Tra le tante analogie e similarità intercorrenti tra Stati di lingua e cultura affini, non si può onestamente dichiarare che in tema di “Toros e Corride” l’Italia – a differenza degli altri due Paesi latini – abbia molti punti in comune con la Spagna. In effetti, mentre nel sud della Francia e nel Portogallo (per non parlare di Perù, Messico, Ecuador, Venezuela e Colombia nell’America Latina) le corride fanno parte della tradizione popolare e costituiscono importanti avvenimenti seguiti da una notevole e preparata “Aficiòn”, in Italia (animalisti a parte) la tauromachia è vista freddamente, quando non apertamente criticata. E questa freddezza appare strana, perché anche nel Belpaese non mancarono le corride, oltretutto in un passato non così remoto (tanto da non fare escludere alla stampa spagnola – quando nel 1994 il governo Berlusconi abolì un decreto del 1940 proibente gli spettacoli taurini – la possibilità che qualche ardito impresario riproponesse “Toros e Toreros” nello Stivale).
Spettacoli con i tori. Una “storia” antica
La storia della Tauromachia in Italia è antica, risale al I secolo a.C. quando, secondo Plinio, Giulio Cesare istituì nell’impero Romano il combattimento con il toro. Successivamente, trascorsi i secoli bui, nel XIII secolo sono documentati spettacoli taurini nel romano Campo di Agone, l’attuale piazza Navona.
Il toro – e i festeggiamenti che lo vedevano involontario protagonista e vittima – diventò poi di gran moda nel Rinascimento (sempre a Roma, manifestazioni in piazza Farnese) fin quando il divertimento venne proibito da Pio V nel 1567. Un pontefice che interruppe una lunga passione taurina da parte dei papi che lo precedettero: Alessandro VI, Giulio II, per non parlare di Leone X che presenziò a una “corrida de toros” nientemeno che in piazza San Pietro, il lunedì grasso del 1519. Evidentemente le feste carnevalesche costituivano l’epoca giusta per organizzare corride. Racconta infatti nelle sue Memorie il bergamasco Giovanni Pietro Quarengo che nella piazza “noua” di Bergamo (nella città alta, largo tuttora esistente e dagli ampi spazi, ideali per l’avvenimento) il giovedì grasso del 1567 “si fece la caccia de tori essendo stato tirato uno steccato di tauole … furono dodici li tori & li cani più di trenta…ma poi due tori saltati sopra lo steccato posero ogni cosa in confusione correndo come inspiritati … onde diverse persone che non hebber tempo di fuggire vi restorno ferite con pericolo di morte … ultimamente con spiedi fur uccisi i tori & finì la festa”. “Toros en Bergamo” quindi, oltre che a Roma e anche a Firenze, Siena e Napoli (dove negli anni 1535 e 1536, matador fu lo stesso “virrey”, vicerè, Pedro de Toledo, festeggiante la visita dell’imperatore Carlo V).
Un “capote de paseo” per il Duce
Il 1° giugno 1780, a Roma, nell’attuale piazza Augusto Imperatore fu inaugurata una vera e propria Plaza de Toros (diametro ben 89 metri) allestita dallo spagnolo Bernardino Matas per “Corridas a la Romana” meglio conosciute come “Giostre” (sette anni dopo, il 16 luglio 1787 Goethe fu illustre spettatore). Nonostante la proibizione delle Corride voluta nel 1829 da un altro Pio (questa volta VIII) nel 1890, sempre a Roma, “torearono” i “diestros” sivigliani Perico Campos e Josè Hernandez. E infine, nel secolo scorso, le corride riapparvero con notevole frequenza. Nel 1923 tori di Antonio Fuentes (espadas Parejito e Corchaito) a Roma, indi a Bologna e infine in due occasioni a Verona (Parejito regalò al Duce il “capote de paseo”, la cappa, e Mussolini contraccambiò con un portasigarette).
Nello stesso anno la tournèe taurina proseguì verso Trieste (20 agosto) e l’anno successivo si ebbero corride in altre città italiane. E il 1924 fu in Italia un anno taurino per eccellenza, con lo stadio nazionale di Roma pieno “hasta la bandera”: 50.000 spettatori a botta, ben tre le corride – il 22 e 29 giugno e il 6 luglio – toreri Rafael Rubio “Rodalito”, Pedrucho, Enrique San Millàn, il “rejoneador” (a cavallo) Boltañès, tori di Albaserrada, Cullar e Josè Bono.
In quell’anno i toros andarono tanto di moda da non risparmiare nemmeno la Sardegna: il 1° maggio a Cagliari, grande corrida, con Pedrucho gravemente ferito dal “cornupeta”. Stop, infine, alle corride (più genericamente “spettacoli taurini”) con il già accennato Decreto Legge, articolo 149, del 6 maggio del 1940, appunto abolito da Berlusconi 54 anni dopo.