PORTOGALLO – “Ahi ahi, Signora Longari, lei mi è caduta sul pisello!” disse un giorno il Mike Bongiorno.
Non sul pisello bensì sul Cous Cous – o Tabulè che sia – sono invece caduti i miei amici portoghesi (e amici lo sono davvero, anzi gli voglio bene; perché come tutti i latini sanno vivere bene, tra tante bellissime cose, nella a me diletta e quindi tanto da me descritta penisola iberica, per non parlare di Mourinho, uno di loro). Il Cous Cous Drama è esploso giovedì 18 in occasione di un buffet forse troppo entusiasticamente battezzato “Lunch”, di cui alla seguente descrizione. Arrivo verso le 13.14 nello stand e lo scopro pieno di portoghesi (“E ce credo, dirà il cortese lettore, vista la nazionalità degli invitanti, ambasciatore incluso”: lo so, replico io, ma portoghesi erano pure i tanti IS “Imbucati Sbafatori” da me notati – e abbia fede il cortese lettore in colui che smascherò e incriminò la celeberrima Banda della Tartina degli antichi cocktails turistici milanesi -). C’erano tutti, pertanto, imbucati e non: unico assente, il cibo, lu magnare (salvo le mandorle, ma che mandorlata, cara gent, oltretutto con quelle calorie che celano!). Dopodiché, alle 13,46 dopo lungo smandorlare, tèl chì el Cous Cous – o Tabulè che sia -. Fuga (io), ma dove? Verso lo stand del Marocco, ça va sans dire, imperocché –voglioso della ottima cucina portoghese, ma deluso nella circostanza, e se tanto mi dà tanto – hai visto mai, mi son detto, che se mi sono beccato il Cous Cous, nota specialità marocchina, nello stand del Portogallo, se corro in quello maghrebino mi faccio un bel Bacalhau alla Minhota? E dagli amici portoghesi attendo il riscatto.
MARCHE – Stand, Fermo (non solo nel senso di città) restando che quei due lì, Monachesi & Serri, ci sanno fare.
E’ una vita che ammanniscono “Tipicità” tipo Olive all’ascolana; quest’anno non li ho visti pronti sul Varnelli*, come una volta**). Varnelli*: grande anice o per meglio dire Mistrà. Bottiglia**: in passato la bottiglia restava sul tavolo; quest’anno, versatene un paio di gocce, la bottiglia spariva. Maledetta crisi.
ROMAGNA/EMILA – Alla faccia dell’ordine alfabetico, mio padre era di Lugo.
Stand, o meglio (come dovrebbe essere in tutte le fiere) ristorante che poi serva anche da stand (non si vive mica di solo turismo). “Paciata” (davvero). Ciccioli (o grattoni o zeppole o zizulèin dipende da dove li mangi); Coppa, Squaquerone (con ovvia…) Piadina (o Piè o …anche lì, su come chiamarla, dipende dove la mangi, e in base allo spessore puoi essere nel forlivese o nel ravennate), Prosciutto (o Porsùt, Parsòt o…l’importante è che sia tagliato a mano e grazie alle dita prensili mangiato con le mani, in gusto guadagna il 26% ); Crespelle, Parmigiano (o Forma, detto anche Grana); Salami (tra cui Strolghino di Zibello, piccolo salame fatto con carne del Culatello); Lambrusco, Sangiovese. “Paciata”, già detto, ma quando è grande va detto due volte, perché è fin dalla prima edizione della Bit che i Dolcini – lui il Vanni dirige il traffico dei morti di fame, nel senso di affamati e ce credo, vedendo quella roba in bella mostra, lei la Lina a sorridere agli invitati – ti fanno andare in tilt la bilancia e “vabenecosì”, perché con tutto il rispetto per quel che dice il Responsabile del Vaticano, la spiritualità sarà anche una bella cosa, ma allora perché a una certa ora lo stomaco si allunga? Hic!). Romagna mia, Romagna in Fiore; tu sei la Stella ….