Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

Il “mare” lombardo fra storia e leggenda

Uno specchio d’acqua paludosa di epoca romana. Il Lago Gerundo pare si sia originato con il ritiro dei ghiacciai nel Pleistocene e con le esondazioni dei fiumi Adda, Serio e Oglio. La sua scomparsa invece è accreditata alle opere di bonifica dei monaci cistercensi

Il drago che emerge dalle acque lacustri
Il drago che emerge dalle acque lacustri

Fino al XII secolo le province di Milano, Lodi, Bergamo e Cremona ospitavano un ampio bacino d’acqua, detto Gerundo. Ancor oggi si trovano nel territorio testimonianze tangibili di questo lago paludoso, mentre nell’immaginario della gente permane memoria del leggendario drago Tarantasio che qui viveva.

Pur rimandando in maniera istintiva a una forma verbale che indica contemporaneità d’azione, con la sua storia il Gerundo esemplifica la fragilità e la volatilità di ciò che a noi appare immutabile, come un lago o un mare. Per quanto nel terreno lombardo rimangano tracce della presenza di questo ampio specchio d’acqua paludosa, come ad esempio tratti scoscesi di terra che parrebbero indicare l’antica presenza di un bacino idrico, oggi risulta difficile credere che tra le province di Milano, Lodi, Cremona e Bergamo si estendesse un lago tanto imponente da venire spesso citato, nelle cronache storiche, come “mare Gerundo” (anche se, molto probabilmente, tale definizione deriva in realtà dal termine tardo latino “mara”, che significa per l’appunto “palude”).

I primi accenni al lago Gerundo risalgono all’epoca romana (se ne fa riferimento, ad esempio, nelle opere di Plinio il Vecchio) ma le descrizioni più dettagliate si hanno nel periodo medievale, negli scritti dello storico del VII secolo d.C. Paolo Diacono e di altri cronisti dell’epoca. Originatosi con tutta probabilità in seguito al ritiro dei ghiacciai durante il Pleistocene, il Gerundo si formò al di sopra di un’ampia zona ghiaiosa grazie alle esondazioni dei fiumi Adda, Serio e Oglio. Il lago, che già a partire dal XI secolo d.C. andò riducendosi di estensione, si prosciugò definitivamente nel corso del XII secolo d.C. Tra le cause più accreditate di questa “misteriosa” scomparsa, vi sono le ingenti opere di bonifica intraprese dai monaci cistercensi, benedettini e cluniacensi prima e dal comune di Lodi poi.

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Biscioni, storioni, coccodrilli: tutti insieme nel Gerundo

Il biscione dello stemma dei Visconti
Il biscione dello stemma dei Visconti

Sorge spontaneo chiedersi da dove tragga origine la leggenda del Tarantasio. Una spiegazione può venire in parte dalla natura paludosa delle acque del Gerundo: in molti casi, nei secoli passati, le esalazioni mefitiche e la diffusione di particolari malattie erano attribuite al fiato di bestie immonde, come ad esempio il basilisco, responsabile secondo le credenze popolari di avvelenare le acque dei pozzi.

Ecco che allora, per spiegare la diffusione della malaria in area padana, le credenze popolari chiamarono in causa il fiato pestilenziale del Tarantasio. Secondo il cripto-zoologo Maurizio Mosca (autore, tra gli altri, del volume “Mostri dei laghi”, edito da Mursia) inoltre, le leggende sul drago potrebbe essere state fomentate dalla presenza nel Gerundo di storioni di eccezionali dimensioni, in grado per la loro conformazione anatomica di essere scambiati per grossi biscioni, o di coccodrilli importati da terre esotiche che, secondo alcuni documenti, erano poi sopravvissuti nelle acque del fiume Serio (a sostegno di questa teoria vi sarebbe uno scritto del 1954, secondo cui presso la chiesa di Ponte Nossa (BG) era custodito un coccodrillo impagliato lungo tre metri).

In mezzo al lago, l’isola di Crema

Dove si trovava il lago Gerundo
Dove si trovava il lago Gerundo

Più che un vero e proprio lago, è probabile che il Gerundo fosse un insieme di paludi e acquitrini collegati dalle frequenti esondazioni dei fiumi circostanti. Ma come detto, questo bacino insalubre compensava la scarsa profondità (le sue acque non scendevano al di sotto di una decina di metri) con un’estensione ragguardevole. Pur essendo difficile tracciare dei confini precisi, nel momento della sua massima ampiezza il Gerundo è arrivato a spingersi da Brembate (BG) a nord fino a Pizzighettone (CR) a sud, lambendo con le sue acque la città di Lodi a ovest e Grumello Cremonese (CR) a est. Al suo interno, il lago conteneva una lunga striscia di terreno, detta isola della Mosa prima e Fulcheria poi (anche se, nonostante il nome, è possibile che in alcuni punti questa fosse collegata con la terra ferma), sulla quale in un periodo compreso tra il IV e il VI secolo d.C. fu edificata Crema (CR).

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Testimonianze storiche del lago Gerundo – il cui nome sembra derivare dal termine latino “glarea”, che significa “ghiaia”, di cui come detto la zona era particolarmente ricca – rimangono nella toponomastica di molti paesi della zona, come ad esempio Fara Gera d’Adda (BG), Brignano Gera d’Adda (BG) o Casei Gerola (PV). O, in maniera ancora più esplicita, nei nomi di vie o piazze, come ad esempio a Zelo Buon Persico (LO), dove si trova tutt’oggi una piazza Lago Gerundo. Ma nell’immaginario e nei luoghi della pianura padana, ancor più che del lago Gerundo, sono rimaste le tracce di un suo antico abitante, ovvero il Tarànto, Tarantasio o Tarando, un leggendario drago acquatico che ne avrebbe infestato le acque sino al suo prosciugamento. Proprio da questa mitologica creatura prenderebbero il nome Taranta, frazione di Cassano d’Adda (MI), così come le numerose vie della Biscia site nei paesi che all’epoca si ritrovavano lungo le coste del lago (per quanto oggi molte di queste strade abbiano mutato nome). Ma una testimonianza ancor più tangibile, in tutti i sensi, la si aveva a Calvenzano (BG), dove gli abitanti del luogo avevano eretto un muro alto tre metri per difendersi dagli attacchi del mostro.

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