A Bilma, l’oasi. Il riposo
Quando finalmente la sabbia lascia il posto a una terra dura e
tagliente, salata, è il segno che manca poco all’oasi. Compaiono le
prime verdi palme. Un colore nuovo, rilassante.
Bilma, ai piedi
della falesia, è abitata dai Kanouri. A nord e a sud, invece, vi sono i
Tebu, popolo guerriero proveniente dal Tibesti, che in passato li
teneva in schiavitù.
A Bilma le donne Kanouri lavorano in un
girone dantesco. Sono loro a occuparsi della produzione del sale.
Muriccioli di blocchi di terra dura delimitano le proprietà di ogni
famiglia. Rosso è il fondo delle vasche rettangolari scavate nella
terra, in cui l’acqua salata filtra dal sottosuolo. Qui, donne
accovacciate raccolgono il sale. Un sale impuro e umido che deve essere
fatto seccare al sole. Più il colore rosso dell’acqua è intenso,
maggiore è la quantità di sale presente.
Curve sotto il sole, le donne muovono l’acqua perché la superficie non
si solidifichi troppo in fretta. Ogni due settimane circa, si forma una
crosta spessa che viene spaccata. I blocchi di sale vengono portati in
superficie e frantumati. Una volta estratto, questo sale di colore
grigio viene pressato in stampi fatti con pelle di capra e listelli di
palma. Si formano così i “pilon”, blocchi conici che pesano una
quindicina di chili.
Serviranno ad alimentare il bestiame allevato nelle regioni sub-sahariane.
I
bambini sciamano rumorosi. Giocano fra i dromedari che si riposano, in
attesa di riprendere il cammino di ritorno. Le donne, con i loro
vestiti colorati, estraggono il sale e contrattano con i carovanieri.
Alle saline gli uomini Kanouri non si vedono, non è un lavoro che
spetta a loro.
Una donna dalle mani secche e tagliate dal sale
discute con un Tuareg che indossa un ampio vestito grigio e il
tradizionale taguelmoust sulla testa. Stanno contrattando la vendita
dei pilon e dei datteri dell’oasi. Probabilmente il carovaniere ha
portato con sé anche dei montoni, che saranno usati, oltre ai franchi
“CFA”, come merce di scambio.
Sulla via del ritorno, nel deserto
Il capo carovana, quando lascia le montagne dell’Air, ha il compito di
raggiungere Bilma e caricare il sale sui dromedari che gli altri uomini
della sua oasi gli hanno affidato. Ha la responsabilità dei beni di
molte famiglie. Ogni animale tornerà carico di due sacche di datteri e
quattro pilon, che costano poco più di mezzo euro ciascuno, a seconda
della purezza del sale. Le carovane partono per Bilma cariche di fieno
che servirà come alimento e come imballaggio. Per il ritorno i blocchi
di sale vengono chiusi in stuoie di foglie di palma intrecciate e
caricati sui dromedari. Le sacche piene di datteri sono usate come
cuscinetti, tra il sale e la pelle dell’animale.
Le carovane per
una settimana si accampano al limitare delle saline. In questo tempo
vengono condotte a termine le contrattazioni. Il verde delle palme si
vede solo in lontananza. Dalla parte opposta le dune si susseguono
incessantemente. Onde lente, che vengono modellate dal vento.
Le
discussioni sui prezzi, i giochi dei bambini, le voci delle donne non
si placano mai. Per alcuni giorni la quiete del deserto sembra sparita
per sempre. L’attività è febbrile per organizzare un’altra partenza.
Uomini e dromedari si preparano ad affrontare il deserto per la seconda
volta.