Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Il Bosco delle Cose

Un inaspettato e spettacolare museo delle cose umili, che “sono quelle che hanno più da raccontare”. Parola di Ettore Guatelli. L’esposizione riapre il 3 marzo a Ozzano Taro, poco lontano da Parma

Una stanza della casa-museo Ettore Guatelli (Foto:Mauro Davoli)
Una stanza della casa-museo Ettore Guatelli (Foto:Mauro Davoli)

Ozzano Taro, a qualche chilometro da Parma racchiude un inaspettato bosco…”Il Bosco delle Cose”. Si tratta del museo Guatelli o come il suo fondatore lo amava definire il museo del quotidiano, dell’ovvio, che dopo la chiusura invernale riapre sabato 3 marzo 2007.
Originalmente esposta, la raccolta presenta oggetti d’uso comune (60 mila sono quelli in mostra ma molti altri attendono di essere allestiti), che ancora oggi conservano l’impronta di chi, usandoli, li ha consumati facendoli diventare parte di sé. “Io raccolgo anche le testimonianze della gente, intanto che c’è e che può anche dire del come e del perché e in quali condizioni si usasse un oggetto. In modo da far venire fuori l’uomo che era dietro a questi strumenti stessi”. Così raccontava la propria rigorosa ricerca Ettore Guatelli, classe 1921. Forse proprio le sue origini contadine da una parte e la sua raffinatezza e sensibilità culturale dall’altra lo hanno portato a frequentare i magazzini dei raccoglitori dell’Appennino, inizialmente solo per curiosare, poi per commerciare e in seguito per salvare dalla distruzione i mobili, le cose e gli attrezzi provenienti dalle case contadine e dai laboratori degli artigiani, che in quegli anni venivano rimodernati.

Gli oggetti del mondo contadino (Foto:Mauro Davoli)
Gli oggetti del mondo contadino (Foto:Mauro Davoli)

Ancora oggi, “martelli, pinze, pale, forbici, botti, pestarole
rivestono le pareti seguendo semplici motivi geometrici, riempiono i
mobili e le mensole, creando un effetto scenografico carico di
suggestioni visive e ed evocative, attraverso un linguaggio
museografico inedito”, spiega Jessica Anelli, conservatore del museo.
La raccolta non si riduce solo agli strumenti di lavoro, bensì a tutto quello che riguarda la vita dell’uomo. “È il racconto dell’uomo attraverso l’oggetto”, suggerisce il conservatore. “Ci si aspetta”, prosegue la Anelli “ un museo etnografico come tanti, invece, si rimane sbalorditi per la quantità di oggetti e per l’unicità dell’allestimento.

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La parete dei martelli (Foto:Mauro Davoli)
La parete dei martelli (Foto:Mauro Davoli)

Questo museo traduce esattamente la visione del mondo di Ettore”.
Infatti ne è parte (oltre al nucleo storico, il Granaio, con cinque
ambienti) anche la casa di Guatelli (con ben 6 stanze), che quando era
in vita teneva aperta a tutti, mostrando personalmente e gratuitamente
i beni che amorevolmente custodiva.
“Tutti sono capaci a fare un
museo con le cose belle, difficile invece è un museo di cose umili. Il
primo è un museo di rappresentanza, il secondo di meditazione”. Il
concetto rimanda a una scena del film “Ogni cosa è illuminata”, in cui
le mura sono ricoperte di scatole e ciascuna custodisce la memoria di
chi è scomparso durante l’olocausto. Il solo ricordo ripropone
un’atmosfera forte e intensa. Come le parole di Guatelli quando dice
che “Non bisogna solo voler bene alle cose, bisogna amare il loro
significato, quello che hanno da dire… Specialmente le più umili sono
quelle che hanno più da raccontare”. 

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