Venerdì 19 Aprile 2024 - Anno XXII

La bella sosta

Ci sono le soste fisiche: seduti su un paracarro, sull’uscio di casa, sull’ultimo gradino di una scala. E ci sono le soste mentali: tantissime, quando si vuole, dove si vuole, per “ripassare” mentalmente le bellezze del mondo e della gente. Sono soste più impegnative, queste, ma lasciano le sensazioni migliori

La bella sosta

I pomeriggi di ottobre-novembre si prestano sommamente al concetto di sosta. Certo uno non può marcare visita al lavoro né inventarsi implausibili scuse per non attendere ai propri doveri, ci mancherebbe; ma in due mesi capiterà pure che uno abbia un pomeriggio libero. Altrimenti, se proprio non capita, bisogna farlo capitare, perché vedere il mondo non serve a niente, se non si passa un pomeriggio sdraiati a far imprimere i ricordi di qualsiasi natura, compresi quelli di viaggio.

Ho visto più cose dallo scorcio della mia finestra che in qualsiasi altro posto del mondo. A dire il vero ho visto il mondo intero passare da quello spigolo di realtà che si vede dal mio letto. Ho rivisitato mostre, musei e città intere. Il mondo è così: se non ti muovi mai da casa non lo vedrai mai, ma se lo giri e lo rimiri senza farlo sedimentare da casa non ti resta alcuna immagine.

Quest’anno “ho fatto”; l’anno prossimo “non farò”…

La bella sosta

Lo scorcio in sé non ha molto senso, è solo un pezzetto di muro e strada, con due rami e mezza finestra con una tenda di colore discutibile, che devo aver comprato in un momento di obnubilamento. Ma anche la tenda ha il suo perché. Non mi vergogno di essere un viaggiatore che ha bisogno di fermarsi un attimo per capire dove è stato esattamente. Non mi piace l’utilizzo del verbo fare al posto di andare, quel dire cose tipo “quest’anno ho fatto il Messico, l’anno prossimo faccio l’Egitto”. Questo modo di esprimersi implica un atteggiamento esistenziale scorretto nei confronti dei luoghi, come se essi non esistessero prima del nostro passaggio e li facessimo noi. Chi parla così non li guarda con l’ammirazione che meritano, non si lascia compenetrare dalla loro bellezza, non li rimugina. Si illude soltanto di crearli, e invece appena li lascia li perde. Diciamo che non si può diventare coscienti di alcuna esperienza di viaggio passata, senza il momento leopardiano dell’osservazione lontana e astratta non delle foto, dei filmini o dei souvenir, ma dell’immagine mentale di ciò che si è visto. Il mondo, per chi vuole, è davvero in ogni scorcio. (02/11/2011)

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