Musica al castello
Altro genere l’appuntamento con il quartetto di Franco D’Andrea: un concerto intimista, raccolto tra le mura del castello di Scarlino, uno dei luoghi storici del festival, di tremenda bellezza.
Franco D’Andrea, compositore dalla prolifica attività, fondatore del quartetto e pianista, il sassofonista Andrea Ayassot, il batterista Zeno de Rossi, il bassista Aldo Mella scendono dalla torre del maniero e si impadroniscono del cielo. Complice la notte, la stellata, le mura abbracciate dagli ulivi, l’improvvisazione riempie l’aria, i piedi sull’erba. Già, l’improvvisazione.
Mi fermo a chiacchierare con Franco D’Andrea a fine concerto, vorrei conoscere i titoli dei brani, ma il musicista mi stoppa fin dall’attacco: “Noi non abbiamo scaletta. Nel parco di una trentina di brani di repertorio di un certo periodo si pescano liberamente i pezzi che possono essere accorpati tre per volta nella ‘melody’ (un raggruppamento di brani). Improvvisiamo: il brano a un certo punto trascolora in un altro, c’è una specie di “dissolvenza incrociata”. Se ne sta andando il primo e entra il secondo fino a un massimo di cinque insieme.”
“Le composizioni sono sempre scheletriche, ridotte all’osso: una sera un
brano lo suoniamo in otto minuti, un’altra in cinque e poi subentra un
altro pezzo grazie a segnali musicali convenuti. Ci sono anche
cambiamenti di tempo rispetto agli originali e di conseguenza anche il
nostro atteggiamento cambia.”
Risponde così D’Andrea, poi mi parla dei brani, quasi tutti suoi, che suddivide in tre categorie: alcuni rievocano il passato del jazz tradizionale, i primi tempi, altri che chiama “rituali” sono basati su cellule che ritornano, altri ancora lenti, melodici per creare spazi maggiori, più soffici.
Della prima categoria “March”, della seconda “Afro Abstraction” che si richiama all’aspetto africano del jazz, della terza “Amandes”. Il bis lo fanno con “Grapes”, che è bellissimo. Jazz non facile questo, ma coinvolgente. Certo il luogo gioca la sua parte ma anche la verve dei musicisti. Altro che dischi; per i non addetti ai lavori (soprattutto) il jazz va guardato in faccia. Anche questa è Maremma.
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Grey Cat Festival
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