Il National Air and Space Museum della Smithsonian Institution, situato lungo la National Mall di Washington D.C., con la sua media di oltre nove milioni di presenze all’anno, è in assoluto il museo più visitato al mondo. Un successo dovuto al grande amore degli statunitensi per le macchine volanti, ma anche alla completezza del suo “sguardo” sulla storia dell’aviazione e della conquista dello spazio, tale da renderlo un luogo ricco di stimoli non solo per gli appassionati e i tecnici, ma per tutti coloro che vogliono veder riflesso il recente passato attraverso il racconto della conquista del cielo.
Lindbergh, prima emozione
Il museo dei “Numeri Uno”Quanto l’evoluzione del mezzo aereo abbia influenzato il modo di vivere dell’uomo contemporaneo, l’incontro e lo scontro delle culture, le vicende economiche e politiche e la concezione stessa del tempo e dello spazio è cosa facilmente immaginabile, e all’ingresso del museo il solo imbattersi nell’originale del Ryan NYP “Spirit of St. Louis”, il velivolo che il 21 maggio del 1927 permise in trentatré ore a Charles Lindbergh di volare per la prima volta senza scalo da New York a Parigi, dà la viva impressione dei continenti che si incontrano. Il piccolo monorotore color argento è appeso al soffitto in assetto di volo e anche al più disinteressato delle “cose” dell’aria la sua immagine risulta familiare, così come non bisogna essere esperti dell’arte per riconoscere la Gioconda o grandi viaggiatori per riconoscere la Statua della Libertà.
Quell’aggeggio di legno, tela e metallo è una delle icone del ventesimo secolo e insieme a mille altre immagini storiche, è entrato in una sorta di immaginario e personalissimo DNA. Eppure, visto da vicino, quel mito appare nella sua fragilità di macchina leggera e tutto sommato elementare, bisognosa di carburante fino all’inverosimile, tanto da costringere Lindbergh a rinunciare al parabrezza per un serbatoio supplementare e ad accontentarsi di un periscopio sul cruscotto per guardare avanti.
Senza dubbio, al di là della sconfinata raccolta con oltre cinquantamila oggetti (da aeroplani giganteschi o minimali a piccole componenti, documenti e cimeli), quello che fa dello Smithsonian National Air Space Museum un posto unico al mondo è l’abbondantissima presenza di “numeri uno”, esemplari originali di macchine che hanno fatto da pietre miliari nella storia dell’aviazione e nella conquista dello spazio. Numeri uno, a partire proprio dal Flyer dei fratelli Wright, primo aereo della storia a staccarsi da terra. Quello del 17 dicembre 1903 sulla spiaggia di Kitty Hawk prossima a Daytona fu poco più che un salto di qualche metro, ma dimostrò che era possibile realizzare una macchina volante più pesante dell’aria, provvista di motore proprio e, soprattutto, governabile. Il Flyer domina la sezione dedicata ai primordi del volo e nel suo buffo intrico di tiranti e vele di lino assomiglia a un aquilone. Il museo, con la sua ricca e ben organizzata esposizione di macchine che hanno costellato cento anni di volo, permette di visualizzare nel Flyer le radici di quella che sarà l’aviazione, un po’ come un museo di storia naturale rende evidente il legame evolutivo tra gli esseri viventi. E nel percorrere le sale, le rapide conquiste aerospaziali fanno da cicerone a un ventesimo secolo così ricco di eventi e di accelerazioni della storia, da essere definito “il secolo breve”.
Al museo, per imparare
Il museo è organizzato in ventidue sale che spaziano dai primordi fino alle guerre mondiali, dagli anni Trenta con le grandi imprese aeronautiche alla nascita dei jet, dagli albori del trasporto passeggeri alla conquista dello spazio. Aperto tutti i giorni dell’anno (tranne Natale) dalle dieci del mattino alle cinque e mezzo del pomeriggio, lo “Smithsonian” è visitabile gratuitamente e offre una serie di supporti didattici che integrano il semplice percorso tra le sezioni.Fondamentale il ruolo di ben cinquecento docenti volontari che offrono gratuitamente al visitatore una serie di percorsi a tema guidati, la cui programmazione è pubblicata sul sito internet del museo (www.nasm.si.edu).
Altrettanto interessante è la scelta della direzione di favorire la visita ai nuclei familiari completi. Dei “Family Day” sono organizzati periodicamente e vengono incentrati su temi ed eventi specifici della storia aerospaziale, con l’intento di coinvolgere grandi e piccoli in attività pratiche e conoscitive. Come è nella tradizione dei musei scientifici americani, molta attenzione viene riservata alla didattica. Speciali sezioni e percorsi dedicati ai bambini insegnano i principi fisici e tecnici del volo, sintetizzano la cronologia della conquista del cielo e dello spazio e coinvolgono i piccoli visitatori in esperimenti e attività quali il disegno e il modellismo. Un planetario, un cinema su maxischermo “Imax” con programmazione a tema, simulatori di volo analoghi a quelli usati per l’addestramento dei piloti e una ricca libreria di testi specialistici, completano l’offerta educativa.
Nato dall’idea di un magnate
La collezione aerospaziale del museo è addirittura più antica della storia dell’aeroplano. La Smithsonian Institution è nata nel 1829 per volontà del magnate di origini britanniche James Smithson, che nel testamento destinò le sue fortune agli Stati Uniti d’America per costituire una fondazione con lo scopo di sviluppare e diffondere la conoscenza.
Impegnata su più fronti della ricerca scientifica la Smithsonian Institution fu in prima persona attiva negli studi sui principi dell’aerodinamica e nel 1876 in occasione dell’Esposizione di Filadelfia acquistò una serie di aquiloni esposti nel padiglione cinese. Gli studi di aerodinamica del terzo segretario della Smithsonian Institution, Samuel Pierpont Langley, insieme ad altri dati forniti dalla fondazione ai fratelli Wright, furono alla base delle conoscenze che permisero la progettazione del Flyer. Il museo, nonostante gli immensi padiglioni in grado di ospitare una media di oltre venticinquemila visitatoti al giorno, da tempo mostrava di avere raggiunto i propri limiti e buona parte della collezione non era fruibile dal pubblico.
Una sede aggiuntiva? All’aeroporto, naturalmente!
Per questo dall’anno 2003, una seconda sede nei pressi dell’aeroporto Dulles di Washington si è affiancata a quella situata nel centro della capitale. Un servizio navetta, con biglietto di sette dollari, collega i due siti e il nuovo complesso dell’Udvar-Hazy Center offre ampi spazi parcheggio per chi dovesse raggiungere il museo in auto. I nuovi ciclopici hangar offrono la possibilità di mettere insieme giganti dell’aria quali il Lockheed SR 71 Blackbird, l’aereo più veloce della storia dell’aviazione, capace di volare da costa a costa degli States in un’ora; lo Space Shuttle Enterprise, il mitico e sfortunato supersonico civile Concorde e il bombardiere Boeing B-29 “Enola Gay”, esemplare protagonista del primo bombardamento atomico su Hiroshima il 6 agosto 1945.
L’argento lucido di quest’ultimo velivolo sembra ancor oggi riflettere il tragico bagliore di quella bomba che segnò l’inizio dell’incubo nucleare e porta alla mente del visitatore i missili intercontinentali Pershing e SS-20 protagonisti dell’equilibrio del terrore tra le superpotenze, visibili nel salone d’ingresso della sede storica museo.