Ceviche, Caballitos e piccoli Musei. C’è tutto, a Trujillo
Nel recente passato, oltre all’accennata bellezza cittadina, le sirene della Trujillo turistica hanno tentato il potenziale visitatore anche con: il folclore (è di questa regione una bella danza –e con i balli chi scrive non è tenero, gli sembrano tutti uguali, la Marinera); la gastronomia (facile marinare il prelibato, non meno che abbondante pesce della costa e ottenerne il magnifico Ceviche); e con gite balneari nella vicina Huanchaco; sulla spiaggia, qualche foto ai Caballitos de Totòra (trimillenarie canoe, ben in vista sul lago Titicaca, allestite intrecciando la canna ‘schoenoplectus californicus’).
Ma con tutto quel ben di dio turistico situato nel sud del Perù (Macchu Picchu, un nome una garanzia, eppoi quell’intrigante mistero di Nazca) Trujillo aveva un bel da fare la ‘reclàm’ per guadagnarsi visitatori. Il ‘Casco antiguo’, la Marinera, i Caballitos, il Ceviche, il bel mini museo di Moche (inaspettatamente trovo e acquisto un ottimo azafràn-zafferano) vabbè; tutti posti piacevoli, ma per sfondare nel turismo gli ultimi arrivati devono ormai sapere estrarre dalla manica una carta vincente. E Trujillo c’è riuscita. Grazie alla storia. Ma non quella suesposta, di Pizarro, Conquistadores, Carlos V, indipendenza (e ci furono pure le guerre col non amato Cile). No, Trujillo ha ultimamente scoperto (termine giusto, si parla di archeologia) la storia precolombiana e per far conoscere tanto importante offerta culturale ha istituito (adesso ho capito tutto!) la Feria del Turismo mèta del mio complicato viaggio.
Tanta “Carretera”, fra oceano e deserto
Superfluo precisare che se la mia curiosità per Trujillo (ma dov’era mai? quant’era grande? cosa ci faceva lì una fiera del turismo?) aveva già raggiunto buoni livelli prima di lasciare casa, durante il citato sballottamento in aereo, taxi e bus si andava via via trasformando in un morboso desiderio di sapere, capire.
Ma come d’obbligo in ogni indagine, si cominci con un identikit del Genius Loci. Percorsi 561 chilometri dell’infinita non meno che mitica Carretera Panamericana (chi prosegue, dopo l’Ecuador e la Colombia, si ritrova in Alaska passando per ecc. ecc. ) e aver ammirato a sinistra il Pacifico e a destra un grigio deserto pre-andino interrotto da poche coltivazioni e tanti allevamenti di polli (ma quanti ne mangiano in quel Paese?) eccomi a Trujillo, 682.834 abitanti (Calendario Atlante De Agostini 2012, la mia bibbia), quindi terza città del Perù (dopo Lima e Arequipa) e capitale della provincia La Libertad. Oltre a non sbagliare definendosi ‘historica’ (è più ‘antica’ di Lima) Trujillo potrebbe pure affibbiarsi (come tante località spagnole) il titolo di “muy noble” perché la fondò (dandole il nome della nativa località extremeña) Francisco Pizarro, divenuto Marquès (mi sembra giusto, con tutto l’oro e l’argento che mandò in Spagna) per volere di Carlos V. Una paternità nobile, pertanto, ma anche plebeo-proletaria perché, prima di vantare i magnanimi lombi concessi dall’Emperador, il citato Conquistador fu analfabeta guardiano di porci (roba da Premio alla Carriera, ma a quei tempi era tutto più facile, l’America era ancora l’America).