… e tesori trovati
E probabilmente non è tutto, perché i cercatori clandestini sono parecchi e chi fra loro trova un tesoro non va a raccontarlo ai quattro venti. Invece gli altri (i cercatori autorizzati) sono meno, ma di loro si sa tutto, anche perché di norma non trovano nulla. Il più testardo fra di loro fu un militare inglese, Reginald Cruise-Wilkins, che per quasi trent’anni (1948-1977) ridusse come un groviera la spiaggia di Bel Ombre a Mahé, convinto che quel posto fosse il “caveau” di un altro pirata famosissimo, Olivier Le Vasseur detto La Buse (leggi “Poiana”).
Tanto accanimento aveva un motivo: chi trovasse il tesoro di La Buse metterebbe le mani su molto più delle 107 monete di Astove. Infatti nel 1721 Le Vasseur catturò la Virgen do Cabo, un galeone portoghese carico di merci destinate alla Santa Sede, valutate in due miliardi e mezzo di euro attuali. Si sa che parte del bottino (quarantadue diamanti e cinquemila ghinee a testa) fu distribuita all’equipaggio e che il resto fu nascosto a Mahé, dove si troverebbe tuttora. Ma per capire perché gli scavi si sono concentrati a Bel Ombre occorre fare un passo indietro.
La “sfida” di La Buse
L’impresa della Virgen do Cabo non portò buono a La Buse, che nel 1730 fu impiccato dai francesi alla Réunion. Strano, perché la “Poiana” per molti anni aveva agito proprio su incarico di Parigi. Ma il papa fece pressioni perché quel corsaro “sacrilego” fosse punito; e il governo francese cedette. Sentendosi tradito, Le Vasseur decise di vendicarsi col mondo dei vivi; quando era già sul patibolo, arringò la folla: “Dov’è il mio tesoro, lo sappiamo io e il diavolo; ma chi riuscirà a decifrare questa carta potrà trovarlo e averlo per sé!”
Detto ciò, lanciò sugli astanti un foglio con crittogramma indecifrabile, che per quasi due secoli ha fatto impazzire tutti: compresa tale Rose Savy, archeologa francese, che nel primo Novecento credette di individuare nella “mappa” la spiaggia di Bel Ombre. Intuizione giusta? Pare di no: gli scavi della Savy, partiti nel 1923, furono una delusione. A lei subentrò poi il cocciutissimo Cruise-Wilkins: stesso risultato. Ora sta riprovandoci suo figlio John, docente di storia in un college di Victoria, che giura: “Sono vicino alla soluzione del mistero”.
Una “boutade”? Chi vivrà vedrà. Se andrete in auto a Bel Ombre, per ora vedrete una spiaggia sconvolta dagli scavi, su cui è issata una bene augurante bandiera nera. Se poi, invece dell’auto, prenderete un elicottero, potrete sorvolare Silhouette, ultima patria di Jean-François Hodoul, tuttora coperta di foreste semi-vergini che sperano di non finire come Bel Ombre.
E rientrando a Mahé, guardando di sotto, scorgerete forse la villetta di Marianne, dove c’è l’unico ritratto del pirata-agricoltore, circondato da una raccolta di armi d’epoca.
Pirati, orgoglio di famiglia
Ma è giusto chiamare pirata Jean-François? “No!” insorge all’Anse Volbert, sull’isola di Praslin, un altro suo discendente, Paul Hodoul, fratello di Marianne, imprenditore. “Un tempo la guerra di corsa era autorizzata dalle potenze europee (in questo caso dalla Francia) per creare difficoltà ai Paesi concorrenti. Quindi il mio avo era un ausiliario della Marina militare di Parigi. E quando smise di andar per mare, diede molto all’economia di queste isole: dissodò terre a Silhouette, fondò cantieri navali a Mahé. Per questo è un eroe”.
Si. Un eroe. Per il suo Paese, ma anche per la sua famiglia, che tuttora è una delle più potenti di Mahé. Anni fa un suo pronipote, Jacques Hodoul, era addirittura ministro. E lo stesso Paul, fino al Novantadue, prima di fare l’imprenditore, per un curioso contrappasso comandava la Marina militare, che controlla la sicurezza nelle acque dell’arcipelago. Fra l’altro, quello degli Hodoul non è un caso isolato: anche gli Esparon, un’altra famiglia influente, discendono da predoni, in questo caso tre pirati creoli immigrati nel Settecento dalla Réunion.
Provate a scendere lungo la costa est di Mahé e a chiedere di chi sono le terre, le ville, gli allevamenti di polli che si susseguono all’Anse aux Pins, località battuta dai turisti.
Vi sembrerà di essere il Gatto con gli Stivali, perché la risposta sarà sempre la stessa: Esparon, variante locale del Marchese di Carabas. Fra i tanti tesori delle Seychelles, almeno quello dei tre predoni creoli non occorre cercarlo, perché è lì, in bella vista, nelle ricchezze lasciate ai posteri dagli Esparon del Settecento. Che molti chiamavano pirati, ma costruirono un Paese.