Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

La Domus dei “Casti Amanti”

L’ultimo scavo effettuato nell’area archeologica di Pompei è stato trasformato in un cantiere aperto al pubblico. Una visita unica nel suo genere, che rappresenta un vero e proprio viaggio nel passato della città viva e pulsante, ignara della minaccia del vulcano e del proprio destino

I messaggi del servo alla padrona

Il giardino e il triportico
Il giardino e il triportico

Il percorso della visita scorre lungo passerelle che consentono una vista dall’alto dei vari ambienti dello scavo, per poi scendere al livello del suolo, dove insistevano il giardino e il laboratorio della panetteria. Il giardino è circondato da un triportico interamente ricostruito con le pietre e le tegole poste con rigore scientifico nella posizione esatta in cui si trovavano quasi venti secoli fa. Su alcune colonne sono presenti dei graffiti, dei messaggi che un servo lasciava alla padrona di casa per informarla dei compiti svolti. Dei veri e propri “post-it” dell’antichità che alla lettura mostrano le differenze tra il latino letterario che si studia a scuola e la lingua parlata, che tende alla semplificazione dei casi e dei generi.

Il giardino su cui affaccia il triportico riproduce con immensa fedeltà quello che gli abitanti della casa hanno visto fino a quel drammatico agosto del 69. Lo scavo ha fatto rinvenire pollini e tracce vegetali che hanno permesso di accertare quali varietà di piante fossero coltivate e di reimpiantarle nello stesso posto. Non solo: lo scavo ha messo in luce dei piccoli fori diagonali nel terreno che si disseminavano in maniera ordinata sul piano di calpestio. Le tracce di una palizzata realizzata con sottili canne, un decoro in voga che appare anche in alcune pitture dell’epoca. Lo studio delle tracce, unito alle informazioni delle pitture, ha permesso di realizzare lo stesso impianto, che conferisce al giardino e alle architetture che vi si affacciano un impressionante tocco di realistica vivacità.

Antichi amori. A Pompei

Uno schermo riproduce i dettagli del restauro
Uno schermo riproduce i dettagli del restauro

Un primo esempio, un antipasto di come il cantiere archeologico aperto al pubblico permetta di conoscere dal vivo come si ricostruiscono gli eventi storici. “La visita alla Domus dei Casti Amanti è aperta a gruppi ristretti di persone”, spiega Fiori. “Una ventina di visitatori alla volta, per un percorso che richiede circa un’ora. Un’esperienza che arricchisce l’offerta degli scavi, alla quale è possibile partecipare previa prenotazione attraverso il sito web della Soprintendenza”. Una visita che mette insieme il lavoro concreto degli archeologi con le tecnologie moderne. Delle telecamere riprendono in diretta i dettagli degli esperti all’opera, per mostrarli su schermi posti lungo il percorso. Immagini che mostrano la polvere e le difficoltà che stanno dietro alla scoperta e alla ricostruzione di un frammento di mosaico, di un decoro, di un caratteristico affresco pompeiano.

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E’ proprio un affresco a dare il nome alla Domus e allo scavo. Si tratta di una delle scene di un ambiente tricliniare decorato, con una serie di motivi conviviali che, nelle intenzioni del committente, dovevano ispirare gli ospiti intrattenuti a banchetto. Quando la casa fu portata alla luce, gli archeologi furono colpiti dall’immagine di due innamorati che durante un banchetto si scambiavano caste effusioni. La scena riproduce un convivio estivo sotto una tenda, nel quale due giovani uomini si accompagnano a delle etére, delle cortigiane di classe. Una scena non priva di ironia. Al centro del dipinto si vede, infatti, un terzo uomo armato di bastone, probabilmente il padre di uno dei giovani adirato per come il figlio dilapidava le ricchezze di famiglia.

Dal cielo, il cataclisma finale

Dalle passerelle lo sguardo cade sulle macine
Dalle passerelle lo sguardo cade sulle macine

Lungo una parete, gli archeologi hanno lasciato intatti i vari strati di depositi che hanno avuto ragione dell’edificio e, probabilmente, della gente che lo abitava. Una sorta di cronaca momento per momento dell’eruzione che è durata varie ore. Prima la pioggia di ceneri e lapilli, poi l’incandescente ondata piroclastica che ha sventrato le mura e percorso la città come uno tsunami e, infine, il sisma che ha seguito la fase più acuta dell’eruzione. Un monumento reale e impressionante di quel cataclisma, quasi un simbolo senza tempo della precarietà dell’esistenza e delle costruzioni umane.

Al di là del fascino di entrare in un cantiere archeologico, al di là dei supporti multimediali che in vari punti del percorso informano il visitatore, al di là ancora delle meravigliose pitture, il fascino di questo posto e di tutta Pompei, è proprio nell’essere specchio dell’umanità, soprattutto quella spicciola e per questo più capace di rappresentarci. Un esempio? Sulla parete della panetteria sono presenti dei graffiti. Appunti, magari conti e note di pagamento dei clienti più assidui e meno ricchi. Una contabilità minimale, certamente più umana delle luci al neon e dei registratori di cassa dei nostri supermercati. Tracce di storie di uomini e donne a noi sconosciuti, ma vicini nella loro fragilità, di fronte allo scorrere del tempo e alla potenza della natura. (10/03/10)

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