Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

La Ministra e le minestre del Gualtiero

Lodevole iniziativa della Ministra del Turismo per promuovere il “Made in Italy” della tavola. Luogo di prestigio, cuoca d’eccezione, ma cucina per pochi eletti. E per il resto dei turisti? Caccia sfrenata alle “tipicità” regionali

Il Ministro Brambilla a scuola da Gualtiero Marchesi
Il Ministro Brambilla a scuola da Gualtiero Marchesi

Mi chiama il Ricciardi, demiurgo di Mondointasca, e mi fa “Vai alla conferenza stampa della ministro Brambilla sulla Riforma della Ristorazione; c’è anche il Gualtiero Marchesi”. Io gli rispondo “Ci vado”, non senza ringraziarlo per lo scoop affidatomi. Confesso poi, e preciso, che la gratitudine non era tanto dovuta per una scontata sbafatina presieduta dal divino Gualtiero, quanto per l’appagamento di una sorta di morbosa curiosità.

Avrei infatti potuto ammirare, ‘de visu’, non più in foto né in tivù, l’onorevole Michela Vittoria Brambilla, “mia” (bazzico o no nei viaggi da più di mezzo secolo?) ministro del Turismo (ah, inciso sul busillis creato da quel buontempone che inventò le Quote Rosa: il ministro o la ministra? mah, facciamo che va bene qualunque scuola di pensiero, salvo ‘il ministra’).

Chioma rossa, risotto giallo

La Ministra e le minestre del Gualtiero

Già, come i fedeli vanno a Lourdes e/o a Medjougorie a riverire la madonna, io mi sarei recato al milanese Palazzo Visconti non solo ad ascoltare ma pure a ‘veder apparire’ la Brambilla! Da tempo la ammiro, onnipresente su giornali e tivù (sempre però lontana, chapeau! da Nani e Ballerine contornanti il suo Deus ex Machina), attratto da quella sua ramatissima chioma che pare la reclàm dell’Oreal (e che leggiadria nel farla ondeggiare con nonchalance come negli spot della Garnier; ultimamente, sul banco del Governo oltre a nascondere alla tivù il volto del Lìder Maximo ne ha svilito le tonalità del toupet peldicarota). Per non parlare, poi, di quel suo sempiterno sorriso, che non sai mai perché sorride oppure sorride solo senza perché (ad esempio ‘per pierre’). E non si interpreti come critica (vabbè, una chioma un filino meno technicolor forse non guasterebbe) e tanto meno lesa maestà quanto commento a proposito della Massima Autorità di quel ‘mundillo’ del Turismo a me tanto caro.

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Care, vecchie, “tipicità” italiane

Pasta e fagioli
Pasta e fagioli

Va bene rafforzare il turismo con una campagna informante “come si mangia in Italia”. Ma in Italia non si mangia “come” nei ricchi Templi dalla Haute Cuisine benedetti dalla ministro/a. In Italia si mangia in ‘normali’ ristoranti, trattorie, osterie, bar e tavole calde, non ammannenti ricercati non meno che cari piatti di megachef, bensì ‘normale’ cucina italiana. Quindi normali ‘tipicità’ cercate dallo straniero, tipo pasta e fagioli o brodetto, tajadèl doc o pajata romana, abbacchio al forno o risi e bisi, tiella pugliese o fritto misto piemontese, jota triestina o ribollita ecc. ecc. ecc. Cose (da mangiare) e posti (in cui mangiare) ‘al giusto costo’ dove possa, può andare la maggioranza dei visitanti il Belpaese (e i belpaesani in viaggio).

E invece cosa ti inventa la “ministro/a col grembiule”?

Ti inserisce nel Made in Italy Gastronomico un Areopago di ristoranti ultrachic in cui un tizio (sempre che non sia ‘sciur’ o amico di faccendieri o mangi a spese aziendale, una fetta assai bassa del popolo italiano) andrà a sfamarsi solo dopo aver ottenuto dalla sua banca un mutuo della madonna (bevande non comprese).

Perché dai ristoranti presentati dalla Brambilla si esce con lo stomaco mezzo pieno (fa fino servire porzioni lilipuziane) e con (minimo) un paio di centoni in meno (a proposito, perché mai gli addetti ai lavori danno i prezzi, di tutto – alberghi, aerei, ombrelloni, autonoleggi, musei – ma raramente, recensendo un ristorante, forniscono il costo di un pasto? L’impresa non sarebbe poi così ardua, basta dividere a metà la somma del meno e del più caro dei primi e dei secondi, e il conto, almeno indicativo, è fatto).

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