Nei mari tropicali
E vai facile Fazio!, sul motoscafone yacht d’altura lardellato di tante bele burdèle, zigzagando spensieratamente su limpide acque cristalline in compagnia di cotante voluttuose cosciotte, marmoree tettine, sederini che parlano da soli. Quanto scommetti (ah, posso darti del tu anche se non ho nessuna banca da scalare?) che dopo un paio di secondi di navigazione dimentichi Bankitalia e quei quattro fintoseriosi margnifloni in gessato grigio che ti mettevano sotto il naso conti più truccati della Raffaella Carrà, Ope da pilotare e Concertisti da dirigere?
Dai retta a me, Toni, corri a casa e fai subito la valigia (basta tirar su in fretta due magliette e un paio di mutande), anche perché, vista l’età (ne so qualcosa io, e come già abbondantemente detto, siamo coscritti) è più tardi di quanto tu pensi. Bando agli indugi, cos’è mai questa sciocca paura di trastullarsi con un drappello di vergini caraibiche tra fiumi di champagne millesimé (ohèi, se hai dubbi e proprio insisti, posso sempre accompagnarti)?
E non farti problemi di coscienza religiosa, alla nostra età – con tutti le problematiche pisellistiche che ci assillano – al massimo massimo ci può scappare un peccatuccio veniale di soli cattivi pensieri sorgenti da sguardi vogliosi, roba che sistemi in fretta con un paio di Patèravegloria.
Parti dunque per questa benefica trasferta, fosse solo per scoprire se è meglio Alvito o i Caraibi.
E stai pure certo che – quanto ci scommetti? – rinfrescato dagli Alisei e dopo un paio di goloni di champagne – dispensato da una bella superdotata 91 x 64 x 92 – ti informerai sui punti cardinali e in direzione di Roma ti libererai una volta per tutte con un bel gesto dell’ombrello.
