Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

I “tesori” di Bra

Bra Piazza Caduti della Libertà

Da Pollentia a Bra, dai Romani alle eccellenze enogastronomiche, confluite oggi nell’innovativa esperienza dello “Slow Food”. Mirabili architetture, personaggi e una filosofia di vita concreta e “corposa” come i vini che produce

Bra Chiesa di Santa Chiara
Chiesa di Santa Chiara

“Con neanche cinque litri di benzina il forestiero può arrivare a Bra da Torino, andando sempre diritto. La strada l’hanno asfaltata di recente, corre liscia lungo il bordo delle colline. Ci sono bei rettilinei per lanciare la macchina e boschetti di alberi anche, dove, se avete la ragazza, potete fermarvi un momento in pace… Adesso il paese è rotolato giù dalla collina come una manciata di biglie, e ogni giorno si allarga e si slunga nella pianura, con ciminiere e osterie col gioco di bocce e orti. E case hanno fatto dove una volta venivano solo funghi”.

Che bella descrizione, quella del braidese Giovanni Arpino (1927-1987), un’immagine lineare, minimale, non “adulterata”, della cittadina alle porte delle Langhe. Quei “cinque litri di benzina” delineano il rapporto con Torino, che lui stesso ha vissuto per anni. Il brano è contenuto in “Regina di cuoi”, soffice calembour per dire che la cittadina è stata, nel Novecento, il centro dei conciatori e del pellame.

Il salotto di Brà
Bra Carlo Petrini
Carlo Petrini fondatore di Slow Food

Ecco, ora siamo introdotti nel salotto braidese. Che ha tanti mobili. Uno si chiama “Slow Food” e Carlin Petrini, vale a dire l’uomo che ha ribaltato la lista delle priorità, su scala planetaria. Come? Partendo dai banchi dell’opposizione in Comune, insieme a quell’altra braidese che ha scalato “montagne” in tutto il mondo e che di nome fa Emma Bonino.
Petrini, dunque, dagli “Amici del Barolo” a “Terra Madre”, cinquemila contadini di tutto il mondo a Torino. Una rete di saperi condivisi che, forse, ci salverà dalla omologazione all’americana, dagli ogm e dalla scomparsa della biodiversità. Petrini fa il suo percorso, logico come un teorema: partendo dal gusto si arriva ai prodotti; dai prodotti ai produttori; dai produttori al mercato; dal mercato ai valori.

Slow Food e l’Università del Gusto
Bra Il palazzo del Municipio
Il palazzo del Municipio

È questa proiezione, queste idee che volano alto, molto più in alto della politica nazionale, a stupire. E Carlin continua a vivere qui, quasi come un felliniano “vitellone” diventato “guru”, cercato dal Principe di Galles e messo in copertina da Time come “European Hero”. Time precisa che “hero” è colui che “ci ispira, stimola e ci rende orgogliosi”.
Qui ci sono la sede internazionale di Slow Food e la capostipite (l’archetipo, verrebbe da dire) dell’osteria, chiamata, come si faceva un tempo quando il cibo era dono: “Boccondivino”. Senza contare che la suddetta sta in via della “Mendicità Istruita”, ossimoro illuminista che sottende una scelta di vita. Ma qui, a due passi, c’è anche un’altra grande realizzazione, l’ “Università del Gusto”, altro ossimoro, per di più deriso dalla cosiddetta “Accademia”.

Mercanti di vino e conciatori
Museo Traversa
Museo Traversa

Ora, la storia è lunga, e ribalta un po’ i mobili del salotto. Ma vale la pena sentirla. Pollentia (dal latino “pollere”, essere prosperi) è città romana del II secolo avanti Cristo. Perché proprio lì? Semplice, c’è la valle del Tanaro che confluisce nella valle Stura di Demonte; ci sono i corridoi viari della Fulvia e dell’Aemilia Scauri e, intorno, le città di Alba Pompeia (Alba) e Augusta Bagiennorum (Benevagienna).
Una città importante, a giudicare dalle dimensioni dell’anfiteatro, che qui è come a Lucca, con le case costruite sugli spalti. Tanto che Plinio ne racconta, citandola per la produzione di lane e di vasi da mensa in ceramica fine.

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Cose documentate dal Museo Traversa, il museo braidese che raccoglie tutti i reperti di Pollentia. Tra i quali non sfuggono le iscrizioni funerarie di un mercante di vini (merkator vinarius) e di un tintore di stoffe (purpurarius). Reperti che, in un certo senso, danno senso filologico alle vocazioni novecentesche dei mercanti di vino e dei conciatori. Città “dispersa”, con la caduta dell’Impero, “evacuata” sulle colline circostanti, da cui Bra.
Quel che non bisogna assolutamente fare è mancare il Museo Traversa. Un palazzo del Quattrocento piemontese (capitelli, bifore, loggiato) che ospita un excursus d’arte locale, dai romani al Sei\Novecento piemontese (in particolare i due quadri di Filippo Omegna “Le anime illuse” e “L’ascesa”). Pollentia è qui, dall’ara funeraria alle lucerne fittili, dai vasi alle “teste”, dai gioielli ai corredi funerari. Fin qui Pollentia, la romana.

Le “attenzioni” di un Re: bonifiche, architetture, enologia
Chiesa di San Vittore
Chiesa di San Vittore

È Carlo Alberto (1798-1849) che rimescola le carte. Appena divenuto re, animato da propositi positivi, imposta qualcosa di rivoluzionario. Fa bonificare le terre semipaludose, ricostruisce Pollenzo e il circondario con nuovi criteri, fonda un’azienda modello. Quattordici cascine, con vigneti e cantine per una “buona qualità di sciampagna”. Evidentemente, la lezione dell’abate Pérignon veniva in qualche modo recepita, adattata alla modernità dei tempi. Tanto che, nella vicina Santa Vittoria (a proposito, ricordate il film “Il segreto di Santa Vittoria”, con una magnifica Virna Lisi?) si costruiva una maestosa cantina che diventerà l’inizio della produzione di vini di Francesco Cinzano.

Ma torniamo a Pollenzo. Il re sceglie gli architetti Pelagio Palagi e Ernesto Melano che creano un borgo, neogotico nello stile e rosso di mattone nel colore, come farà alla Margaria di Racconigi. Grande piazza a quattro lati con portici, con al centro la fontana monumentale, la chiesa di San Vittore (dentro si trova il grande coro ligneo dell’Abbazia cistercense di Staffarda) e, soprattutto, l’Agenzia, il cuore del progetto, il centro per condurre esperimenti per migliorare la redditività agricola.

Pollenzo, l’Università e l’Agenzia Albertina
Pollenzo, l'Agenzia Albertina
Pollenzo, l’Agenzia Albertina

L’ogiva neogotica di Carlo Alberto è una finestra sull’agricoltura “scientifica”. Un imprinting sull’ideazione del produrre agroalimentare che viene raccolta allora (basta pensare a Carlo Gancia, l’inventore dello spumante italiano) e viene raccolta oggi, dato che la vera “food valley” italiana è qui. Tanto che Petrini, avendo elaborato il progetto dell’Università, ha pensato a Pollenzo, e l’Agenzia albertina è tornata a nuova vita. Non solo come università, forse più internazionalizzata di come lo sono le università italiane, ma come “idea”, illuministica e romantica, se si vuole, ma in grado di parlare al mondo globalizzato. Che cos’è la “Banca dei Vini” (concepita come memoria storica del vino italiano), sponsorizzata e praticata da manager e banche, se non l’idea albertina (nel 1838 l’enologo Staglieno migliorava le tecniche e pensava di vendere i vini alle corti europee) attualizzata? Sapendo che cos’è stata la Pollenzo albertina, bisogna vedere cos’è oggi la Pollenzo “carlina”. Vale a dire i locali tornati a nuova vita, sviluppando l’idea originale.

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Preziosità braidesi
La Zizzola
La Zizzola

Ma torniamo a Bra. Una città “rotolata” dalla collina, come dice Arpino, dalla Zizzola, sul monte Guglielmo, il colle più alto. La Zizzola è un edificio ottagonale in mattoni: sembra una cappella ma è una villa di delizie (1840), e questa sua ambiguità controbilancia un po’ la profusione di chiese e campanili cittadini.
Premesso che il santo sociale Giuseppe Cottolengo (1786-1842) è nato qui, la sua casa è di fianco alla chiesa dei Battuti Bianchi (barocca, statue in legno policromo) bisogna dire che i braidesi non si fanno mancare i templi: San Giovanni Decollato (Battuti Neri, barocca); Santa Croce (barocca); Santa Chiara (barocca) fino alla splendida Sant’Andrea, progetto del Bernini, realizzazione del Guarini, vale a dire due dei massimi architetti barocchi. E i palazzi, di cui almeno tre di interesse assoluto: il Municipio, con il mattone rosso e le “curvature” di Bernardo Vittone; il Palazzo Mathis, con magnifici saloni affrescati; il Palazzo Traversa, di cui si è già parlato.

Cottolengo e Garibaldi
Bra Ala di Corso Garibaldi
Ala di Corso Garibaldi

Ma segnalerei ancora due luoghi speciali. Il primo è in centro, e più che un luogo è un insieme di geometrie che incanta: i due corsi sovrapposti (Cottolengo e Garibaldi, che corrono paralleli come mai fecero i due personaggi) che hanno in testa e in coda due piazze, una grande e in piano, una piccola e in discesa. In più, le arcate del mercato, che modellano uno spazio urbano eccezionale (e qui si svolge “Cheese“).
Il secondo luogo è al di là della ferrovia, che per i braidesi significa la zona delle concerie. Si tratta della facciata della “Società Anonima Novella Cooperativa” in via Piumati, un déco che vale la pena vedere.
Il Caffè Converso è quella che si dice un’istituzione. Premiato dal “Gambero Rosso” ogni anno tra i primi dieci bar in Italia, unisce le boiserie, gli specchi e i marmi alla qualità dei prodotti e a un ambiente da “bella provincia” piemontese.
È un po’ l’inno alla media borghesia, che oggi ha forse gusti più “globali”, ma che qui ritrova la “madia” di famiglia. Aperto nel 1902 come pasticceria, è il buon luogo per il caffè, declinato in vari aromi, il croissant di casa, i pasticcini, il bicerin (cioccolata, caffè, panna) il panettone al moscato a Natale. È “cozy”, se si vuol parlare “global”.

Salsicce ebraiche, formaggi ubriachi e blu
La salsiccia di Bra
La salsiccia di Bra

Si dice “salsiccia di Bra”. E si dice che è buona, da mangiare cruda, una specie di sushi piemontese, pronto nel suo “involucro budello”. Perché cruda? Perché di bovino, e di bovino piemontese, quello con la “carta d’identità”. Non la fa nessuno, di bovino, ma qui c’è stata una ragione per farla.: la comunità ebrea a Cherasco.
E  bisogna addirittura scomodare lo Statuto Albertino (1848, in vigore sostanzialmente fino alla Costituzione del 1948) che ammette gli ebrei come cittadini
“uguali” e ne tutela i diritti, anche sotto forma di salsicce per loro ammesse.
Oggi nessuno ricorda che quella “meraviglia” è nata per una necessità di ordine “religioso”.

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“Bra ciuc” è un formaggio particolare. “Ciuc”, in piemontese, significa “ubriaco” e “bra” non è slang per dire “reggiseno”, ma proprio il nome della cittadina.
Si tratta di un formaggio dop, nella versione stagionata in vinacce. Il dop “normale” è invece “tenero” e “duro” a seconda della stagionatura, ed è uno dei formaggi pregiati piemontesi, prodotto in tutto il cuneese, ma un tempo qui commercializzato, da cui il nome.
Poi c’è “Cheese”, quest’anno dal 21 al 24 settembre. È il più grande appuntamento su formaggio e derivati al mondo. Dop e igp d’Europa, più tante altre cose, dai laboratori agli spettacoli, dal mercato ai presidi, dalle degustazioni alla birra artigianale. Tema di questa edizione: i “blu”, cioè gli erborinati del mondo (www.slowfood.it).

Arpino, sentenze superate
Chiesa di Sant'Andrea
Chiesa di Sant’Andrea

Ma c’è anche un’altra idea che, partita da qui, vola sulla Penisola e qualche volta riesce anche a planare. “Città Slow”, che vuol dire città che dismette gli idoli novecenteschi della “quantità” e del “big” per indossare quelli aggiornati della consapevolezza dell’ecosistema, vale a dire tempi e bisogni del “corpo cittadino” e del corpo umano, secondo un nuovo-vecchio pannello di compatibilità.
Tradotto, vuol dire vivere, produrre e consumare in maniera diversa, ragionata. Ribaltare le priorità, far diventare rete quel che era provincia, periferia.
Ancora Arpino, per chiudere: “Queste cittadine non hanno vera vita né vera presenza operante nello spazio. Stanno bene come amori scaduti, vecchie fotografie”.
Bello, ma si sbagliava.

Informazioni turistiche

Turismo Langhe e Roero

, Alba,- www.langheroero.it
Bra Turismo, www.comune.bra.cn.it

Come arrivare
Bra si raggiunge da Torino con la statale per Carmagnola-Sommariva Bosco, in tutto sono circa 50 chilometri. Si può prendere anche l’autostrada Torino-Savona, con uscita a Marene e poi statale per Bra; oppure la Piacenza-Torino, con uscita ad Asti Est, e poi statale per Alba-Bra.

Hotel
Albergo Cantine Ascheri, via Piumati 25, Bra, www.ascherihotel.it; camere e suite eleganti, con dettagli interessanti. Bella terrazza sotto la vigna, colazione con prodotti locali. Cantina con bottiglieria e degustazione.
Hotel Cavalieri, piazza Arpino, Bra,  www.hotelcavalieri.net; edificio moderno, nella zona sportiva, camere eleganti, magnifica vista sulle colline e sulle Alpi, quattro stelle.

Ristoranti e caffè
Osteria Murivecchi, via Piumati 19, Bra. Casa di campagna riattata, stalla e fienile compresi. Dettagli architettonici e decorativi interessanti. Cucina braidese e langarola, salsiccia di Bra (di vitello), formaggi come il bra, il castelmagno, il murazzano, la robiola d’Alba; vini della cantina, tra i quali un ottimo dolcetto.
Osteria del Boccondivino, via della Mendicità Istruita 14, Bra. Casa del centro storico, nel cortile ospita la sede nazionale di Slow Food. È la prima osteria del circuito dell’associazione, propone cucina langarola moderna, grandi vini, tajarin con salsiccia di Bra, fonduta di raschera d’alpeggio.

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