La Planargia è la subregione più settentrionale della Provincia di Oristano. È larga una quindicina di chilometri e lunga una trentina. Si estende dalle rosse colline interne al mare. Bosa è il centro più importante. Arrivarci al tramonto dalla Statale 129 che proviene dall’interno dell’Isola è uno spettacolo stupendo. La luce calda e radente delle ultime ore del giorno accende i colori delle case. Bosa è una tavolozza da pittore: giallo, rosa, bianco, azzurro, verde… si riflettono nel nastro blu del fiume Temo (l’unico navigabile della Sardegna) il quale divide la parte antica dalla zona delle concerie, fabbricati grigi, uniformi ed anonimi ormai abbandonati. Alcune di queste case sul lungofiume sono state trasformate in “Albergo diffuso” ovvero gli appartamenti ormai disabitati sono utilizzati come stanze d’albergo.
Corso Vittorio Emanuele II è la via principale parallela al lungofiume, il cuore della cittadina dove si affacciano le case più signorili: da qui partono le stradine che si innerpicano sulle pendici del Colle di Serravalle attraversando il quartiere Sa Costa fino al possente castello del XII Secolo con le sue mura, la sua alta torre maestra a pianta quadrata e la cappella palatina tutta affrescata. Questa zona è il centro storico. Di notte l’illuminazione artificiale crea giochi di ombre e di luce nel dedalo dei vicoli, delle scalinate e delle case strette l’una con l’altra. Qui ci sono alcuni ristoranti, come il tradizionale Borgo Sant’Ignazio, che offrono le due specialità bosiane: l’aragosta e il vino Malvasia. Bosa ha anche un’antica tradizione artigianale: le donne per i lavori al filet (l’uncinetto), gli uomini per la lavorazione dell’oro e argento sotto forma di filigrana e per il corallo.
Vini da museo a Magomadas
A pochi chilometri da Bosa, passata Bosa Marina, la frazione “balneare” della cittadina, si sale verso Magomadas. Gran parte del territorio comunale è costituito da vigneti, e qui è stato creato il Museo del vino della Planargia che funge anche da enoteca. Sono vini potenti che spesso raggiungono i 14°. La Malvasia di Bosa DOC è il più famoso; ha una produzione molto limitata, è un bianco di colore paglierino con riflessi verdognoli, se giovane, che diventa giallo oro tendente all’ambrato se invecchiato, dal profumo intenso e persistente.
Magomadas si trova in una splendida posizione panoramica, in collina a circa 250 metri d’altezza circondata da una bella campagna e a pochi chilometri dal mare. E a proposito di mare, se si osserva la cartina stradale della Provincia di Oristano si nota che non ci sono praticamente strade costiere. Ci sono naturalmente strade che raggiungono la costa ma la rete viaria principale corre lungo l’asse Nord-Sud ma all’interno.
La costa oristanese è piuttosto variata. A Nord si arriva a Capo Marragiu, con le sue alte scogliere di origine vulcanica (come quasi tutto il territorio oristanese) a picco sul mare dove il vento di Maestrale soffia spesso increspando la superficie dell’acqua. Scendendo verso sud è tutto un susseguirsi di ampie insenature sabbiose, calette e punte rocciose modellate dal vento e dall’acqua.
Le meraviglie del golfo
Infine c’è il Golfo di Oristano che ha la forma di una goccia con la punta rivolta a sud ed è chiuso a nord da Capo San Marco e a sud da Capo Frasca. La costa ha vaste spiagge e un’ampia pineta mediterranea. L’entroterra era una zona paludosa bonificata inizialmente nell’800 e poi durante il Fascismo e si percepisce l’opera di bonifica dalla regolarità dei terreni e delle strade squadrate.
Non tutto, però è stato prosciugato. Sono rimasti alcuni cosiddetti “Stagni”: Pauli Maiori, S’Ena Arruba, Corru de S’Ittirì, di San Giovanni zone umide tra le più importanti d’Europa che si aggiungono agli stagni di Santa Giusta, Cabras, Is Benas, Mistras e Sale Porcus nella penisola del Sinis i cui confini sono a Sud la foce del Tirso e la grande ansa settenterionale del Golfo di Oristano e a nord la lunga spiaggia di Is Arenas, un Sito di Importanza Comunitaria per il grande valore ambientale.
Il territorio, per fortuna è ancora ben conservato anche se ci sono state polemiche ambientalistiche per la realizzazione di un campo di golf a Is Arenas, costruzione che è costata all’Italia una condanna da parte della Corte Europea di Giustizia del Lussemburgo per non avere adottato misure di salvaguardia con l’obiettivo di conservazione del Sito. Purtroppo come spesso avviene la condanna è più formale che sostanziale e in fin dei conti le conseguenze per lo Stato Italiano della perdita del processo sono state solamente il pagamento delle spese processuali.
Spiagge protette e tesori archeologici
Gran parte delle spiagge e delle lagune del Sinis sono zone naturalistiche protette, nel 1997 è stato istituito il Parco Marino, che comprende anche l’intero braccio di mare intorno alla penisola fino all’Isola di Mal di Ventre. A proposito dell’isola il nome curioso deriva dall’errata traduzione del nome sardo: “de malu entu”, che vuol dire: “del vento cattivo” perché soffia capriccioso da Maestrale rendendo difficile la navigazione.
Il fatto che le spiagge siano protette non significa che non siano accessibili. Anzi! Le pochissime strade costruite sul Sinis portano appositamente a queste spiagge: quella di Mari Ermi si trova nell’omonima località sotto Capo Sa Sturaggia, nel comune di Cabras a una quindicina di chilometri dal centro abitato. È molto famosa perché l’arenile è composto da una miriade di granelli di quarzo bianco brillante, e la sabbia è finissima e di un color ocra. Sempre nel comune di Cabras, anche Is Arutas, poco a sud di Mari Ermi è famosa per la particolarità della sabbia, composta da piccoli granelli di quarzo tondeggianti, con sfumature di colori che passano alternandosi, dal rosa, al verde chiaro e al bianco.
Il sito di Tharros detto la mamma di Oristano
Proprio sulla punta del Sinis, San Giovanni era famosa un tempo per le tipiche baracche dei pescatori costruite in legno e giunco.
Ormai ne restano poche che si possono vedere lungo la strada. Ma sempre a proposito di vedere… Tharros. È la “mamma” di Oristano, nel senso che le pietre di questa antica città portuale, fenicia prima e romana poi, furono utilizzate attorno all’anno 1.000 d.C. per costruire l’attuale capoluogo in posizione più interna al sicuro dalle scorrerie dei pirati saraceni.
Duemila anni circa è durata la parabola di questa città le cui rovine, da altri mille anni, guardano il mare azzurrissimo da dove provenne il suo inizio e la sua fine.
Oggi è un sito archeologico distante una decina di chilometri a ovest di Oristano.
Gli effetti della bonifica
Immediatamente a Sud del capoluogo si vede uno dei capolavori dell’arte e dell’architettura in Sardegna: la Basilica di Santa Giusta, nel comune omonimo, costruita all’inizio del 1100 da maestranze pisane, lombarde locali e arabe. Il risultato è una miscela di stili che sul romanico originale hanno impiantato i ricordi delle origini dei costruttori.
Da qui si estende il Campidano, l’ultima delle quattro subregioni dell’oristanese. Una pianura fertile, piantumata e ricca d’acqua resa tale dai lavori di bonifica terminati nel 1928 con la fondazione di Mussolinia, oggi Arborea, interessante esempio di architettura dell’epoca con viali e strade spaziose e palazzi in stile Liberty e Neogotico.
Arborea, si può considerare il capoluogo della bonifica, è situata proprio nel mezzo e qui c’è un interessante museo che racconta di come furono fatti i lavori ed espone i reperti punici, romani e altomedioevali trovati durante la bonifica.
I regni di Arborea e Oristano
Il nome attuale del paese ci riporta indietro nella storia ai tempi della famosa Eleonora d’Arborea. Dopo qualche secolo di incertezze dovute alla caduta dell’Impero Romano, verso il VII Secolo d.C., in Sardegna si svilupparono quattro cosiddetti Giudicati, dei veri e propri regni indipendenti. Questa zona ricadeva in quello appunto di Arborea e Oristano fu fondata per diventarne la capitale. La “Nostra” Eleonora fu figlia del Giudice Mariano IV e promulgò la famosa Carta de Logu, uno dei primi esempi di Costituzione semidemocratica che rimase in vigore da circa il 1400 (Eleonora muore nel 1404) fino addirittura al 1827.
Marceddì e Terralba sono i due comuni più meridionali della bonifica. Il primo è un borgo di pescatori immerso in un ambiente molto ben conservato con lo stagno omonimo. Il secondo, invece è importante come centro agricolo e per i suoi vini.
Siamo ormai giunti alla fine del nostro giro dell’oristanese. Da Torralba, si volge lo sguardo ad Est, sullo sfondo i contrafforti del Monte Arci e la parte collinare del Campidano oristanese con le sue coltivazioni di arance, olive e vite in pochi chilometri ci si immette sulla Carlo Felice all’altezza di Uras, per poi tornare verso Cagliari. (leggi anche la prima puntata del servizio: Ho scoperto la Vera Sardegna)
Link utili
Oristano: www.oristanowestsardinia.it
Antica Dimora del Gruccion: www.anticadimora.com
Fordongianus: www.forumtraiani.it
Nuraghe Losa: www.nuraghelosa.net
Albergo diffuso, Bosa: www.hotel-bosa.it
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