Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

Il “Candomblé” di Bahia

Bahia copyrigh Agência Brasil Fotografias

“Bahia è mulher”, sorrideva sempre Jorge Amado quando si parlava del sesso della sua amatissima città. “Bahia è donna e la sua santa patrona è Oxum, dea africana della sensualità e della bellezza”

Bahia Offerte alla dea del mare Yemanjá
Offerte alla dea del mare Yemanjá

“Bahia è mulher”, sorrideva sempre Jorge Amado quando si parlava del sesso della sua amatissima città. “Bahia è donna e la sua santa patrona è Oxum, dea africana della sensualità e della bellezza.
Della femminilità di Salvador, capitale dello stato di Bahia e chiamata Bahia “tout court” per amore di quel suono, lo scrittore brasiliano non parlava solo nel suo giardino, situato vicino alla casa della dea del mare Yemanjá, portata a Bahia insieme agli altri “dei-orixás” a bordo delle navi negriere, ma anche nei suoi libri, definendola una “sirena sdraiata”, una stupenda donna con l’ombelico in mostra, il tondo forte del mare, e le braccia aperte nell’accoglienza.

Bahia capitale del culto afro-brasiliano
Bahia Celebrazioni in onore di Yemanjá a Salvador
Celebrazioni in onore di Yemanjá a Salvador

La stessa religiosità africana che si respira nella città delle trecentosessantacinque chiese e degli oltre quattromila luoghi di culto afro-brasiliano, ha impronta femminile. Sono le sacerdotesse “mães de santo” a presiedere la maggioranza dei luoghi di culto degli dei africani, approdati a Bahia insieme a milioni di africani fatti schiavi tra il 1550 e il 1888. E sono in maggioranza le donne a nutrire gli dei, con i loro cibi rituali, a danzare e a “riceverli” nella “transe”.

“All’inizio dei tempi i mondi erano uniti” mi raccontò in un caldo pomeriggio la sacerdotessa Mãe Estella de Oxosse, seduta sul suo trono di regina. “Dei e uomini vivevano insieme in grande armonia, ma un errore umano ruppe l’incanto e Olorúm, Dio supremo, separò il mondo umano da quello divino. Da allora – continuava Mãe Estella guardando lontano – una grande tristezza si abbatté sull’umanità, smarrita senza la pienezza del contatto col sacro”. Sembra però che anche gli dei, gli orixás, si sentissero pervasi dalla malinconia, provando una tremenda nostalgia dell’umanità, del cibo, della festa, della danza: avevano nostalgia del corpo. “Così” concludeva la donna “la musica aprì la porta, gli uomini la seguirono e gli orixás scesero a danzare con loro”.

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Uomini e dei, uniti dalla danza
Bahia Filhas de santo danzano all'interno del terreiro
Filhas de santo danzano all’interno del terreiro

Questa leggenda “yoruba”, che tanto mi colpì quel pomeriggio all’ombra delle palme fruscianti del “terriero” Axé Opò Afonjà (il luogo di culto degli orixás), spiega l’origine delle feste danzanti celebrate per gli orixás, nelle quali le donne e gli uomini in “transe”, cedono temporaneamente ad essi il loro corpo. Le danze, che hanno un altissimo valore estetico, sono lo specchio della personalità di questi antenati divinizzati che rivestono un carattere umano archetipo e allo stesso tempo si identificano con un aspetto della natura.

Così la danza di Yemanjá dea del mare, sirena, protettrice di pescatori e marinai, madre, femminile profondo, riproduce il movimento sinuoso delle onde, mentre la danza del guerriero Ogun, spirito della guerra, dell’agricoltura e del ferro, è marziale e volitiva, mentre quella di Oiá, dea del vento, vola sul mondo con movimenti ariosi e leggeri. La ricchezza simbolica e l’alto valore estetico di queste cerimonie, nelle quali si uniscono la bellezza degli abiti con i quali le persone in transe vengono rivestite e che sono l’amplificazione terrena degli orixás; la varietà dei ritmi che fanno da “richiamo”, il susseguirsi delle danze e infine il cibo rituale che viene offerto a tutti i partecipanti, affascinano anche i visitatori più culturalmente lontani dal fenomeno. D’altro canto il culto degli orixás, che a Bahia si chiama “candomblé”, attira una fascia di popolazione molto ampia, non più necessariamente legata biologicamente alla cultura delle origini.

Conchiglie divinatorie
Bahia La lettura delle conchiglie divinatorie
La lettura delle conchiglie divinatorie

Il culto in Africa era legato alla discendenza patrilineare, ma con la schiavitù in Brasile tutti i legami vennero recisi e gli orixás passarono dal ruolo di spiriti tutelari della famiglia a quello di “alter ego” divini, protettori personali.
Questo passaggio aprì il candomblé a chiunque ne volesse far parte, se non per affiliazione rituale, per iniziazione, almeno per la partecipazione alle feste, vere e proprie celebrazioni della vita; oppure per la consultazione dell’oracolo letto dalle sacerdotesse che sono preposte a farlo. Dalla lettura delle sedici conchiglie “cauri” (Cypraea Moneta) gettate sul piatto della divinazione, si evince l’orixá di appartenenza, nel quale si rispecchiano le caratteristiche di ognuno.

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La vasta gamma di tipi psicologici offerta dai sedici orixás principali diventa una chiave di lettura del mondo e dei rapporti interpersonali, uno strumento per capire di più il prossimo. La collana rituale al collo, amuleto protettivo, attivato contro il male attraverso l’utilizzo di erbe e distintivo dell’orixás di appartenenza, perché i grani di porcellana sono del “suo” colore (ad esempio azzurro o trasparente per Yemanjá, rosso scuro per la dea del vento, verde per il signore delle foreste Oxosse, bianco per Oxalá e così via) diventa un primo disvelarsi della  personalità.

Moderni “orixás”

Bahia Baiana

Dato che l’olimpo africano, come quello greco, vive di miti e racconti che palesano i rapporti tra gli dei, così gli uomini conosceranno attraverso la collana le caratteristiche personali dell’altro, almeno in linea di massima. L’orixá personale non sempre ha bisogno di essere scoperto attraverso il “jogo de buzios”, cioè attraverso l’oracolo delle sedici conchiglie, ma può essere individuato informalmente da qualche conoscitore del culto, una bahiana venditrice di cibi cotti dalla quale vi fermate a comprare un “acarajé”, ad esempio, o da qualcuno che riconosce nel vostro modo di camminare, nella predilezione per un colore o per un ambito della natura, il vostro modo di essere e la sua corrispondenza “divina”.

Anche se non portasse al collo la collana “verde-turquese” di Oxosse insieme a quella oro di Oxum, molti riconoscerebbero lo stesso questi due orixás nelle movenze di Caetano Veloso sul palco, il piglio marziale di Ogun nel tribalista Carlinhohs Brown, oppure il fuoco e il fulmine del re Xangô della giustizia, nel ministro della cultura brasiliano Gilberto Gil.

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Info:visitbrasil.com/en/

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