inutile nascondersi che un sottile senso di disagio e di paura li attanaglia.

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I sottomarini, i gruppetti di infiltrati ai quali si dà una caccia spietata e quelli che (forse) già da tempo agiscono nel loro territorio, quello dei “ricchi”, non fanno dormire sonni tranquilli. Specie da quando alcuni esperti militari hanno previsto che in caso di attacco dal Nord, Seoul, a una trentina di chilometri dal confine, potrebbe essere raggiunta in soli sei minuti dagli aerei nordisti.
Per fortuna, a Pyongyang come a Seoul c’è chi si adopera per riprendere i colloqui di pace interrotti. Per fortuna ancora c’è questo incredibile museo dell’isola di Cheju che mette in mostra il lato più naturale dell’altra Corea: quello della grande fatica di vivere. Una fatica che incute, sempre e comunque, un sincero rispetto.

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