Notizia pubblicata sul Corriere della Sera (pure loro: non c’è ormai persona o cosa che riesca a sfuggire al cosiddetto revisionismo) e su altri giornali nazionali. Oltre a infondermi una certa tristezza (ma quanto passo a raccontare può dimostrare che il Corriere non conosceva le Ramblas d’antan e quindi, a conti fatti, non sono poi cambiate di molto) l’articolo mi ha anche ricordato che la mia amicizia con questa alberata strada – che va dalla Plaça de Catalunya al mare – risale a più di mezzo secolo: sì, più di cinquant’anni fa.
Quando la Lira era “forte”
E nelle Ramblas credo di aver vissuto buona parte dei miei chissà quanti soggiorni nella capitale della Catalogna. Perché, come in una casa si passa la maggior parte del tempo in salotto, a Barcellona si trascorre la maggior parte del tempo – soprattutto un viaggiatore, non parliamo poi se giovane – nelle Ramblas; perché di Barcellona sono il salotto (che però, nella comune accezione, significa “zona a giorno” di una casa, mentre nelle Ramblas si trascorrevano sia i giorni e sia, soprattutto, le notti. E che notti, cara aficiòn lettrice)!
Salotto sì, ma enorme, trafficatissimo e quindi luogo di spettacolo, per lo show (il passare della gente in libera uscita: locale e venuta da chissadove) certamente meno costoso, più a buon mercato del mondo: noleggiavi una sedia per una peseta (10 lire e 50 centesimi) e te ne potevi stare ore ad ammirare tutto quello che ti passava davanti, che era tanto e divertente. Erano oltretutto i tempi dell’einaudiano “Miracolo Economico” italiano; la nostra lira contava, eccome, e di un giornaliero noleggio-sedie anche un giovane turista morto di fame poteva permettersene più di uno.
Esplode la vita notturna
E se si parla di soldi, ricordo quando sulle Ramblas cuccai la prima contravvenzione per sosta vietata: ore di discussione, disperati tentativi di non pagare finché, avuta notizia che la multa era di 5 pesetas (52 lire e 50) si pensò bene di chiedere se era possibile pre-acquistarne un blocchetto – signori si nasce – per le future infrazioni (ma il traffico era ancora poco, si parcheggiava a gogò in Plaça de Catalunya; Franco faceva ancora pagare a Barcellona il catalanismo goduto durante la Guerra civile).
E la lira rimase forte ancora per qualche anno, ad esempio quando – passato Franco a miglior vita – nelle Ramblas spuntarono i Porno Show (era l’epoca della Spagna “bottiglia di champagne”; a lungo compresso, il tappo saltò). Che serate ragazzi!
Spettacoli hard al ‘Nelson’ e al ‘New York’
Due gli spettacoli più sporcaccioni, al “Nelson” e al “New York”, roba per davvero Hard: scopate che nemmeno nei tanti Porno nella Istgade della disinibita (ma non fantasiosa) s-Copenaghen riuscivi a trovare. E il tutto, per noi giovani maialini italici, per due lire o giù di lì. Vabbè, ci fu pure un momento in cui sulle Ramblas la prostituzione fu osteggiata dal regime bacchettone (ad esempio durante l’agonia del Caudillo; e si registrava qualche giro di vite anche durante la Semana Santa). Roba che le case di appuntamento si ritrovarono a doversi spostare a Castelldefels, quasi trenta chilometri ma sul mare, si faceva anche il bagno, per cuccare quello che prima, sulle Ramblas, spuntava come i funghi.
Hotel, Ristoranti e luoghi “alternativi”. Il mondo a Barcellona!
Ma tranne i suesposti brevi periodi di astinenza, per il resto la più esaltante arteria di Barcellona ospitava corpivendole a gogò (con l’angiporto a poche decine di metri – pullulavano ad esempio sul marciapiedi dell’attuale museo delle Cere – come potevano mancare?). In una via laterale (calle Conde del Asalto, oggi Nou de la Rambla) c’era (al n° 12) l’hotel Gaudì, la cui porta non poteva che restare eternamente aperta tale era l’andirivieni di machos e señoritas (per la cronaca, oggi l’hotel esiste ancora e ha pure avuto il coraggio – chapeau! – di mantenere il nome, ma ahilui ospita ormai famigliole di turisti privi di peccati).
E sulle Ramblas non era poi così obbligatorio che il “sex” dovesse essere solo etero. Infilata la perpendicolare Calle Escudellers (dove c’era e tuttora c’è il mitico ristorante Caracoles, per me Bofarull, dal nome del mio amico, nonostante la differenza d’età, corpulento proprietario) dieci metri a destra c’era il Macarena, un locale (oggi si direbbe alternativo) dove amavano incontrarsi gli allora poco considerati “maricones” (destinati, di lì a qualche anno, divenuti monopolisti della moda, a essere più sciccamente chiamati gay).
Gli anni del “Porompompero”
Nel Macarena, Rosi girò sequenze del Momento della Verità (un bellissimo film che stranamente le tivù non propongono mai) la cui colonna sonora conteneva la canzone (del Maestro extremeño Juan Solano, 1960) El Porompompero (poi resa celeberrima da Manolo Escobar). Un motivo che nelle Ramblas divenne ossessivo, non si sentiva altro, lo suonavano nei bar, nelle cafeterias, gli ambulanti, gli studenti delle Tunas vestiti da Alguaciles di Filippo II (a quei tempi Barcellona profumava – vabbè, per diktat franchista – ancora di Castiglia, era di là da venire la ormai indipendente repubblica di Catalunya e se parlavi spagnolo, appunto castigliano, e non catalano, mica ti guardavano male).
Fascino della Boquerìa, delle spagnole e del Mago Herrera
Le Ramblas, i suoi miti: la Boquerìa (in nessun altro mercato ho visto presentare la merce con ordine ed eleganza come alla Boquerìa); e quei ristorantini nelle viuzze laterali dove imparai cos’erano i Calçots e l’Escalivada; meno ristorantino, anzi ristorantone, era invece l’Amaya (le cui due uscite opposte diedero vita a piccanti racconti su chi non vi andava solo per mangiare ma si concedeva pure una sveltina eppoi usciva dal retro); e fianco alla Rambla dels Caputxins, la Plaça Reial (allora Plaza Real) con le turiste a prendere il sole (roba da ragazzi cuccare una svedese, era dato alla pari, assai più difficile – e la quota saliva a 1 a 5, pensa tu l’anomalia – farsi una spagnola; a quei tempi, per colpa del clero, quasi tutte più caste e timorose di una educanda).
Nelle Ramblas, per la precisione correva l’anno 1960, assistetti alla cacciata (moto popolare all’altezza del Teatro del Liceu) del grande, mitico Helenio Herrera. Che venne a Milano ad allenare l’Inter. E due anni dopo, leggendo il giornale al tavolo di un bar sulle Ramblas, appresi con gioia che il mai troppo compianto Mago aveva convinto “el mè amìs Luisito Suarez a mollare la maglia blaugrana” per indossare quella nerazzurra. Lacrimuccia, e Viva le Ramblas (nonostante il “Corriere”) e pure Visca el Barça (anche se tengo per il Real e un filino anche per il Betis … nessuno è perfetto).