Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

Cannes, città del Cinema

Chi sa con chi è gemellata Cannes, Côte d’Azur? Non che sia essenziale saperlo, ma una città che si lega a Madrid, Beverly Hills, Shanghai, Acapulco, Torino, Gstaad, o ha problemi d’identità o vuole essere universale

Le Croisette
Le Croisette

Le immagini mirabolanti della Croisette fanno da vetrina allo “star system” internazionale, leggi “americano”.
Che l’America hollywoodiana scegliesse una cittadina della Costa Azzurra per autocelebrarsi (ma bisogna dire che anche qui c’è la Californie!) era forse scontato, dati i legami di intellettuali e buona società americana con la Riviera fin dagli anni Venti.
Ma la storia, non necessariamente, doveva andare così. I francesi, che un loro cinema importante ce l’hanno (oltre a vantare l’invenzione dei fratelli Lumières, con tutto quel che segue) un festival nazionale, prima o poi, l’avrebbero senz’altro fatto.
Ma, pare, ad accelerare il processo, è stata la sciatteria italiana. Si narra, infatti, che all’edizione 1936 della Mostra di Venezia, l’ingerenza di personaggi politici fascisti e nazisti sia stata tale da suggerire un altro luogo, in terra libera, per celebrare la “settima arte” in chiave europea. E così Cannes diventa sede di un festival internazionale, simbolo della libertà d’espressione. La “Croisette-democrazia” contro il “Lido-dittatura”; anno 1939, addirittura con Louis Lumière come presidente, anche se bisogna attendere il settembre 1946 perché il progetto si realizzi.

Capitale mondiale (o Europea?) del Cinema

Palais des Festivals
Palais des Festivals

Da subito, complice il desiderio di rinascita francese ed europeo, Cannes si concentra in quei “24 gradini con tapis rouge”, in quel manifestarsi dell’idea di star system che denota molto provincialismo ma che i francesi, maestri, trasformano in “noblesse”.
“Capitale mondiale della Settima Arte”, anche se il centro mondiale del cinema è Los Angeles; “defilée” di “strass e paillettes”, luogo di nascita della moda applicata al personaggio famoso. Fino all’apoteosi della Croisette, un lungomare assurto a metafora del divismo, con quell’ “Allée des Étoiles du Cinéma”, rassegna in cemento di impronte di mani celebri.
Se Cannes, nei decenni, è diventato il contraltare europeo degli Oscar californiani, sempre in bilico tra “un certain regard”, cioè un modo intellettuale, francese ed europeo, di vedere il cinema e la più sfrenata passerella commerciale delle “mayors”, bisogna dire che l’attenzione al cinema italiano c’è sempre stata. In un’ottica francese, ma c’è stata. E, quest’anno, c’è Monica Bellucci in giuria. Oltre al previsto successo del Moretti del “Caimano”, a Paolo Sorrentino (“L’amico di famiglia”, in concorso) a Bellocchio (“Il regista dei matrimoni”) a Calopresti (“Volevo solo vivere”). Vincent Cassel maestro di cerimonia, Wong Kar Wai presidente di giuria, la prima volta di un cineasta cinese.

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Il meglio della Settima Arte

Wong Kar Wai presidente di giuria
Wong Kar Wai presidente di giuria

La cinquantanovesima edizione del Festival del Cinema di Cannes (17-28 maggio, www.festival-cannes.fr) si preannuncia molto frizzante. A partire dalla presentazione fuori concorso dell’atteso “Codice Da Vinci” di Ron Howart (17 maggio); all’opera collettiva “Paris je t’aime”, venti autori per documentare vite di coppie in venti “arrondissement” (“Un certain regard”, 18 maggio, c’è anche Depardieu) alla selezione per “Atélier” di diciotto filmmaker di diversi Paesi, Haiti, Thailandia, Cile e Sud Africa compresi.
In parallelo, il Palais des Festivals ospita la “Semaine internationale de la critique” (18-26 maggio) selezione di sette lunghi e sette corti di nuovi autori; la “Quinzaine des Réalisateurs” (18-28 maggio) selezione di film del mondo; “Cannes Cinéphiles” (17-28 maggio) in tre sale cittadine passano i film del festival.
Due mostre, “Observations sur les marches à Cannes”, foto “divistiche” di Stéphane Kossman ; un’inedita sui disegni erotici (più i quadri) di Sergei Eisenstein (a parte, proiezione di “Ottobre”, 1927; “Il prato di Bezhin”, 1937; “Alexander Nevski”, 1938).

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