Mercoledì 30 Ottobre 2024 - Anno XXII

Erg Murzuq e gli uomini senza ombra

Erg-Murzuq-foto-di-Roberdan

Deserto del Sahara. Estremo sud-ovest libico. La leggenda racconta di Mastuta, la città sepolta, protetta dalla tribù del silenzio. Qui, di notte, le dune parlano e si spostano, non solo con il vento…

Erg Murzuq La traversata dell'Erg Murzuq
La traversata dell’Erg Murzuq

La chiamano Mastuta, è una città che non esiste. Sta sottoterra, nell’estremo Sud-ovest della Libia, difesa da dune alte come montagne e da sabbie mobili che nessun uomo normale è in grado d’attraversare. Laggiù, in quella città sotterranea, vive una comunità immaginaria di tuareg, chiamata Kel es-Souf, cioè “Tribù del Silenzio”.
I suoi componenti si distinguono dagli altri nomadi per tre caratteristiche: possono camminare sulle sabbie mobili, non salano mai i cibi e soprattutto non gettano mai ombre sul terreno.

Erg Murzuq terra di buoi dalle lunghe corna

Erg Murzuq Murzuq, il fortino
Murzuq, il fortino

Mastuta è solo una leggenda, ma le dune che la circondano esistono davvero: sono quelle dell’Erg Murzuq, una distesa di sabbia vagamente circolare, vasta come un terzo dell’Italia e del tutto priva d’acqua: una delle poche zone del Sahara tuttora semi-inesplorate, anche se ai suoi margini corrono strade asfaltate e spuntano cittadine di discrete dimensioni, come la moderna Awbari, l’antichissima Germa e la scalcinata Murzuq, un’oasi-avamposto presidiata da un fortino ex-turco ed ex-italiano, da cui prende il nome la regione. Fra le tre città, la più interessante è Germa, che duemila anni fa si chiamava Garama ed era la capitale dei Garamanti, un popolo di allevatori e guerrieri che ha lasciato numerose rovine nella zona. Di loro parla lo storico greco Erodoto, che ne descrive gli straordinari bovini, dotati di corna così lunghe da essere  “costretti a camminare all’indietro per non piantarle in terra”. Furono proprio i Garamanti, oltre alle dune incombenti, a fermare l’avanzata verso sud dell’Impero Romano: più volte le legioni tentarono di passare, ma invano.

Di un italiano la prima pista nel Erg Murzuq

Erg Murzuq Giù per le altissime dune
Giù per le altissime dune

Poi, fino agli Anni Ottanta, del Murzuq non si interessò nessuno: neanche i tuareg, che preferivano evitarlo sia per la mancanza d’acqua, sia per timore degli uomini-fantasma del Kel es-Souf. Le prime mappe della zona, ricavate da foto aeree, vennero disegnate a spanne dai sovietici quando Gheddafi flirtava con l’Urss e nutriva sogni di espansione verso il Ciad; ma la prima traversata dell’Erg fu compiuta a fine Anni Novanta da un italiano, il veneziano Sergio Scarpa Falce, tour-operator ed esploratore sahariano, morto pochi anni fa. Non fu un’impresa facile, tracciare una via logica in quel labirinto di dune vergini, dove anche le Toyota più collaudate continuavano a insabbiarsi e dove nessuno poteva portare aiuto in caso d’emergenza. Ormai la traversata è stata ripetuta più volte, ma trovare una strada non è agevole nemmeno oggi, perché le dune si spostano e ogni volta bisogna inventare vie nuove. “A muovere le dune non è solo il vento, ma anche il Kel es-Souf, che vuol proteggere i segreti dell’Erg”, sostiene Hesen Sherif, un autista-veterano della traversata. Quando sento per la prima volta questa teoria, rido divertito. Poi ci ripenso: Hesen non è un ex-cammelliere analfabeta e superstizioso, ma una persona colta, che ha studiato in Irlanda e che normalmente dirige un ospedale in città; se di tanto in tanto stacca dalla routine e si presta a fare da autista, è solo per passione. Un tuareg non riesce mai a urbanizzarsi del tutto: prima o poi deve tornare nell’atmosfera magica del deserto. E Hesen è tuareg fino in fondo: appartiene al Kel Ashem, una tribù sparsa fra la Libia e l’Algeria.

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Dune parlanti nella notte

Erg Murzuq Tramonto sull'Erg
Tramonto sull’Erg Murzuq

Per attraversare tutto l’Erg dal Col d’Anai (a sud-ovest) all’oasi di Murzuq (a nord-est) ci vogliono tre-quattro giorni. Cioè quanto basta per calarsi pian piano in una dimensione surreale, dove le abituali certezze della ragione si sgretolano per cedere il passo a uno stato d’animo puramente emozionale, che rende plausibile tutto: Mastuta, gli uomini senza ombra, anche le dune spostate dalla Tribù del Silenzio, gelosa della sua privacy. Così, quando si arriva nell’Ul, il cuore dell’Erg, dei fantasiosi racconti di Hesen non si sorride più.
Il primo colpo alla ragione lo sferrano le dune, che di notte “parlano”. Non è una metafora: la sabbia mossa dal vento crea a volte strani borbottii, simili a voci umane. Di giorno non ci si bada, perché il rumore dei motori copre tutto; ma di notte quei brusii rompono il silenzio, riempiendo di suggestioni il nostro dormiveglia sotto le stelle: sembra davvero che dietro le creste di sabbia ci sia una squadra di badilanti, divisa tra un duro lavoro di braccia e mille chiacchiere sottovoce. “È il Kel es-Souf” decreta Hesen, senza tentennamenti.

Tracce di vita del Neolitico

Erg Murzuq La preparazione del tè
La preparazione del tè

Il secondo colpo si concretizza in pieno mezzogiorno, quando il sole è allo zenit e la luce dilagante appiattisce tutto. Durante una sosta guardo i miei compagni: le loro ombre si sono ridotte ai minimi termini, quasi non ci sono più. È ovvio, a quest’ora; ma dopo i racconti del direttore-autista e i brusii sentiti nella notte fa impressione: tanto che, quando il cuoco prepara il pranzo, viene spontaneo controllare se ha messo il sale nel cou-cous. Sì, tutto è ok: dunque il cuoco non fa parte della Tribù del Silenzio. Non lui, almeno. Il terzo colpo arriva quando, dopo ore di “otto volante” su e giù per le dune, i fuoristrada planano in una valle dal fondo piatto, reso bianco da un’uniforme concrezione di sale. È una “sebka”, un ex-lago disseccato; in Sahara ce ne sono molte, ma questa è particolare perché sulle sue rive si notano resti di un insediamento umano: ciotole, pestelli, lame di pietra levigata. È tutta roba del Neolitico, che nessun uomo ha visto né toccato da cinquemila anni in qua; ma sembra lasciata ieri da misteriosi abitanti dell’Erg, scomparsi chissà dove.

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La misteriosa Mastuta

Erg Murzuq Una roccia a forma di fungo sui rilievi montuosi dell'Akakus
Una roccia a forma di fungo sui rilievi montuosi dell’Akakus

Dicono che i fantasmi del Kel es-Souf siano inoffensivi, finché qualcuno non tenta di avvicinarsi a Mastuta; ma che diventino terribili se qualcuno tenta di scoprire la loro città sepolta. Hesen racconta fosche leggende di carovane che si inoltrarono nell’Erg Murzuq: tornarono indietro solo i cammelli, gli uomini sparirono nel nulla. I giornali del 2001, invece, riferirono di un camion carico di immigrati clandestini provenienti dal Niger, che per evitare i controlli di frontiera tentò di passare dall’Ul, ma ruppe una balestra. I passeggeri morirono di sete. Eppure l’Erg Murzuq non è un deserto di morte: me ne accorgo quando, circa a due terzi del percorso, il nostro convoglio incrocia una pista di gazzella. Dove ci sono le gazzelle esiste anche l’erba. E infatti in certi avvallamenti qualche filo verde spunta. Le specie vegetali che resistono a questo clima aridissimo sono sette: i tuareg le chiamano rispettivamente “tillult, anfel, ghammud, tahara, takamai, azarek e agginas”. Le gazzelle prediligono la prima, alta mezzo metro; gli uomini l’ultima, con cui si prepara un infuso simile al tè. Verso la fine del viaggio, al quarto giorno, dalla sabbia spunta anche un’altra cosa verde: non è un’ottava specie di erba, ma un paletto di metallo. A piantarlo non è stato un fantasma del Kel es-Souf, ma un tecnico petrolifero: infatti la periferia dell’Erg Murzuq è stata lottizzata fra varie compagnie petrolifere, Agip compresa. Passerà qualche anno, poi probabilmente anche tra queste dune inesplorate spunteranno pozzi e trivelle, come in altre zone del Sahara. E forse, trivellando sotto la sabbia, qualcuno troverà anche Mastuta.

Le montagne dei “Gatti Mammoni”

Erg Murzuq I rilievi montuosi dell'Akakus
I rilievi montuosi dell’Akakus

A est dell’Erg Murzuq si stendono due massicci montuosi, ricchi di graffiti e pitture preistoriche. Il primo è formato da due altipiani (Messak Mellet e Messak Settafet) i cui bordi precipitano in pareti verticali interrotte solo da rari varchi. Il secondo si chiama Tadrart Akakus: è una catena di cime rocciose parallela al confine algerino, che supera i mille e quattrocento metri di altezza ed è protetta da un parco nazionale. Ai bordi del Messak Settafet è celebre la valle del Mathendush, dove sono raffigurati animali misteriosi, convenzionalmente detti “gatti mammoni”. Sull’Akakus le località di interesse archeologico sono molte: la conca di Auis e il bacino di Wadi Tiedin a nord; In Farden, Tin Tarari, Uan Amil a sud, in una valle chiamata Wadi Teshuinet. Ricorrenti ovunque sono motivi etnografici e zoologici: presenti, fra gli altri, animali da savana come giraffe ed elefanti, che testimoniano come il sud-ovest libico fosse un tempo molto meno arido di oggi. In tutto il Sahara, solo un’altra zona (il Tassili n’Ajjer, in Algeria) ha una densità di rocce istoriate pari a quella dell’Akakus.

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L’Erg Murzuq in pratica

Come Arrivarci  

L’aeroporto più vicino all’Erg Murzuq è a Sebha, capoluogo della regione del Fezzan, che si raggiunge via Tripoli con la Lybian Arab Airlines. Fino a Tripoli si può volare anche con l’Alitalia.

Per dormire

Akakus il campo tendato fisso di Dar Auis
Akakus il campo tendato fisso di Dar Auis

Nell’Erg Murzuq non esistono strutture ricettive: si dorme in tende tipo igloo, da montare alla sera e smontare al mattino. Nel vicino Akakus c’è il campo tendato fisso di Dar Auis (dotato di 60 posti letto, bagni e docce) e a Germa un piccolo hotel, Dar Germa (28 camere).

Viaggi organizzati
La traversata dell’Erg Murzuq è periodicamente organizzata da vari tour-operator, fra cui “I viaggi di Maurizio Levi” (via Londonio 4, Milano, telefono 02 34934528, www.deserti-viaggilevi.it)

 

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