Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

L’erranza e gli aborigeni australiani

Ruscelli, rocce, alberi. In Australia, gli aborigeni cantano ogni elemento che compone il paesaggio. Il territorio diventa così una sorta di spartito in cui tutto ha un significato. Un nuovo episodio della rubrica sulla “Storia del camminare” ci conduce lungo questi sentieri, le antiche Vie dei Canti

Aborigeni australiani
Aborigeni australiani

I nostri piedi sono fatti per muoversi, da essi non spuntano le radici

(David Le Breton)

 

Prima di innalzare il “menhir” o l’egiziano “benben”, “la prima pietra che emerse dal caos”, l’uomo possedeva una forma simbolica con cui trasformare il paesaggio. Questa forma era il camminare, un’azione imparata con fatica nei primi mesi della vita per poi diventare un’azione non più cosciente ma naturale, automatica.

È camminando che l’uomo ha cominciato a costruire il paesaggio naturale che lo circondava. L’atto di attraversare lo spazio nasce dal bisogno naturale di muoversi per reperire il cibo e le informazioni necessarie alla propria sopravvivenza. Ma una volta soddisfatte le esigenze primarie, il camminare si è trasformato in una forma simbolica che ha permesso all’uomo di abitare il mondo. Modificando i significati dello spazio attraversato, il percorso è stato la prima azione estetica che ha penetrato i territori del caos, costruendovi il nuovo ordine sul quale si è sviluppata l’architettura degli oggetti situati. Il camminare è un’arte che porta in grembo il menhir, la scultura, l’architettura e il paesaggio. Da questa semplice azione si sono sviluppate le più importanti relazioni che l’uomo intesse con il territorio.

Il mito aborigeno della Creazione

L'erranza e gli aborigeni australiani

La storia delle origini dell’umanità è una storia del camminare, è una storia di migrazioni dei popoli e di scambi culturali e religiosi avvenuti lungo tragitti intercontinentali. È alle incessanti camminate dei primi uomini che abitarono la terra che si deve l’inizio della lenta e complessa operazione di appropriazione e di mappatura del territorio.

È estremamente difficile comprendere quale fu la percezione e il rapporto con il territorio dei nostri antenati. Un modo più semplice per avvicinarsi alla comprensione di una realtà così lontana, può essere lo studio e l’analisi di una delle culture umane più antiche ancora esistenti sulla crosta terrestre: la cultura degli aborigeni australiani.

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Per comprendere questa cultura è necessario capire il “tjukurpa”, il Mito della Creazione aborigeno, il Dreamtime, il Tempo del Sogno, la base di tutte le credenze aborigene. È al contempo elemento comune e unificante delle numerose tradizioni culturali aborigene sviluppatesi nelle diverse regioni del continente, e giustificazione mitica delle differenze fra di esse. I miti del tjukurpa spiegano le origini dei popoli aborigeni e l’origine delle caratteristiche geografiche e topografiche del mondo. Benché tjukurpa venga spesso tradotto col termine “Tempo della Creazione”, molti studiosi reputano più esatto definirlo “Tempo della Formazione”.

Le “Vie dei Canti” per leggere il territorio

La copertina del libro di Chatwin sulle
La copertina del libro di Chatwin sulle “Vie dei Canti”

Per le popolazioni aborigene la Terra è sempre esistita, ma, prima del tjukurpa, era una distesa piatta, neutra e indifferenziata, che conteneva al suo interno una serie di potenzialità inespresse di tutto ciò che adesso esiste in superficie e di ciò che ancora non è stato ma che verrà. Un giorno, gli Antenati, uno per ogni specie totemica, si svegliarono e sgusciarono fuori dalla Terra. Si alzarono e urlarono il proprio nome. Poi cominciarono a camminare e creare, cantando, tutti gli elementi della Terra. A ogni passo un nome.

Finita la Creazione, gli Antenati, così come erano arrivati, cantando l’ultimo verso del loro “canto”, tornarono dentro la Terra, lasciando un’infinita serie di percorsi – tracce in sequenza – di note. Per gli aborigeni questi percorsi, i “tjuringa lines”, le “piste del sogno” o, come le ribattezzò Chatwin, le “vie dei canti”, sono la base della loro esistenza.

Elemento fondamentale della vita spirituale dell’aborigeno è proprio il tjuringa (da qui il nome tjuringa lines). Un tjuringa è solitamente una tavola con le estremità ovali, intagliata nella pietra o nel legno di mulga, ricoperta di disegni che rappresentano gli itinerari dell’Antenato del Tempo del Sogno del suo proprietario. Come direbbe Chatwin: “è sia una partitura musicale sia una guida mitologica dei viaggi dell’Antenato. È il corpo reale dell’Antenato (pars pro toto). È l’alter ego di un uomo, la sua anima, il suo obolo a Caronte, il documento che attesta la sua proprietà della terra; il suo passaporto e il suo biglietto ‘per tornare dentro’”. Con termini occidentali, potremmo definirlo il diritto di proprietà di una porzione di una Via dei Canti, di una tjuringa line.

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