Da un po’ di tempo non ne potevo più, come scriba di turismo e facente viaggiare. Non ne potevo più di veder finire gli amati viaggi nell’abbrutimento della massificazione del livellamento (ça va sans dire, in basso). Nel loro svilimento in materia di sconti, saldi, svendite, offerte speciali, due palle un soldo!
Vacanze omologate
Ma c’è di più! Tempo fa – stanco di veder gente che sciupa il tempo libero sotto un ombrellone a rifare il verso alla Gazzetta dello Sport – nel commentare le vicende turistiche in una mia rubrica su un giornale del trade, scrissi che chi va a spendere soldi nel nulla mentale di un Villaggio Turistico – conferendo il cervello all’ammasso a stupidotti animatori suggerenti il ballo del quaquà – è uno scemo.
Dopodiché, nella successiva puntata, proclamai che solo dei pirla possono pagare per imbarcarsi su una nave e affrontare una demenziale vicenda – venduta sotto il nome di “crociera” – lardellata di totali appiattimenti cerebrali quali il ballo mascherato, le corse dei cavalli in sala Portofino, il “captain’s dinner” con il similcaviale e l’elezione della miss. A ‘sto punto solo un “ciolla” (in milanese sta per “stupidotto”) può stupirsi alla notizia che la mia rubrica venne soppressa a gentile richiesta dei soliti noti, fosse solo perché l’esecranda fame di pubblicità “ut vivere possim”, condanna la libertà di pensiero delle gazzette turistiche.
Turismo su e giù
Morale? Eccola: il Turismo aumenta, ma la sua qualità peggiora. È ormai spoetizzato. Si pensi agli sposi in luna di miele: invece del classico non meno che romantico viaggio “due cuori e una capanna”, finiscono omologati tra i viaggi dei Cral sul charter-tradotta. È ancora provinciale. Spaghetti e Chianti alle Maldive; forse un inglese pasteggia a tè nel Chiantishire? No, beve il Brunello.
Un turismo impecorito: tutti nei Villaggi, perché ci vanno gli altri. Nonché banale e scontato nell’informazione giornalistica. La solita esultanza del mezzobusto tivù a Ferragosto: tutto esaurito. Sulle riviste “consumer” il solito articolo che non dice niente, con a fianco le solite belle foto della bella modella che indossa un bel costume su una bella isola tropicale, già descritta tre o più volte negli ultimi dieci anni.
Turismo nello Stivale
E infine, ultime quattro pecche, il Turismo nostrano. Resta come sempre conformistico: vedi politici e vip, mai uno che viaggi oltre il proprio campanile a vedere e apprendere. Tutti a Capri o a Capalbio. Continua a essere culturalmente povero (tra chi va a Madrid, quanti vanno al Prado?). È presentato banalmente (i soliti slogan, mai un messaggio pubblicitario intrigante, sempre il solito “…parti per la crociera di sogno, fatti dondolare sulle onde…” e risulta sempre più pigro (fare andare la testa? pensa a tutto l’animatore) e, stante la crisi economica, appiattito verso il basso. Vai dove costa meno.
A queste già tragiche condizioni del Turismo nel Belpaese, si aggiungono – e gli stanno dando il colpo di grazia – le nuove mode del Last Minute, del Supersconto, dell’asta elettronica. So benissimo che è stolto andare controcorrente. Combattere battaglie di retroguardia. Tentare di contrastare le mode emergenti. Opporsi al conformismo. Fare la stecca nel coro di un malinteso populismo egualitario. Ben venga, allora, chi cerca e gode voluttuosamente il Last Minute, il Low Cost, il Charter flight, l’orgia di sconti, la partenza all’ultimo momento, le aste Internet.
Slow Tour. Perché no?
Chiarimento: la maggioranza di chi non vuole spendere è certamente composta da gente poco abbiente. Persone che spendere non può: giovani o pensionati. Ma, oltre ai cacciatori del risparmio, non sono pochi quelli con il Rolex da ex 50 milioni al polso, pagato cash e senza chiedere lo sconto, comportamento di moda con l’agente di viaggi. Si rispetti però anche chi – nel gioco al massacro del Turismo, almeno come era conosciuto antàn – non ci sta e da bravo reazionario è sicuro che c’è ancora un benché minimo spazio per far rivivere e proporre “i viaggi di una volta”.
Quel tipo di viaggio che (parafrasando chi ha detto basta al “mordi e fuggi” del panino macdonaldizzato) definirei Slow Tour, dicasi il viaggio organizzato in grazia di dio e come dio comanda, su misura, motivato e studiato con anticipo e con fini e destinazioni diversi dai soliti luoghi imposti dalla moda; un viaggio non banale e comunque intelligente (poco contano le distanze, il costo e la durata) con un occhio al budget ma anche una certa voglia di trattarsi bene, condito con un po’ di curiosità e un pizzico di individualità.
Il “Manifesto”: viva lo Slow Tour avrà successo?
Con tutto il rispetto per i meno o niente abbienti, basta con la populistica televisiva dei “ricchi fortunati che possono permettersi una vacanza”, esibita solo quando si parla di viaggi. Quando sono recensite le costose giacche di Armani o le mutande di Dolce & Gabbana mica si commenta “beati quelli che hanno i soldi da buttare per indossarle”.
Con tutta la comprensione per i meno intelligenti (perché costa di più una settimana di Capodanno a Cortina o una trasferta a cuccare donne allegre a Cuba, che un viaggio in Antartide), il Manifesto si rivolge a chi ricorda e tuttora ama il “Vero Turismo”. E darebbe volentieri una mano per rilanciarlo o quantomeno per ritardarne la sparizione sotto i colpi di maglio dei citati Last Minute, Charter, delle Aste Internet e dei pacchetti sviliti in saldo come il pesce che, avvicinandosi la chiusura del mercato, rischia di non essere venduto. Abbasso i viaggi macdonaldizzati, il Grande Fratello che ci fa viaggiare dove lo porta lo sconto, ci fa iscrivere a un viaggio all’ultimo momento solo per un paio di Euro in meno! Basta con i Last Minute! Viva l’intelligenza! Viva lo Slow Tour!
“La vida buena es cara, hay otra mas barata, pero ya no es vida…”.