Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

Dalmacija sulle acque dello Jadranska More

Mare Adriatico. Con la motonave Dalmacija, della flotta croata Adriatic Cruises, alla scoperta della “storia” e delle “storie” di antiche terre e nuove nazioni. Tra le architetture di mirabili città e le bellezze naturali di una costa affascinante

Dall’Italia una seconda “invasione” mediatica

Tirana, architettura fascista
Tirana, architettura fascista

Quanto alle esportazioni italiane, destano entusiasmo i nostri prodotti griffati e tanti programmi televisivi (tutti seguitissimi: avvince il Grande Fratello, ma è Striscia la Notizia a fare ammattire gli Albanesi). Nelle strade, sui muri, tanti gli evviva a Inter e Milan (ma nessun “abbasso”; bravi gli Albanesi, almeno sportivamente più civili di noi). Frequenti pure insegne “italiane”, tipo Bar Brianza, Pizzeria Salerno, Ristorante Bologna. Nelle strade di Tirana (350.000 abitanti, circa un decimo della popolazione albanese) l’Italia è presente non solo con gli autobus donati dalla Atm milanese (effettuato un controllo è risultato che almeno lì gli Albanesi pagano) ma anche e soprattutto con gli edifici “fascisti” (invasione italiana il 7 aprile 1937).
Tanti gli edifici della “Tirana Littoria” costruita nei pochi mesi precedenti la seconda Guerra mondiale (e diciamolo chiaramente, i palazzi del Ventennio ispirati da Piacentini – l’attuale Parlamento, i ministeri degli Esteri e dell’Agricoltura, la Banca ex d’Italia – non sono poi così malvagi). E tanti i ricordi del nostro recente passato nel Museo Storico Nazionale: dalle foto del già citato re Vittorio Emanuele III, al mitra del colonnello Valerio che uccise Mussolini (dono del Pci al già lodato Caro Leader Enver Hoxha).

Nobiltà di Ragusa

Dubrovnik
Dubrovnik

Mercoledì. Ragusa. Dopo una breve navigazione notturna, di prima mattina la “Dalmacija” approda a Dubrovnik (fino al 1909, più “venezianamente” Ragusa e adotto questo nome per tutto il prosieguo della narrazione). Appena attraversate le severe mura di pietra grigia, un cartello informa che durante l’assedio ex jugoslavo (leggere Serbia) sulla città vecchia piovvero qualcosa come duemila ordigni tra bombe, spezzoni, granate, sia dall’entroterra che dal mare.
Descritta la tragica, recente storia, più edificanti sono le remote vicende di questo lembo di Dalmazia. Città-stato a lungo indipendente, beninteso sotto la protezione della grande Serenissima Repubblica, cui appartenne fino al 1358, Ragusa (superfluo precisare che da ormai tanti decenni è Patrimonio dell’Umanità) vantò a lungo ricchezze provenienti dal commercio del sale, dell’oro e dai traffici operati nel Mediterraneo con una flotta che arrivò a sommare centocinquanta barche da trasporto. Un ben di dio, in un contesto di estrema e raffinata civiltà; basti citare che nel 1438 un acquedotto (tuttora operante) portava acqua ai ragusani, mentre a pochi chilometri di distanza, negli arretrati Balcani, gli invasori ottomani e i loro soggiogati vivevano in condizioni da basso medioevo. I fasti di quei gloriosi tempi sono tuttora visibili, perfettamente ricostruiti, nel Palazzo del Rettore e nella Dogana, passeggiando lungo l’elegante Stradùn e visitando la più antica farmacia d’Europa, nel convento domenicano. La “Dalmacija” riparte e per certo chi è a bordo ammetterà che (per dirla con gli Yankees) visitare, conoscere Ragusa è un “must”, un doveroso obbligo per il viaggiatore.

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Mostar e il suo famoso ponte

Mostar
Mostar

Giovedi. Mostar. Avviso ai naviganti. All’arrivo della “Dalmacija”, nel porto di Ploce, si ammira la bandiera croata, che sarebbe poi quella della ex Jugoslavia a strisce orizzontali blu bianche rosse con l’aggiunta, al centro, di uno scudo a scacchi biancorossi in sostituzione della stella rossa voluta da Tito. In realtà Ploce dovrebbe costituire lo sbocco al mare riconosciuto alla Bosnia Erzegovina alla nascita  della sua indipendenza (1992); ma forse per effetto dei successivi avvenimenti (Sarajevo, pulizie etniche e gli accordi di Dayton nel 1995) chi oggidì va in visita a Mostar (o in pellegrinaggio alla Madonna di Medjugorje) esibisce i documenti in un posto di confine “bosnio-erzegovino” situato a una ventina di chilometri da Ploce. Misteri della politica.
A Mostar l’ormai celebre Ponte Vecchio (Stari Most) sulla Neretva, costituisce la “highlight” – rubo sempre terminologie turistiche made in Usa e me ne scuso – ovvero la grande attrazione della martoriata città. Sul manufatto, voluto da Solimano il Magnifico, datato 1566 e difeso dal 1992 dalle forze governative bosniache, si accanirono prima i Serbi eppoi i secessionisti croati, che la mattina del 3 novembre 1993 riuscirono finalmente a ridurlo in briciole.
Perfettamente ricostruito (con 1088 pietre recuperate e lavorate con antiche tecniche, ancorché nella parte inferiore, scorra invisibile un supporto di cemento armato) questo Patrimonio (non solo monumentale) dell’Umanità, fu restituito il 22 luglio 2004 a chi è sensibile al bello (si dice che fu il ponte a singolo arco più grande del suo tempo) e alle umane vicende (ahinoi, mica sempre, anzi quasi sempre tendenti al brutto). La visita di un’antica casa turca (si fa per dire, ma un filino di “relax turistico”, dopo le tristezze del Ponte, occorre proprio) completa un’escursione intrigante non meno che meditativa.

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Pola, a “illuminare” l’Istria

Dalmacija Pola
Pola

Venerdi. Pola. Si sbarca a pochi metri dall’Arena (bella bella bella!) in una città triplamente bella perché tale fu con i Romani (la guida assicura che fu fondata da Calpurnius e dal fratello del “Cesaricida” Cassio) i Veneziani (poi decadde) e infine con gli Austriaci. Questi ultimi, costruendovi l’arsenale della Flotta (1856) ridiedero nuovo slancio e bellezza a un borgo ridottosi a 1200 abitanti (1843).
Per chi ama le bellezze artistiche della Mitteleuropea asburgica, consiglio una sosta (delizioso un calice di Malvasia istriana) al Caffè Vajne, nella piazza Grande, per ammirare i dipinti murali allietanti i clienti della banca austriaca che qui ebbe la sede fino all’arrivo dei vincitori italiani. Pola è anche un angolo di nostrani, recenti ricordi: la diva Alida Valli e l’ispirato cantautore Sergio Endrigo (stanno allestendo un monumento in suo onore) nacquero all’ombra dell’Arena, in questa propaggine estrema dell’Istria la cui perdita, a noi italici (confessiamolo) un piccolo nodo alla gola lo procura, eccome. La gita in pullman si conclude a Rovigno, splendida, elegante, accogliente.
A bordo della “Dalmacija” la pomeridiana traversata (uno scherzo di poche ore, l’Adriatico è davvero un mare a misura d’uomo) da Pola a Venezia aiuta a meditare, a riordinare le idee (ogni viaggio dovrebbe essere chiuso da un “bilancio”, beninteso non solo economico ma anche e soprattutto culturale, umano).
Ed ecco un arrivo a Venezia che avrebbe entusiasmato anche un vedutista del Settecento. A babordo il Lido, a tribordo gli Schiavoni, a sinistra San Giorgio, a destra piazza San Marco. Infine si entra nella Giudecca.

Ritorno nella Serenissima

Dalmacija Rovigno
Rovigno

Sabato. Venezia. Si sbarca dalla “Dalmacija”, al termine di una gustosa gita acquatica, una settimana a vedere cose belle (natura, storia, genti diverse) da una nave che, come già commentato, se per un verso non nasconde l’età (ma chi affronta questo tipo di crociere non goderecce perché non interessato a lustrini, discoteche, neon e paillettes, sa apprezzare anche la patina del tempo) possiede però le appropriate dimensioni per infilarsi nei posti giusti, intriganti, che sovente sono quelli reconditi. E a tale proposito, soltanto quella memorabile navigazione, una volta fagocitati dalle Bocche di Cattaro, “varrebbe il viaggio”.
Post Scriptum. Una doverosa informazione per gli aspiranti croceristi nell’Adriatico orientale. Quanto narrato è stato ammirato durante una crociera “Gemme dell’Adriatico”. La “Dalmacija” ha inoltre in programma le crociere “Le Perle dell’Adriatico”, il cui itinerario prevede le soste a Zara (il centro storico con escursione al magnifico Parco Nazionale dei Laghi di Plitvice) e a Curzola (isola considerata la patria di Marco Polo) in sostituzione dello scalo in Albania (Durazzo).

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