È senza dubbio piacevole essere “attesi” a bordo, ammettiamolo. Parole di benvenuto, cortesia estrema, i bagagli (chissenefrega) prelevati da mani sicure, il piacere di guardarsi d’attorno per scoprire, dalla veranda del check-in (assegnazione della cabina e ritiro tessera Vip) il tramestio delle ultime operazioni di carico, giù, a ridosso della banchina d’attracco. Anche perché tali piacevoli sensazioni mitigano quella in fondo deludente che riserba il “Porto di Roma” (quello dell’antica Ostia romana rabbrividisce al pensiero).
L’imponente traghetto della Grimaldi sovrasta senza rimedio i moli bassi e anonimi del porto di Civitavecchia. Un porto “rimediato”; questa è l’impressione prima.
Non avendo insenature naturali da sfruttare, poiché la costa laziale si allunga piatta da sud-est verso nord-ovest, chi lo ha ampliato per le accresciute esigenze dei traffici marittimi si è dovuto ingegnare nel costruire lunghe strisce di cemento e asfalto a coprire il lungomare e ad aprirsi all’esterno con reticoli di darsene, moli di ogni misura e destinazione d’uso. Tant’è che le manovre di ingresso, posteggio e uscita, negli spazi tutto sommato angusti, richiedono grande perizia.
Subito all’opera
Ed è quello che dimostra di saper fare benissimo il simpatico Comandante, Salvatore
Mastellone, nativo di Meta di Sorrento. Un predestinato. Mentre calano le prime ombre della sera, il grande naviglio, dopo aver digerito Tir, auto e passeggeri, si stacca dolcemente dal molo per avventurarsi nel Tirreno. Avventurarsi? In un certo senso si, perché la manovra richiede una quasi improvvisa svolta a destra, per immettersi nel “canale” delimitato dal molo foraneo che conduce in mare aperto. E se è vero che la strumentazione di bordo è delle più sofisticate, è altrettanto vero che è la “mano” del Comandante che imprime impercettibili rotazioni al “timone” (quasi un cambio d’auto, da dimenticare le vecchie gloriose “ruote” dai molti pomoli).
Il Comandante, eseguita la manovra di “svolta a dritta” (il vecchio
“tribordo”) non senza un impercettibile e comprensibile moto di non-dichiarata autostima, lascia i comandi al Primo Ufficiale, Antonino Aversa, che dà tutto sommato l’impressione di cavarsela benissimo anche da solo, ma che assorbe con devota attenzione ogni movimento e suggerimento del suo “capo” per mezzo del quale, è chiaro, conta di affinare sempre più le sue già ottime capacità marinare. Onore per pochi, quello di seguire le manovre dalla plancia di comando. Tra un caffè sorseggiato con cura e un sommesso incrociarsi di comandi dal significato incomprensibile per i comuni mortali, la nave esce dal porto e punta decisa verso le Bocche di Bonifacio.
Alla scoperta dell’Eurostar-Barcelona
E’ tempo di prendere visione della confortevole “casa” navigante. Ed è il Commissario di Bordo Ilaria Sorrentino, nata a Genova, papà napoletano, residente alla Maddalena (e nel dirlo ricorda con un sorriso che papà è sulla costa per “salutarla” ogni qualvolta l’Eurostar scivola al largo tra Gallura e Corsica) che ci mostra le strutture interne della nave. Orientarsi all’interno, non è facile. Scale (anche mobili) che vanno in su e in giù; corridoi con vetrate che costeggiano i ponti esterni e che, sul lato opposto, si aprono verso sale con confortevoli poltrone (Tv che campeggia sospesa) per coloro che non hanno prenotato una cabina e che qui trascorrono la notte. Poi la sala giochi per i bimbi e quella per i maggiorenni, il piccolo negozio che vende un’interessante gamma di oggetti “griffati” Grimaldi,
la sala ristorante “à la carte”, separata da vetri smerigliati da quella del self-service e dal salone-bar, sempre affollato di gente ad occupare poltrone e divani, ad ascoltare musica, a gustare bevande. Verso sera, dopo cena, questo spazio (che è uno dei luoghi più frequentati dell’Eurostar) si trasforma in pista da ballo che attrae giovani e meno giovani desiderosi di fare quattro salti, invogliati dal cantante che organizza gare di karaoke e sostituisce dal vivo le musiche registrate. Prima di visitare la “zona notte”, una salita in coperta dove c’è la piscina, il solarium e l’eliporto; vi si trova persino un piccolo locale, con tanto di massaggiatrice sudamericana, per rimettere in “sesto” le gentili ospiti.
La “camera” dell’albergo galleggiante
Ilaria, in elegante divisa bianca, ci guida verso la cabina assegnata. Le camere, naturalmente, sono tutte all’interno; un labirinto di corridoi che si intersecano a scacchiera, con tante porte numerate. Giunti alla 5002, si apre una gradevole visione. Essendo sistemata a prua, proprio sotto la plancia di comando, colpisce favorevolmente l’ampia finestra che dà sul mare aperto. Tutto il resto, perfetto: letti, tavolini, servizi con doccia, eccetera; comoda e luminosa. Proprio sotto la vetrata che comunica con l’esterno, schermata da due ampie tende scorrevoli, ecco un cartello stampato che recita: “Per favore!! Lasciate la tentazzo chiude, tutto la notte!!”. Scritta messa dai greci, precisa Ilaria, a sua volta stupita per questo avviso sicuramente sfuggito ai più, quando la nave apparteneva ad altro Armatore. Il Commissario fa notare che, italiano a parte, le luci interne potrebbero alterare la visione che si ha dalla plancia superiore. D’altra parte, di notte, c’è ben poco da vedere. Quindi, “tentazze” chiuse; ci mancherebbe!
Navigando e parlando
Sempre così bello come oggi, il mare? Magari! Il Comandante Mastellone ne ha di
esperienze da raccontare, lui che viene davvero dalla “gavetta”. Prima cameriere, poi portiere d’albergo, è in mare dal 1977 e lavora per la Grimaldi da cinque anni. Quindici anni a zonzo per il Mediterraneo, lungo rotte casalinghe. Sardegna, Piombino, Livorno con Lloyd Sardegna, ora non più in attività. Lungo la rotta che stiamo percorrendo, racconta di una traversata verso Barcellona con mare forza otto, fin quasi all’arrivo, forza aumentata a undici in prossimità del porto, con onde alte dodici, quindici metri (come un palazzo di quattro piani!). Conclusione? Ritorno immediato a Civitavecchia, senza scalo in Catalogna. Poi aggiunge, con enfasi: “Il mare non va sfidato; è lui che sfida”! E’ spesso di cattivo umore, il Mediterraneo? Per nostra fortuna, no, precisa Mastellone; c’è però un’area che è più “rognosa” di altre; è il golfo del Leone, spesso agitato per via delle correnti d’aria che arrivano dall’Atlantico, prendono spinta scavalcando i Pirenei per infilarsi con forza nell’ampio golfo che si insinua nella Francia meridionale. Poi c’è un’altra zona critica: sono proprio le Bocche di Bonifacio, dove il Tirreno si scontra con il mare aperto che porta verso la Spagna. In caso di maltempo si evita lo stretto costeggiando la Corsica. Superato il “dito” di Capo Corso, si piega a sinistra tagliando la parte meridionale del famigerato Golfo del Leone.
Tir e autovetture in “crociera di lusso”
Non sono solo le persone che vengono trattate bene, precisa Ilaria Sorrentino. Sulla Eurostar-Barcelona. nei ponti 1 e 2 ci stanno circa novanta auto, mentre nei ponti 3 e 4 trovano posto centocinque Tir. Se si imbarcano solo autovetture, il numero totale arriva a seicentocinquanta. Il costo per tratta (andata o ritorno) di un Tir, è di circa mille Euro. Dato che vengono imbarcati solo i grossi contenitori, senza cabine di guida, è evidente che il vantaggio economico è reale. Oltretutto gli autisti hanno modo di riposarsi durante la traversata, pronti a riprendere la guida una volta giunti a destinazione. Non solo Tir e auto, sull’Eurostar. L’altra merce trasportata va dalla frutta all’olio alimentare (solitamente dalla Spagna all’Italia, per essere miscelato con il nostro) quindi marmi e graniti (grezzi dalla Spagna, lavorati dall’Italia). Ci sono anche le auto nuove di fabbrica: Fiat, quindi Citroen e Peugeot, fabbricate in Spagna. Nessun trasporto un po’ fuori dalla norma? Come no! Hanno trovato posto persino gli ATR 42 e 72, smontati e da assemblare una volta giunti a destinazione, oltre a carrozze della metropolitana di Roma, costruite a Saragozza. Chi l’avrebbe mai detto!
Barcellona in vista
Il mare è sempre calmo, di un colore blu cobalto che contrasta piacevolmente con le spume bianche che solleva la prua. La nave “napoletana” (copyright del Comandante) sta per giungere nella capitale catalana. Perché napoletana? Per il semplice fatto che tra le novanta persone circa d’equipaggio che si prendono cura di mille e duecento passeggeri, quelle di “comando” provengono dal golfo di Napoli. Poi ci lavorano rumeni, honduregni, colombiani, peruviani, anche per questioni di lingua; lo spagnolo è essenziale per comunicare. Infine non sono pochi i filippini, gente di grande tradizione marinara. Arriva la domanda assassina. Mai stanchi di questo andar per mare, in fondo ripetitivo?
Mastellone si sistema idealmente in capo la sua meritatissima “Corona” (ci sono Comandanti anche senza corona; questa spetta ai “Comandanti superiori di lungo corso”, vale a dire a coloro che vantano dieci anni di servizio, dei quali almeno tre al comando) e replica convinto che quello che “ammazza” di più è la compilazione di una montagna di carte, documenti, che tutte le Capitanerie di porto richiedono.
Ilaria Sorrentino, né potrebbe essere altrimenti, considera una “fatica” piacevole il rapporto con i viaggiatori, le cui richieste e bisogni (a volte) escono dai binari della normalità. Poi, aggiunge, è vero che stiamo in mare tre mesi; però godiamo di quarantacinque giorni di riposo. Meritatissimi, senza alcun dubbio.
Dopo un pranzo delizioso e dopo aver ringraziato il Maitre Nicola Putignano e lo Chef Mario Ascione, è il momento di scendere a Barcellona per sgranchirsi le gambe. Questa sera, col buio, ci si ritroverà per il tragitto inverso.