Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

Splendida Saragozza in terra d’Aragona

Saragozza

Una tappa da non perdere nel passaggio dalla Catalogna alla Castiglia, attraverso un’Aragona ricca di sorprese culturali e naturali. In più, una convivialità contagiosa che non può che soddisfare il visitatore desideroso di immergersi nell’attraente cultura locale

Saragozza

(Zaragoza), m

La basilica del Pilar che si affaccia sull’Ebro
La basilica del Pilar che si affaccia sull’Ebro

irabile capitale di un’Aragona dai paesaggi meravigliosi. È particolarmente bello arrivare qui in treno. L’alta velocità ferroviaria permette di spostarsi in tempi record lungo il triangolo Barcellona- Saragozza-Madrid (solo un’ora e venti minuti da Saragozza alla capitale) e di godere di panorami particolari. Si rimane incollati al finestrino tra Barcellona e Saragozza. Il paesaggio ha dell’irreale. Sono i “monegros”, monti neri, dal tronco e fogliame scuro degli alberi, nella zona arida d’Aragona, a est. Collinette che spuntano dal nulla nella pianura, con una vegetazione scarsa e macchiettata. Saragozza è infatti al centro di una depressione un tempo desertica, con uno dei livelli di piovosità più bassi di Spagna.

Dalla stazione “gioiello”, al carattere del centro storico
La stazione ferroviaria Zaragoza Delicias
La stazione ferroviaria Zaragoza Delicias

Si arriva in una stazione nuova di zecca, Zaragoza Delicias (in zona periferica ma molto ben servita) nodo ferroviario di importanza crescente (gli AVE, stupenda versione spagnola dell’alta velocità) e punto di riferimento per le grandi folle che hanno avuto modo di visitare l’Expo (giugno-settembre del 2008). Colpiscono i treni fiammanti pronti alla partenza, i lindi salottini rosso fuoco e il design avveniristico. Ma anche il carattere stranamente poco animato, di stazione d’affari ancora lontana da un traffico popolare e cittadino. Un innovativo snodo dell’alta velocità, nella quinta città di Spagna, centro nevralgico del nord est e capoluogo aragonese.
Avvicinandosi al cuore della città, si scopre un’atmosfera particolare. Fresca, piacevole e intensa. Un fiorire di ricami “mudéjar” su torri e chiese, la piazza con il gigantesco santuario della Vergine del Pilar (127 metri di altezza per 65,5 di larghezza) i colori delle cupole che brillano al sole. E l’Ebro ricco di storia, che scorre accanto al santuario ed è attraversato dal gotico ponte di pietra, il più antico oggi presente sul fiume, nello stesso punto del precedente ponte romano.

Città dai molti strati: romana, musulmana, cristiana
I resti del teatro romano
I resti del teatro romano

Sulla città iberica di Salduba è stata costruita la Caesar Augusta romana; su questa la Saraqusta musulmana e infine la Zaragoza cristiana. È un sovrapporsi di culture qui giunte attraverso il fiume; stratificazioni di epoche diverse su un perimetro di terra delimitato e storicamente rilevante: il nucleo originale della città.
Così riaffiorano i reperti romani, con l’antico teatro, proprio laddove si insedieranno la comunità musulmana prima e quella ebraica in seguito.
Il teatro, il più importante rinvenimento della Saragozza romana, è spuntato fuori nel 1972, durante lavori di costruzione in Calle de la Verònica. Visitando le rovine, ecco il foro (museo nella piazza della cattedrale de La Seo) il porto fluviale, le terme pubbliche e le mura cittadine, delle quali si trovano resti accanto al Torrione della Zuda (parte di un palazzo moresco del X secolo) e alla chiesa della Maddalena, lungo il fiume.
Il quartiere del teatro romano è anche un sunto delle sovrapposizioni culturali che rendono ricca Saragozza. Dal particolare sbocciare dell’arte mudéjar, tra il XII e il XIV secolo (il mudéjar d’Aragona è Patrimonio dell’Umanità Unesco) alla costruzione nel XIII secolo di un muro a separare, in epoca cristiana, il quartiere ebraico dal resto della città.
Nel XVI secolo il quartiere testimonia il florido Rinascimento di Saragozza: vi sorgono chiese e ricchi palazzi. La più famosa è la casa di Gabriel Zaporta, da cui sarà tratto lo stupendo Patio de la Infanta (Cortile della Principessa) trasportato a Parigi e infine tornato a Saragozza. Oggi, il Patio è all’interno di una banca (Ibercaja, in Calle de San Ignacio de Loyola). Un accostamento forse non troppo strano, se si pensa al Zaporta banchiere della città rinascimentale.

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La tradizione del Pilar, da Saragozza a Compostela
Le cupole policrome della basilica del Pilar
Le cupole policrome della basilica del Pilar

Il fiume Ebro ha poi condotto qui uno dei personaggi che più ha influito sulla cultura locale e sull’affetto che per Saragozza nutre la Spagna intera. È l’Apostolo Giacomo (Santiago). Origini comuni in questi luoghi per il culto giacobeo e quello della Madonna del Pilar. Secondo quanto tramandato, infatti, la Vergine giunge a Saragozza dalla Palestina, in carne e ossa (in questo il culto mariano locale si distingue da quello delle vicine Lourdes e Fatima) per incoraggiare Giacomo, evangelizzatore tra i primi convertiti di Spagna, sulle rive dell’Ebro. Reca con sé la Sacra Colonna (Pilar) di diaspro, sulla quale si costruirà il primo tempio mariano della cristianità spagnola. È la notte del 2 gennaio dell’anno 40 d.C.
Saragozza e Compostela, due assi della spiritualità spagnola e cristiana. Dei vari tragitti che conducono i pellegrini del mondo a Compostela, uno è proprio il Cammino Giacobeo dell’Ebro. Partendo dalla foce, da Mequinenza e Mallén, si giunge fino a Logroño, dove il cammino dell’Ebro si unisce a quello francese.

La piazza e la basilica, il centro della devozione
Piazza del Pilar
Piazza del Pilar

In un andirivieni continuo nella storia, girando per Saragozza, alla fine è sempre lì che si torna. All’immensa Piazza del Pilar. Percorrendola con la testa all’insù, per cogliere negli scatti della macchina fotografica le mille sovrapposizioni di cupole, rivestite di tegole colorate e torri della Basilica. Una chiesa barocca (iniziata nel 1681 e completata a metà Novecento) sorta su una precedente costruzione gotica (1515) e a sua volta su una romanica, distrutta nel 1443 da un incendio. Il Pilar in tutte queste ricostruzioni non è mai stato mosso.
Entrando, si è presi dalla dedizione dei pellegrini e soprattutto da quella dei cittadini di Saragozza. Si nota la loro consuetudine alla visita presso questa piccola statua lignea quattrocentesca della Vergine, ogni giorno vestita con un diverso manto colorato e ricamato. Facile distinguere la loro presenza silenziosa e familiare da quella dei turisti, spesso intenti alla ricerca del Pilar. Una piccola porzione è infatti esposta al pubblico, che può inginocchiarsi di fronte alla colonna (alta in tutto un metro e ottanta) e baciarla, posta com’è in una nicchia sul retro della Santa Cappella, nella parte destra.

Il Museo della chiesa
Il muro della Parroquieta de San Miguel
Il muro della Parroquieta de San Miguel

Legato al mutare giornaliero dei mantelli, il Museo Pilarista, interno al Santuario, custodisce manti, corone e gioielli. Secondo tradizione, i bambini che devono ricevere la Prima Comunione visitano il Museo per passare di fianco al mantello della Vergine, chiedendo protezione e guida per i futuri passi. La devozione si esprime al massimo nella Festa del Pilar, il 12 ottobre. In onore della Vergine, la preparazione di un enorme manto di fiori e la processione del Rosario di cristallo (13 ottobre). Ci si immerge nella cultura saragozzana. E compaiono i “cabezudos”, personaggi del folclore cittadino e regionale (rappresentati anche in statuine di ceramica, su t-shirt e souvenir).
Piazza del Pilar è quindi il centro pulsante di una vita religiosa senza sosta (otto milioni i visitatori della basilica ogni anno). Un luogo romantico, di giorno incredibilmente aperto alla luce, raccolto e accogliente al calare della sera.
Sempre di sera, i ricami del muro della Parroquieta de San Miguel (Patrimonio dell’Umanità Unesco) la parete nord della vicina cattedrale de La Seo, splendono con il blu e il verde delle ceramiche che spiccano tra i mattoncini, in un raffinato disegno mudéjar disteso a perdita d’occhio. Gli interni, una fusione di romanico, gotico e barocco, e il particolare Museo degli arazzi con i suoi “tapices”, una delle migliori collezioni al mondo.

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Aljafería. Trionfo mudéjar
Il patio del palazzo islamico dell'Aljafería
Il patio del palazzo islamico dell’Aljafería

È una nuova giornata di sole. Il clima è quello ideale delle mezze stagioni e la carezza del “cierzo”, la brezza della valle dell’Ebro, invoglia ad un’altra passeggiata.
Destinazione, il palazzo islamico dell’Aljafería, a circa venti minuti a piedi dal centro. Colpisce la sua collocazione, nel mezzo di un attuale quartiere semi-periferico, circondato da anonime palazzine.
L’ingresso apre alla vista una bellezza inaspettata, altissima vetta dell’arte ispano-musulmana. Virtuosismi che hanno ispirato i Reales Alcazares di Siviglia e l’Alhambra di Granada. Oggi è sede del Parlamento Aragonese (dal 1982 l’Aragona è Comunità Autonoma).
L’Aljafería (XI secolo, ultimo periodo di dominazione musulmana) conserva però solo parte delle sue mura originali. Nell’area centrale il pezzo forte, l’edificio residenziale, modellato sui palazzi musulmani del deserto risalenti all’VIII secolo.
Qui il patio, a cielo aperto, elegante e solare, con fontana sul lato sud. I portici laterali sono disegnati da archi moreschi che formano una scenografia plastica e leggiadra. Nel portico nord una deliziosa piccola moschea, a pianta ottagonale, con i resti delle ricche decorazioni di un tempo.
Dalla dominazione musulmana alla riconquista cristiana (1118) con l’arrivo dei monarchi del Regno d’Aragona, nato questo sui Pirenei e dell’energico re Alfonso I “el Batallador” (il combattente). Grandemente celebrato, lo stile dei Re Cattolici dona all’Aljafería, intorno al 1492, esempi irripetibili d’arte mudéjar. Sono le sale dei Passi Perduti, nel solenne percorso verso il Salone del Trono. Pavimenti in piastrelle di Muel (centro aragonese rinomato per le ceramiche) e soffitti in legno dorato e policromo, gli “artesonados” (a cassettoni, da non confondere con gli alfarjes, senza cassettoni e del XIV secolo). Dalla fine del Cinquecento, la nuova pesante impronta di fortezza militare, con mura esterne, pilastri e fossato.

Storia, arte contemporanea, cultura. E divertimento con gusto
Gli interni di un locale tipico della città
Gli interni di un locale tipico della città

Città ricca di cultura, Saragozza. Archeologia e storia, ma anche grande arte. Affascinante l’opera di Pablo Gargallo, scultore avanguardista (nel museo di Palacio de Argillo, in Plaza de San Felipe). E naturalmente Francisco de Goya, aragonese di Fuendetodos. Disseminate per la città tante sue opere, come quella che decora una cupola della Basilica del Pilar, dipinti che adornano il Patio della Infanta, incisioni al Museo Ibercaja Camón Aznar (Palazzo Aguilar) e opere al Museo di Zaragoza, nella sezione Belle Arti (Plaza de los Sitios).
Tante le passeggiate tra i musei cittadini, ed è di nuovo sera. È ancora la sera che permette di sentire appieno Saragozza. Un po’ di contrasto forse lo si percepisce con la vita silenziosa, mai mesta, della Piazza del Pilar e l’energia dei vicoli poco distanti, colmi di locali. Dai ritrovi pittoreschi e affollati della zona di El Tubo, ai localini dell’intima Plaza de Santa Marta, alla piacevole atmosfera di Plaza de San Miguel. E, intorno alla Calle del Temple, la zona di El Casco.
D’altronde Saragozza non incentra la sua immagine su un turismo esclusivamente religioso. Il culto del Pilar è parte della cultura cittadina, oltre che della sua tradizionale devozione. La arricchisce senza condizionarla, mostrando una felicissima coesistenza tra prospettive, sentimenti e tradizioni.
Importante parte della cultura locale, “sacro e profano”, è quindi anche l’andar per “tapas” (el tapeo) passatempo preferito dei saragozzani di tutte le età. Che diventa anche quello del visitatore, coinvolto dallo spirito conviviale, la passione e il gusto per la qualità. La movida di Saragozza è animata anche dalla folta popolazione di giovani dell’antica università, fondata nel 1474 e rinomata per la facoltà di medicina.

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Tapas, colore e fantasia
Un piatto di tapas
Un piatto di tapas

A Saragozza si riscopre così la semplicità di una serata in compagnia e la volontà di assaporare ogni attimo. Le tapas riassumono tutto questo, adatte ai più vari gusti e momenti. Un capriccio gastronomico più o meno piccolo e sostanzioso. Fantasia è la parola d’ordine e i locali fanno a gara nell’imbandire i banconi con ogni prelibatezza si possa adagiare su crostini (i “montaditos”) o gustare in poco più di un paio di bocconi. Ben in vista, premi e riconoscimenti alla migliore preparazione. E ci si sbizzarrisce con tapas a base di peperoni rossi ripieni, zucchine pastellate, crocchette guarnite con panna acida e paprika, calamari, patè di carni e verdure, salumi, conserve di pesce azzurro e ortaggi. Si continua con tapas al tartufo e addirittura con quaglie. È l’arte della degustazione firmata Zaragoza.
I piaceri proseguono con la cucina regionale, da scoprire nelle variopinte viuzze del centro. Tipico il “ternasco” d’Aragona, tenerissimo (da qui viene il suo nome) agnello da latte, alla brace o al forno con patate. Tra le specialità anche il prosciutto di Teruel e le “migas”, pane secco sbriciolato, condito e dorato e infine servito con acini d’uva fresca. E ancora, la frutta candita e ricoperta di cioccolato.

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