Domenica 28 Aprile 2024 - Anno XXII

Torino: Mole del cinema

La Mole

Fascino, discrezione e imponenza di un monumento che ha fatto della settima arte la sua ragion d’essere. Tra nebbie e icone sabaude Torino presenta il Museo Nazionale del Cinema

La Mole Antonelliana foto Fred Romero
La Mole Antonelliana foto Fred Romero

Sarà un caso ma, compiendo un percorso a ritroso dalla cima della Mole, la prima locandina è proprio “Solaris” risposta sovietica di Andrei Tarkosvskij, alla kubrickiana “2001, Odissea nello Spazio” che le fa da eco di fianco.
Sarà un caso. Ma è proprio per questa curiosa coincidenza che sul Museo del Cinema di Torino è immediatamente calato un impalpabile velo di fascino che mi ha seguito in un iter spazio temporale lungo un giorno intero.
Ero lì per la registrazione di Solaris, quello televisivo. Poteva trattarsi di una location come altre destinata ad un’archiviazione automatica al termine delle riprese.
Poteva essere…ma non lo è stato.

Una mole di museo

Mole Antonelliana particolare della guglia
Mole Antonelliana particolare della guglia

Andiamo con ordine. 167,5 metri di altezza per la struttura in muratura più alta d’Europa. Basata su un progetto dell’architetto novarese Alessandro Antonelli e commissionata dalla Comunità israelita nel 1863 vide l’inserimento sulla massiccia base di 47 metri della guglia che lo portò all’elegante altezza di oggi. Ceduta poi al Comune di Torino fu consacrata a Museo Civico e in seguito, per volontà di Vittorio Emanuele II, a sede del Ricordo Nazionale dell’Indipendenza Italiana.
Ironia della sorte: quella che doveva essere l’icona della città di Mirafiori non fu mai utilizzata. Da virtuale sinagoga, ad ipotetica stazione ferroviaria per diventare, solo con l’approssimarsi del cambio di millennio, la sede reale di una teca che ha fatto della finzione la sua ragion d’essere: il Museo Nazionale del Cinema.
La domanda sul perché un architetto sessantacinquenne abbia deciso di elevare una struttura tanto ardita è ancora priva di risposta. Che sia frutto di follia o seme della genialità dell’estroso Antonelli poco importa visto che dal 19 Luglio del 2000 ha vestito i panni della settima arte e si è aperta allo schizoide quanto contraddittorio mondo dei fotogrammi.
Dove l’unica realtà è la finzione.

2001: Odissea della Mole

La cupola della Mole
La cupola della Mole

Sei anni di lavoro d’equipe di Gianfranco Gritella e Antes Bortolotti, sono serviti per ridare vita ad un tempio mai divenuto tale. Sulla scia dello slogan di Antonelli secondo cui “le opere devono diventare tali anche se cambia la destinazione” il talento creativo di Gritella ha permesso che dopo settimane di polemiche, rinvii e delusioni la mole abbia esposto al pubblico le sue preziose collezioni.
Rinnovata nel suo insieme propone un assetto nuovo destinato a poter accogliere i percorsi museali. In un alternante dinamismo di spazi pieni e vuoti la scala elicoidale sospesa nel nulla, diventa il punto di snodo di una visita in cui spazio e tempo paiono fondersi in un’unica dimensione.
In cui lo spettatore diventa protagonista delle pellicole che si succedono.

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Fiat Lux

Mole L'ascensore trasparente che collega i vari livelli
L’ascensore trasparente che collega i vari livelli

“Pensato il Museo”.
Un museo da primato; per l’ascensore trasparente che collega i vari livelli, per la location in cui è collocato, per la collezione d’ “affiches” che percorre il suo scalone elicoidale e per le dieci “chapelles” dedicate ai generi cinematografici. Fatto sta che, sebbene ancora a livello embrionale, l’idea del museo aveva già dei contorni delineati l’8 Giugno del 1941 quando Maria Adriana Prolo, collezionista e storica di formazione, annotò questo appunto. Membro della Federacion Internazionale del Archives du Film dal 1953, il Museo divenne una realtà istituzionale nel 1958 con l’inaugurazione della sede di Palazzo Chiablese.
Il 1992 coincise con l’anno in cui venne istituita la Fondazione ma fu con il cambio di millennio che il cinema, quell’arte a torto non considerata tale, trovò la sua realizzazione attraverso la scenografia e l’allestimento di Francois Confino all’interno della Mole.

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Manifesti Pubblicitari Cinématographe Lumière,
Manifesti Pubblicitari Cinématographe Lumière,

“Il cinema è un’invenzione senza futuro”.
(Antoine Lumière, padre di Auguste e Louis Lumière)

28 Dicembre 1895.
C’è un fermento particolare al gran Café di Parigi”Questa sera verrà scritta una pagina di storia“, garantiscono i Fratelli Lumière che hanno invitato oltre cinquanta tra giornalisti e benpensanti della Parigi bene.
Luogo di ritrovo: il Salone Indiano ubicato nel sottoscala del Café. L’attenzione dei partecipanti si concentra su una macchina strana: un insieme di ingranaggi e specchi che, attraverso giochi di rifrazioni, è in grado di moltiplicare e riprodurre immagini. Si chiama cinematografo e, mentre luci si abbassano, la proiezione ha inizio. Su una parete in bianco e nero vanno definendosi silouetthes umane: le immagini impresse sulla pellicola rappresentano donne, strizzate nei loro bustini e uomini dai cappelli in testa che guadagnano l’uscita della Fabbrica dei Lumière. Il pubblico è sgomento; mai prima d’allora era stato raggiunto un realismo di questo tipo.

Mole Macchina del cinemaIn poco più di un secolo sono stati compiuti passi da giganti e quella che sembrava una scommessa, destinata a svanire nel giro di pochi anni, è diventata business di majores quali MGM o 20th Century Fox. A dispetto dello scetticismo del padre dei due inventori.
Anche se in realtà la macchina cinematografica è molto più antica. Per questo motivo il viaggio all’interno del Museo del Cinema parte dal proto-cinema, ossia dalla sua archeologia. La struttura di questa sezione è divisa in otto aree tematiche dove le zone di sperimentazione si integrano a quelle espositive.
Dal teatro d’ombre di François Séraphin, divertissement gradito a Sua Altezza Reale Carlo Alberto, alle scatole ottiche che riproducono uno stesso soggetto in condizioni differenti di luminosità.
Il percorso procede con l’esposizione delle lanterne magiche che consentono, a differenza delle scatole ottiche, uno spettacolo collettivo accessibile a tutti in grado di “divertire istruendo e istruire divertendo”. Si può poi testare la nascita del movimento, la stereoscopia, la cromofotografia per arrivare al cinema delle origini e alla nascita del Cinematografo.

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La macchina del cinema

“Se la regia è uno sguardo,
il montaggio è un battito di cuore”

(Jean Gothard)

La macchina del cinema
La macchina del cinema

Se la sezione sull’archeologia del cinema è prettamente didattica, quella basata sulla macchina produttiva punta sull’interazione. Dedicata alle diverse fasi di realizzazione di un film questo settore propone un percorso le cui scansioni rappresentano i cicli della produzione cinematografica. Attraverso un itinerario guidato si potrà capire che cosa sta alla base dell’ideazione di un film, della sua realizzazione e si potranno saggiare rudimenti della tecnica cinematografica. Perché ciò che lo spettatore vede nella sala buia non sono che i frammenti donati dal regista ai “voyeurs” seduti sulle poltrone.
Infatti il vero cinema è altro. È una macchina produttiva il cui risultato sono i fotogrammi impressi sulla pellicola frutto di percorsi operativi eterogenei e dell’apporto di professionalità diverse. Queste professionalità vengono analizzate all’interno dell’iter che porta il visitatore, passo dopo passo, a capire chi si nasconde dietro la macchina da presa. Dal regista, occhio della produzione in grado di trasformare un’idea in immagine, al produttore che governa, al di là del bene e del male, l’esperienza concreta del film. “Per fare il regista devi vedere il mondo a tua immagine” affermò Sternberg, immagine incarnata dalla presenza umana degli attori “bestiame da palcoscenico” secondo Hitchcock.
Il viaggio all’interno della macchina del cinema prosegue con l’illustrazione interattiva della post-produzione: dalla rudimentale moviola alla grafica digitale.
Una sinossi che spiega i generi cinematografici pone la parola fine a questa sezione.

Una spirale di affiches e un Moloch che troneggia

Mole La Galleria dei Manifesti
La Galleria dei Manifesti

“I Manifesti sono come canzonette: ti riportano ad alcuni momenti della tua vita impedendoti di perderli.” Queste le parole di Federico Fellini per descrivere la prima, e a lungo unica, forma di promozione pubblicitaria dalle origini del cinema fino agli anni sessanta.
Tra le perle di carta patinata che si snodano lungo la scala elicoidale lanciata verso la cima della Mole, ci sono quelli dedicati agli spettacoli antesignani del cinema. Titoli quali Theatre D’Ombres e Pantomimes Lumineuses si affiancano a Il Fuoco, Cuore di Mamma e Le Train des Spectres che documentano la prolifica produzione cinematografica della Torino degli anni d’oro del muto.
Ampio spazio è riservato al sonoro e alla raffigurazione dei colossal Hollywoodiani nati dall’abile mano dei pittori di cinema. Da Viale del Tramonto ad Ombre Rosse, da Gilda a Cantando sotto la Pioggia in un percorso che non dimentica i nomi del cinema tricolore. Il Rossellini di Paisà affiancato al De Santis di Riso Amaro, l’Antonioni di Blow Up e il Visconti della Caduta degli Dei.

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L’Aula del Tempio con le chiases longues e Moloch incatenato
L’Aula del Tempio con le chiases longues e Moloch incatenato

Anche se l’esperienza più coinvolgente è data dall’aula del tempio dove troneggia la riproduzione di un Moloch, in scala reale, protagonista del film Cabiria. A far da cornice al gigante incatenato più file di chaise longues che promettono uno spettacolo di suoni e luci: proiettate sulle pareti della mole, come un cinema d’ombre, o su una coppia di mastodontici plasma per tastare l’esperienza del 3D. Questo il cuore della sala, la cui periferia è data da otto cappelle dedicate al cinema di genere. Documentati in questo settore l’assurdo, l’antitesi vero-falso, la sperimentazione, il connubio amore-morte, lo specchio e il rapporto della città di Torino con il cinema espresso nella cappella dedicata a Cabiria. In 200 sequenze sono riassunti otto generi il cui epilogo è perlopiù morale.
Come mistica è l’esperienza dell’ascensore trasparente che dall’aula del Tempio porta in cime alla Mole.
“E quindi uscimmo a riveder le stelle”.
Anche se questo…è un altro film.

Info: www.museocinema.it/it

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