Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

A spasso con la “Storia” sulle Dolomiti bellunesi

Piz di Sagron, Gruppo del Cimonega Bellunesi

Musei all’aperto con escursioni lungo itinerari turistico-culturali tra rifugi, trincee, camminamenti. Un viaggio della memoria sulle tracce della Grande Guerra. Montagne apprezzate da escursionisti e alpinisti, oggi aperte a nuove formule di turismo

Dolomiti bellunesi
Dolomiti bellunesi

Si sono svolte domenica 6 luglio le celebrazioni sulle Dolomiti bellunesi per l’anniversario dei 90 anni dalla fine della Grande Guerra. Come ogni anno, la giornata in Grigioverde, a Cortina d’Ampezzo, ha ricordato il conflitto del ’15-’18 sulle vette alpine. La rievocazione ha coinvolto soldati in carne e ossa, o meglio figuranti vestiti in divise d’epoca che hanno simulato percorsi e combattimenti tra Italia e Austria sulle Dolomiti. Lo stesso giorno è stato inaugurato il museo all’aperto del Sasso di Stria, a completamento degli itinerari turistico-culturali che hanno ricostruito, per quanto possibile, rifugi, trincee, camminamenti realizzati dai nostri soldati durante la guerra.
Il museo al Sasso di Stria si affianca a quelli già pronti al Lagazuoi, alle Cinque Torri e al Forte Tre Sassi. Sono stati annunciati, come offerta completa per visitatori ed escursionisti, ma vengono da un lavoro durato diversi anni, che si è avvalso di finanziamenti della Comunità Europea, con progetti Interreg, interegionali, tra Italia e Austria.
Le Dolomiti bellunesi si aprono quindi a un nuovo modello di turismo che non disdegna il  primo patrimonio della provincia, i monti “pallidi”, gli splendidi paesaggi frequentati da escursionisti e alpinisti, ma che vuole soprattutto allargare il raggio, coinvolgendo un pubblico di fascia medio alta in un percorso alternativo.

Il museo Messner al monte Rite

Museo Messner
Museo Messner

Sulle Dolomiti arrivo qualche giorno prima del 6 luglio, il viaggio è sulle tracce della Grande Guerra ma la prima tappa ha un sapore contemporaneo: il museo Messner, sul Monte Rite, aperto nel 2002 nella vecchia batteria corazzata poco sopra Cibiana. Siamo a 2183 metri di quota, su un altopiano che abbraccia, a 360 gradi, solo montagne: Schiara, Agner, Cimon della Pala, Civetta, Marmolada, e ancora Pelmo, Tofana di Rozes, Sorapis, Antelao, Marmarole. Si arriva al Monte Rite dopo un percorso in auto fino a Cibiana: si sale poi con una navetta, unico veicolo autorizzato a salire perché la zona è territorio militare, o a piedi, attraverso un sentiero tra i boschi, ottimo itinerario per i più allenati. A osservare questo orizzonte che, da solo, merita una visita, mi domando che cosa dovrò scrivere al termine di questo tour…
La risposta sta nelle Dolomiti: luoghi dove non si può separare storia e montagna e non ci si può dimenticare della guerra, i cui segni si ritrovano a ogni passo. Perché alcuni sentieri oggi percorsi dagli escursionisti sono stati aperti da guide alpine e soldati; perché nei luoghi dove d’inverno ci sono le piste da sci, allora, si trovavano le baracche dei militari. Così Reinhold Messner ha scelto per il museo delle Nuvole un forte costruito nel 1911 e utilizzato per ultimo dai partigiani della Brigata Calvi, nel 1944: l’ha ristrutturato, coinvolgendo regione Veneto, provincia di Belluno e comuni di Cibiana e Valle e vi ha esposto all’interno una raccolta permanente di dipinti sulle Dolomiti. Il museo ospita anche mostre temporanee ed è dedicato alla storia dell’arrampicata. La rassegna in corso, fino al 30 settembre, ha come tema lo stile di scalata della “direttissima”.

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I musei Messner

Museo Messner al Monte Rite (Foto: monterite.it)
Museo Messner al Monte Rite (Foto: monterite.it)

Il museo delle nuvole al monte Rite è solo una delle strutture volute dallo scalatore sull’arco alpino. I “musei dell’esperienza” ideati da Messner a scopo divulgativo, vivono tutti dell’atmosfera già magica dei luoghi prescelti: la prima sede, cuore del circuito anche per gli uffici amministrativi, è a Castel Firmiano, nei pressi di Bolzano, nella fortezza di origini medievali che è il simbolo dell’Alto Adige. Un altro castello, quello privato di Messner di Juval, in val Venosta, ospita il museo dedicato alla dimensione religiosa della montagna. La terza sede si trova a Solda, sulle pendici dell’Ortles e tratta storia e tematiche legate all’alpinismo su ghiaccio. Il museo Dolomites, al monte Rite, ospita esposizioni e iniziative sull’arrampicata.
Tutti in quota, forti di un meraviglioso panorama, questi musei ospitano documenti e testimonianze sulla storia dell’alpinismo e mostre temporanee. A volte una visita guidata è consigliabile, per un visitatore novizio su questi temi mentre informazioni preliminari su come raggiungere il sito, presso gli uffici di informazione turistica a valle, sono molto utili.

Dolomiti Bellunesi, una guida per il buon ricordo

Antonella Fornari
Antonella Fornari

In questo viaggio della memoria ci accompagna Antonella Fornari: alpinista, ha scritto diversi libri sulle Dolomiti nella Grande Guerra e ha collaborato ad alcuni dei progetti comunitari per i musei all’aperto. Antonella piace a tutti, subito, per il grande entusiasmo che è in grado di comunicare: la ricerca sulla storia di queste montagne “è cominciata quasi per caso, quando trovai un bottone di una divisa durante una via di roccia”, ha detto, “ma è divenuta poi una ragione di vita”.
Antonella ci porta in Val Parola, di fronte al monte Col di Lana e alla cresta del Sief. Racconta come la guerra cambiò il volto delle montagne e di come, infine, si rivelò inutile: ricorda la conquista del Col di Lana del 1916, ottenuta facendo esplodere 5000 chilogrammi di dinamite con il conseguente obiettivo, non raggiunto, di arrivare  al Sief. I segni della guerra si ritrovano nella linea fortificata di Eidelweiss, austriaca, attualmente ben visibile con casamatte e baracche, e nel forte Tre Sassi nelle Dolomiti bellunesi: un edificio risalente al primo Novecento, utilizzato durante la guerra come bersaglio civetta, che gli austriaci fingevano fosse abitato per deviare gli attacchi degli italiani. Oggi il forte ospita un museo storico con cimeli e reperti austriaci: è aperto dal 2002 e si affianca agli itinerari all’aperto che comprendono anche Averau, passo Falzarego, Castelletto, Col dei Bois, Tofane e piccolo Lagazuoi. Baracche, trincee e camminamenti si raggiungono percorrendo sentieri da escursionisti, tra marmotte e lepri alpine, facilmente praticabili nella stagione estiva. I musei all’aperto hanno, di tanto di tanto, pannelli, fotografie e brevi testi esplicativi: si possono osservare da soli, ma la visita sarà molto più evocativa se si chiede una guida o se si raccolgono informazioni preliminari presso gli uffici turistici.

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Le Cinque Torri

Giaciglio in una baracca ricostruita
Giaciglio in una baracca ricostruita

Alle Cinque Torri faceva freddo, nel 1915, quando i primi battaglioni di alpini presero posizione sul fronte contro l’Austria. Gli inverni a duemila metri di quota – ma altrove si era anche sui tremila – erano rigidi, le temperature potevano giungere a 40 gradi sotto zero, la coltre di neve poteva arrivare sino a 11 metri. I soldati mandati lassù affrontarono, prima delle sfide imposte dalla guerra, quelle richieste dall’altitudine: per i loro ventinove mesi di fronte scavarono 500 metri di trincee e sentieri, costruirono reticolati, camminamenti, baracche. Questa postazione fu solo una seconda linea, utilizzata a scopo di difesa: per i soldati, una dura prova di resistenza. Le Cinque Torri sono poco lontane da Cortina d’Ampezzo, si raggiungono in auto e per l’ultimo tratto con la seggiovia. D’inverno, ospitano le piste da sci, d’estate si possono percorrere i sentieri tracciati dai soldati e visitare le baracche, esemplari ricostruiti sul modello di quelle che dovevano trovarsi qui. All’interno, un giaciglio e pochi arredi recuperati tra i cimeli di guerra danno un veloce sguardo d’insieme sulla vita quotidiana delle truppe alpine, mentre poco più in là sono stati ricostruiti anche brevi tratti di trincee. Sulle pareti delle Cinque Torri, nel frattempo, torna protagonista la montagna dell’oggi: scalatori si esercitano sulla roccia, salgono alle cime, dai diversi rifugi della zona partono escursionisti con zaino in spalla e abbigliamento da trekking.

La città di ghiaccio

Attilio Bressan mostra un reperto originale della città di ghiaccio
Attilio Bressan mostra un reperto originale della città di ghiaccio

Antonella racconta episodi dei singoli soldati che combatterono in Cadore; Mario Fornaro, giornalista e scrittore, studioso della Grande Guerra, ci accompagna nella quarta tappa del nostro viaggio sulle Dolomiti bellunesi, a tremila metri di quota: sul gruppo della Marmolada, con giacche a vento e scarponi da neve. A punta Serauta, all’altezza della seconda stazione di funivia, ci attende il museo della Grande Guerra. Singolare spazio espositivo ad alta quota, tanto che è stato definito il museo più alto d’Europa, è aperto dal 1990 e nasce dall’opera di recupero avviata da Mario Bartoli sul finire degli anni Ottanta.
Attilio Bressan è il vicedirettore, anch’egli partecipa alle ricerche e ci accompagna orgoglioso tra gli oggetti – abiti, armi, arredi, utensili – riemersi dalla neve. “Ho il grande timore di perdere i cimeli che ho ritrovato”, rivela Bressan, “c’è il rischio, concreto, che ignoti tornino sul ghiacciaio a depredare i reperti, prima che vengano restaurati e acquisti nel museo”. Queste preziose testimonianze sono in gran parte di origine austriaca: qui sorgeva infatti un villaggio dei soldati imperiali, la “città di ghiaccio”, ideata dall’ingegnere Leo Handl, per difendere il fronte della Marmolada e del Col di Lana. La “Eisstadt” fu letteralmente scavata nel ghiaccio, sfruttava grotte e crepacci naturali e aveva 10 chilometri di gallerie, che collegavano baracche, rifugi in legno, magazzini. Era una vera e propria caserma sotterranea, nascosta il più possibile per evitare gli attacchi nemici, ed era abitata da 300 militari.

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Il segreto dei fanti scomparsi

La Marmolada
La Marmolada

A punta Serauta è visibile anche la postazione italiana del fronte. Dista circa cinque minuti dal museo della Marmolada e richiede, per la visita, circa un’ora e mezza. Lungo il sentiero si attraversa una ferrata, con fune d’acciaio a cui ancorarsi: un percorso non difficile ma per il quale le guide consigliano abbigliamento e attrezzature adatte e, per sicurezza, un cordino e un moschettone.
Più impegnativo è l’itinerario che passa sotto la galleria Tenente Rosso: dura dalle due alle quattro ore e arriva fino al sito chiamato Forcella a Vu. Il tour è consigliato a chi ha una discreta pratica di camminate in montagna, ha fiato sufficiente e non soffre di vertigini. Salire alla Marmolada richiede quindi un poco di fatica in più, ma non invano. Aggiunge Fornaro : “presso la Forcella a “Vu”, potrebbero esserci ancora i corpi di 15 fanti, sepolti durante l’esplosione di una mina nella battaglia del 26 settembre 1917. I fanti non furono mai più ritrovati: forse furono coinvolti nell’esplosione e quindi distrutti, oppure rimasero sepolti dalla neve e in tal caso, conservati dal freddo, i loro corpi potrebbero ancora essere intatti”. Il progetto di recupero dei fanti è tuttora in fase di valutazione: il ghiacciaio della Marmolada potrebbe, quindi, avere in serbo altre sorprese.

Notizie utili

Messner Mountain Museum. MMM Dolomites, il museo delle nuvole
Monte Rite, Cibiana di Cadore, Belluno
Tel 0435 890996, www.messner-mountain-museum.it

Dolomiti Turismo
www.infodolomiti.it
tel 0437 940084

Museo della Grande Guerra in Marmolada
Malga Ciapela, Rocca Pietore, Belluno
Punta Serauta, seconda stazione della funivia da Malga Ciapela
Per informazioni: tel 0437 522984

Museo del Forte Tre Sassi, passo di Valparola
 In inverno solo su richiesta, per gruppi di minimo 15 persone.
Per informazioni: tel. +39 0436 861112

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