Tuareg con turbanti e occhiali da sole

Bianco, nero, verde, grigio. O più spesso blu. Una striscia di cotone colorato lunga almeno cinque metri, avvolta sulla testa. Il “taguelmoust” lascia scoperti solo una fascia di pelle scura e gli occhi. Che molte volte sono nascosti da moderni occhiali da sole a goccia. Il viso sparisce ed è protetto. L’unica pelle sempre esposta al sole è quella delle mani e dei piedi. Nessuno porta scarpe.
Solamente i pochi giovani, nemmeno adolescenti che imparano il mestiere dei padri, indossano calzature blu di plastica. A metà giornata la luce del sole arriva perpendicolare. Gli occhi affaticati, anche dietro a un paio di lenti scure, non riescono a distinguere i pendii delle dune. La sabbia appare di un colore omogeneo. Un giallo senza ombre che nasconde salite e avvallamenti. Un dromedario dà segni di stanchezza. Non riesce più ad avanzare, stanco per i molti giorni di cammino. I carovanieri lo slegano e lo alleggeriscono. Il carico viene lasciato a terra, verrebbe perso in ogni caso. Forse così l’animale si salverà. Se ce la farà a stare al passo con gli altri, arriverà all’oasi. Altrimenti si lascerà morire e diverrà un mucchietto di ossa bianche sulla sabbia ocra.
Dai dromedari al fuoristrada e dal sale al satellitare

Una pista larga almeno cinquanta metri, segnata da un incalcolabile numero di impronte, arriva all’oasi. Centinaia di dromedari ogni anno raggiungono Bilma, l’oasi meridionale della falesia del Kaouar, a parecchie decine di chilometri dal confine tra Niger e Ciad. Qui si esaurisce l’immensità del “Grand Erg” di Bilma. Per estensione è il secondo deserto di dune al mondo, dopo quello libico. Nemmeno un secolo fa, le carovane che arrivavano qui, per scambiare i prodotti delle oasi dell’Air con il sale, erano composte anche da migliaia di animali ciascuna. Per mesi i versi dei cammelli e il vociare delle contrattazioni risuonavano sulla terra indurita dal sale.
Ora, sempre più spesso, il progresso trasforma i carovanieri in guide turistiche.
Smettono di attraversare il deserto a piedi per mettersi alla guida di un fuoristrada Toyota carico di turisti. Capita a volte che qualche Tuareg si sposi con una facoltosa donna occidentale, il cui primo regalo è un telefono satellitare. Anche l’immensità del deserto può così essere ridotta a misura d’uomo.
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L’alternativa è quella di contrabbandare gasolio dalla Libia o
dall’Algeria. Nessuno meglio dei nomadi conosce i segreti dei questa
parte del Sahara. Ma per adesso le ultime carovane continuano ad
attraversare il deserto come avviene da sempre. Le prime partono
dall’Air in ottobre e si spingono fino alle oasi più lontane, come
Seguedine. Le ultime concludono il loro viaggio verso febbraio.
Correndo con i fuoristrada sulla sabbia, si incontrano le impronte
lasciate dai dromedari. Formano vere e proprie autostrade che si
snodano tra i cordoni di dune. Seguendole è probabile raggiungere anche
la carovana che le ha lasciate. E assistere a uno spettacolo che ci
riporta ad epoche lontane.