A quel punto la corpivendola thai accompagnava l’italico Macho in un box tipo lavaggio quadrupedi, lo insaponava come un bebè e gli si contorceva intorno come fa il Boa Constrictor fino a condurre la preda al più sommo stato di piacere (questo le tailandesi, non il Boa). Questa fu la seconda fase dell’italico turismo in Thailandia, baby.
Unico problema per gli allora sexy viaggiatori – soprattutto se la partner non risultava né sexy né procace -: soddisfare nottetempo le altrui esigenze, eccitate dal viaggio esotico, dal clima tropicale, dal pesce speziato ammannito nei soliti, banalissimi ristoranti turistici di Bangkok e dalla voglia di ripetere, a parti invertite, il Body Massage sperimentato nel tempo che dicevano di aver dedicato allo shopping (perché, beninteso, in questi Club del Piacere mica facevano tanta differenza tra maschietti e femminucce). Si scrive al passato prossimo e non al presente perché questi Centri Massaggi sono andati progressivamente decadendo (ma per certo qualcuno esisterà tuttora) soprattutto perché “impestati” dai GIs alias soldati Usa importati in licenza in Thailandia dal vicino Viet Nam e pure perché con l’Adis non è mica il caso di scherzare. E fu così che scomparve la fiumana dei Machos italiani, un tempo generosamente invitati dalle aziende ai ben noti viaggi Incentives (ogni tot lavatrici o frigoriferi che vendevi ti spettavano “un viaggio a Bangkok e 8 Body Massage” e sai con che occhiaie tornavi a casa dalla moglie).
Un ulteriore colpo di grazia al turismo italico verso la Thailandia fu infine dato dalla proibizione del Turismo Sessuale, laddove però non si tratta dei già descritti, sullodati sfregamenti epiteliali, bensì dell’abuso omo o bisex di poveri minori. Qualcuno che dall’Italia vola a Bangkok, beninteso, c’è ancora. Ma trattasi soprattutto di pensionati della bergamasca o anziani Fiat che vanno a Puhket (e ridagli, ma dove va messa la H?) a prendere il sole (massaggi? rari e, con quel che becca un pensionato italiano, autarchici).
(Puntata n. 26 – segue)