Tango. Argentino o uruguayano? Quien sabe…
Nella zona è inoltre possibile respirare l’aria della Montevideo tanghéra, che si muove a ritmo degli stantuffi del bandoneón. A un isolato dal Solis, ecco il “Bar Fun Fun”, antico locale notturno fondato nel 1895, tappezzato di spartiti consunti e vecchie locandine pubblicitarie di grandi nomi del tango che hanno suonato qui: da Gardel a Pugliese, da Di Sarli a Piazzolla. Lo show inizia a tarda sera e la gente prosegue fino a notte cantando a squarciagola i temi più celebri, come se si trattasse delle ultime hit di San Remo. Ed è proprio sulle note del genere musicale costantemente associato alla vicina Buenos Aires che si gioca buona parte dell’accesa rivalità che contrappone le due capitali.
Dove nasce il tango? E’ ormai assodato che il fenomeno non è solamente porteño (cioè di Buenos Aires) ma più estesamente rio-platense. Tuttavia, la capitale uruguayana continua a soffrire dello scarso riconoscimento del suo ruolo nella definizione e nella storia di questo genere musicale. Le argomentazioni si sprecano. Come non valorizzare Montevideo, quando il più celebre di tutti i tanghi, “La Cumparsita”, è opera dell’uruguayano Gerardo Matos Rodriguez? E uruguayano è il poeta e paroliere dei più celebri tanghi di Piazzolla, Horacio Ferrer? E, ultima provocazione dei nazionalisti più spinti, Gardel potrebbe essere nativo uruguayano?
Tra grigliate e mercatini
Nella Ciudad Vieja il tango si respira anche al “Mercado del Puerto”, che merita una visita soprattutto all’ora di pranzo. L’antico mercato portuale è una costruzione del 1868, ora trasformato in accozzaglia vociante e disordinata di caratteristiche “parrillas”, ristoranti con griglie su cui si cuoce l’“asado”, carne di vacca, ma anche formaggio e verdure. Per brindare è d’obbligo un “Medio y Medio”, bevanda spumante prodotta esclusivamente in un locale all’interno del mercato. Il sabato pomeriggio, l’ampio spazio è rovente per via delle numerose griglie, un concentrato di odori di carne abbrustolita, di fumo, di vociare animato, di canti tanghéri accompagnati da vecchie chitarre arrugginite. La domenica mattina è oltremodo gradevole fare una passeggiata alla fiera di “Tristan Narvaja”. Guardandosi intorno si ha l’impressione di essere nel mezzo del mercatino delle pulci di una tranquilla meta europea, circondati da oggetti, architetture, tratti somatici, modi e sapori conosciuti. Qui non si vendono oggetti esotici ma cianfrusaglie, libri e vestiti usati, animali.
A passeggio con il “Mate”
Insomma, gironzolando per il mercato come per i differenti quartieri, dai più movimentati come la Ciudad Vieja a quelli maggiormente residenziali come Carrasco, ci si imbatte in una città che non riflette per nulla lo stereotipo del Sud America tropicale e carioca, poco interessata ad esprimere un’identità marcatamente latina. Unica eccezione, la naturale ostentazione con cui una sorprendente quantità di gente passeggia, impugnando e bevendo il tipico “mate”, bevanda composta da “yerba mate”, un’erba amara contenuta in una caratteristica ampolla riempita costantemente con acqua calda. Gli uruguayani paiono fieri di trasportare il loro “mate” e di rinnovare il rituale che ad esso si associa, passandolo tra amici, bevendolo e riempiendolo nuovamente per ore. Inevitabilmente, anche qua si gioca l’ironica sfida tra Argentina e Uruguay: chi avrà l’erba migliore e chi preparerà il mate più ricco?
Tango argentino? Murga uruguayana!
Altra dimensione domenicale inevitabile di Montevideo è la “murga”, forma di teatro di strada con musica, danza e recitazione, che echeggia nelle piazze trasportando la città in una dimensione festiva e comunitaria. La “murga” ruota intorno al Carnevale e consiste in uno spettacolo montato da un “ensemble” di cantanti i quali, con coloratissimi trucchi e abiti, cantano canzoni ironiche di satira sociale e politica su basi di melodie popolari, accompagnati da strumenti a percussione. Le piazze della città si animano nel pomeriggio di giovani che si esercitano in questa disciplina artistica creata in Uruguay all’inizio del XX secolo e ora diffusa in Argentina e altri paesi dell’America Latina (e qui si pone un altro tassello della sfida con Buenos Aires, questa volta a suon di tamburo). Ecco un periodo buono per visitare Montevideo. A febbraio, nel pieno dell’estate uruguayana, oltre a bagni nel Rio de la Plata dalle spiagge bianche e visite ad una città senza dubbio riposante e ricca di arte e cultura, si può approfittare di un’immersione in un Carnevale certamente meno conosciuto rispetto a quello del vicino Brasile, ma che stupisce per il coinvolgimento totale degli abitanti, la creatività artistica e musicale, lo sfarzo di costumi sfavillanti.