Sabato 27 Aprile 2024 - Anno XXII

Napoli che canta

A Chiaiano, in periferia, aprirà il primo museo della canzone napoletana d’arte. Con laboratori gratuiti di chitarra e liuteria per i ragazzi e progetti musicali di ricerca oltre la retorica e il folclore

Peppe Napolitano
Peppe Napolitano

Hanno fatto il giro del mondo “‘O surdato ‘nnammurato”, “Reginella”, “Te voglio bene assaje”. Parole e melodie che tornano a casa loro, a Napoli, nelle sale del nuovo Museo Casa della canzone napoletana, nel quartiere periferico di Chiaiano. L’istituzione si chiama “Enne“, come la consonante iniziale di Napoli, e vuole essere uno spazio duplice nelle sue funzioni: un museo, appunto, che ripercorre la storia della canzone partenopea dalle sue origini alle moderne interpretazioni, e insieme un laboratorio gratuito di chitarra, mandolino, liuteria e canto con tanto di auditorium per “avviare” alla musica i giovani artisti e appassionati, dagli otto anni in su. In effetti, Enne è stato ideato proprio per loro, i ragazzi napoletani ma non solo, racconta il direttore artistico Peppe Napolitano, storico e rigoroso interprete a capo dell’Associazione “Teatro stabile della canzone napoletana” che si è incaricata della realizzazione della casa museo.

Risvegliare le energie musicali della città

Come sarà la sala concerti
Come sarà la sala concerti

“La memoria di questo grande patrimonio musicale, dello stile di canto autentico, legato all’identità della città, sta degenerando e disperdendosi soprattutto tra le nuove generazioni che conoscono più i suoi aspetti dilettantistici”, dice il neo-direttore, “il rischio è che tra dieci o quindici anni per ascoltare quelle storiche melodie si debba acquistare un cd”. La canzone napoletana che ha in mente Peppe Napolitano è quella che ha appreso dal suo maestro Sergio Bruni, secondo uno stile rigoroso, depurato dall’aspetto più folcloristico e stereotipato anche da un punto di vista interpretativo.

Enne, ci racconta il direttore, è il punto di arrivo di un progetto avviato e sognato proprio da Bruni vent’anni fa e intrapreso anche dallo stesso Napolitano con la sua associazione: mettere in piedi un centro, una scuola che perpetui questo stile canoro, “senza fare, in fondo, nulla di straordinario, semplicemente liberare le energie musicali di Napoli togliendo la polvere a un patrimonio che è lì, ma è come se fosse dormiente”.

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Siamo tutti napoletani

I pannelli dedicati ai poeti e ai musicisti
I pannelli dedicati ai poeti e ai musicisti

Lo spirito che anima il progetto, spega Napolitano, segue proprio questa direzione: abbandona l’approccio campanilistico per aprirsi alla sperimentazione e alla ricerca, in un laboratorio di idee al quale parteciperanno interpreti come Moni Ovadia, Raiz, Enzo Avitabile, I virtuosi di San Martino (all’incirca l’equivalente de “I Gufi” del Nord Italia), Mario Tronco dell’Orchestra di Piazza Vittorio. Alla presentazione del museo insieme alle autorità comunali c’era anche Ovadia: “Siamo tutti napoletani – ha detto l’attore -. Noi tutti siamo al servizio della canzone e io, che sono figlio del popolo, figlio di profughi bulgari che con i napoletani è cresciuto nella Milano degli anni Cinquanta, oggi mi sento più ricco. Peppe Napolitano è “pazzo” nell’aver pensato di realizzare un simile progetto. Ma era necessario. La canzone napoletana è il paradigma del mondo, e nonostante abbia una radice territoriale è un bene universale”.

(2/12/09)

 

Per informaioni

www.museoenne.it

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