Giovedì 18 Aprile 2024 - Anno XXII

La fiaba di Sua Maestà il “Picolit”

Picolit

Eh sì, oltre agli esseri umani anche i vini possono vivere una favola. E’ il caso del celeberrimo Picolit, preziosissimo passito del Friuli nonché reuccio dei tanti nettari prodotti all’estremo nordest del Belpaese. E quale sarebbe la fiaba del Picolit? Presto detto: nasce brutto anatroccolo e per di più non in buona salute, dopodiché comincia ad appassire quasi fosse assalito dal mal caduco, smagrisce a vista d’occhio, poi, improvvisamente, trasforma quel poco di forza, di vita rimasta nei suoi acini, in una divina bevanda per massimi intenditori. E se alla fiaba si volesse aggiungere un proverbio, valga il “Non tutto … Leggi tutto

Picolit, il passito del Friuli
Picolit, il passito del Friuli

Eh sì, oltre agli esseri umani anche i vini possono vivere una favola.
E’ il caso del celeberrimo Picolit, preziosissimo passito del Friuli nonché reuccio dei tanti nettari prodotti all’estremo nordest del Belpaese.
E quale sarebbe la fiaba del Picolit? Presto detto: nasce brutto anatroccolo e per di più non in buona salute, dopodiché comincia ad appassire quasi fosse assalito dal mal caduco, smagrisce a vista d’occhio, poi, improvvisamente, trasforma quel poco di forza, di vita rimasta nei suoi acini, in una divina bevanda per massimi intenditori. E se alla fiaba si volesse aggiungere un proverbio, valga il “Non tutto il male vien per nuocere”, ove si intende che senza una malformazione precocemente inferta ai suoi grappoli da madre natura, il Picolit sarebbe soltanto uno dei tanti, anonimi vinelli bianchi da pizzeria.

Un’oasi d’oro puro

Picolit Claudio e Michele Ciani
Claudio e Michele Ciani

Dalle favole e dagli adagi è comunque il caso di passare al concreto, di apprendere un’intrigante lezione sul Picolit, tenuta da Claudio e Michele Ciani, padre e figlio votati alla produzione e alla “grandeur” del Picolit, nella loro azienda vitivinicola “Aquila del Torre” in quel di Savorgnano del Torre, Udine.
A ogni vocazione e passione segue uno slancio che non può non sfociare in un progetto, che a sua volta risponde a un nome: ecco pertanto l’ “OasiPicolit” dei Ciani. L’Aquila del Torre si estende su 84 ettari di colline eoceniche (tra i 175 e i 300 metri su livello del mare) dal terreno marnoso-arenaceo che si apre in un maestoso anfiteatro affacciato sulla pianura friulana. Oltre a un tenero dettaglio eno-culturale e letterario (sulla collina più  alta una lapide – collocata da Orio Vergani e Diego Valeri – commemora il poeta persiano Omar Khayyam che inneggiò al vino e alla pace agreste) il podere vanta la non comune e benefica alternanza di macchia boschiva (circa tre quarti) e di “superficie vitata” (22 ettari di cui ben quattro dedicati al Picolit, la citata Oasi).

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Nascita sofferta, poi, la gloria

Picolit I vitigni di Savorgnano del Torre
I vitigni di Savorgnano del Torre

Come accennato nella “fiaba”, durante l’infanzia l’uva del Picolit è colpita dall’aborto floreale (che poi si rivelerà una fortuna) che determina un’estrema rarefazione di fiori fecondati, da cui la miseria di soli quindici, massimo trenta acini “veri e normali” dei centocinquanta/duecento che normalmente compongono un grappolo d’uva.
Il brutto, rachitico grappolo viene ulteriormente maltrattato (sembra la favola di Cenerentola) mediante la costrizione ad appassire. E tanto ne soffre da perdere un terzo del peso, ma per fortuna del futuro Picolit c’è anche chi non abbandona l’uva come un trovatello – è il caso dei Ciani – e ne segue periodicamente l’appassimento in bei capannoni, con scientifiche variazioni dei livelli di umidità.
PicolitPressato quel che rimane dei già pochi acini della “disgraziata” uva, ecco iniziare e completarsi il processo di vinificazione che dà vita al Picolit, a quel punto destinato a intraprendere le sue brave battaglie contro il “Grande Nemico” francese, il Sauternes, i famosi “Eiswein” del Reno e i “Tokaji” ungheresi. A proposito di Tokaji (del cui “copyright”, uso del nome, l’Europa ha recentemente concesso l’esclusiva alla sola Ungheria) è d’obbligo un breve inciso: si narra che nel 1632 una vite di Tocai – a quel tempo sconosciuto nelle terre danubiane – sia stata portata in dote dalla contessa Aurora Formentini in occasione delle nozze con il principe Giovanni Batthyani, da cui – prosegue e termina la narrazione – il Tokaji Fromint, una delle più note varietà dell’ambrato vino sorseggiato tra csardas e violini tzigani.

Il lavoro serio, unica religione

Un vino dal colore dorato e brillante
Un vino dal colore dorato e brillante

Il calore tipico che si sviluppa durante l’assaggio dei vini (per gli spagnoli la “cata”) l’intensità del nettare assaggiato e soprattutto la passione dei Ciani e le loro certezze nel futuro di OasiPicolit, aprono la strada a ulteriori apprendimenti. Informazioni che il cronista gira senza fronzoli al lettore e da quasi profano, trasmette telegraficamente come li ha sentiti, senza aggiungere gli aulici – a volte non meno che buffi –  commenti, sentenze di chi in un bicchiere “sente intriganti profumi di ananas intercalati da ombre di liquirizia intrecciati con lontani sfumati sapori di mela renetta, cui certamente non mancano gli influssi della mela Granny Smith”.
Coltivazione: all’Aquila del Torre i ceppi di Picolit non superano i 4000, 4500 per ettaro a fronte dei 5000, 5500 impiegati da altri produttori, per una produzione che non oltrepassa i venticinque quintali per ettaro. Anni di invecchiamento: tre, appetto al solo anno richiesto dal “disciplinare”. Colore: intenso, dorato, brillante. Gusto: il suo “dolce non dolce” lascia la lingua pulita, non allappa. “Quando” il Picolit: in occasione della degustazione di formaggi, carni affumicate, frutta secca, miele.
Il (ahinoi) costo: circa venticinque euro per la bottiglia da mezzo litro.

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Il primo Picolit? In ospedale!

Degustazione
Degustazione

Finisce qui il raccontino su S.M. il Picolit, narrato ai lettori dopo udienza con uno dei non tanti (“pochi ma buoni” come sempre) appassionati produttori operanti in una zona che con la fortuna può vantare un certo credito: in centoventi anni il Friuli Venezia Giulia si è ritrovato qualcosa come due guerre, un terremoto, la fillossera e qualche peronospora di passaggio. In compenso la storia del vino nella regione è a dir poco gloriosa. Cominciarono i Romani – a lavorare la vite – nel 181 a.C., un atto notarile del 1200 cita il Ribolla Gialla, nel 1687 il Picolit appare nei documenti dell’ospedale Santa Maria di Udine e (1755) sulla tavola delle nozze Contarini- Civran, oltre a essere ricordato dal Goldoni (“Picolit del Tocai germano”) e non manca una bottiglia commissionata dal presidio napoleonico di Verona (1797) in bella mostra alla Aquila del Torre.
Ma se si parla di futuro? No problem: la Cathay Pacific ha ordinato bottigliette da 125 centilitri per i “sciuri” che percorreranno le rotte orientali.
La fiaba del Picolit continua.

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