Lunedì 25 Novembre 2024 - Anno XXII

Caccia all’Orso

Il simpatico plantigrado, per fortuna non c’entra niente. L’Orso di cui si parla è il santo al quale è dedicato uno dei più antichi mercati d’Europa, a fine gennaio nel centro di Aosta

I tradizionali
I tradizionali “sabot” di legno. Foto: Enrico De Santis

 

C’era un tempo in cui perfino la Groenlandia era ricoperta di verde e il momento più freddo dell’anno durava poche settimane. Un tempo felice quando a fine gennaio, nelle valli alpine i contadini cominciavano già a pensare ai loro lavori e a procurasi gli attrezzi necessari e per farlo convergevano al mercato più importante sulla strada che valicava i passi e collegava il mare alla lontana Iperborea… Questa “storia” potrebbe essere la storia della più che millenaria Fiera di Sant’Orso di Aosta, il motivo per cui si tiene in mezzo alle montagne, nel cuore dell’inverno e della sua specializzazione nei prodotti artigianali. L’optimum climatico c’è stato veramente tra il 750 e il 1550 e la nostra fiera ha avuto più di mezzo millennio per crearsi la sua meritata fama. Troppo bello per durare, infatti da allora sino all’’800 è seguita una mini glaciazione che, di fatto l’ha bloccata fino a un nuovo miglioramento climatico a metà del XIX secolo che ha permesso di riprenderla ufficialmente.

Da mercato degli attrezzi agricoli a fiera di artigiani e artisti

Gli antichi mestieri delle donne. Foto: Enrico De Santis
Gli antichi mestieri delle donne. Foto: Enrico De Santis

Con la rinascita della Foire, è anche aumentata l’offerta dei prodotti in vendita. Inizialmente, durante i tre giorni di mercato, si vendevano e compravano gli oggetti necessari alla sopravvivenza, come le suppellettili per la casa, tipo: culle, scodelle, pestelli, taglieri e posate o gli attrezzi agricoli tipo rastrelli, scale, botti cesti, i piccoli carri detti Charrabanques che i valligiani realizzavano durante le giornate invernali quando non si poteva lavorare nei campi. Poi, man mano che l’industria offriva i suoi prodotti, gli attrezzi agricoli lavorati a mano perdevano di concorrenzialità, sono comparsi sui banchi altri oggetti, come la famosa “Grolla”, la coppa valdostana con numerosi cannelli usata per bevute in gruppo; un oggetto che la tradizione vuole addirittura legata al mitico Santo Graal dei cavalieri di Re Artù. Oltre alla grolla compaioni i giocattoli in legno, oggetti per la casa, sculture in legno e pietra, oggetti in ferro battuto, le stoffe tessute a mano sui telai di Champorcher e Valgrisenche e i preziosi merletti a tombolo di Cogne.

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Un aiuto ai visitatori

Grolle lavorate a mano. Foto: Enrico De Santis
Grolle lavorate a mano. Foto: Enrico De Santis

E proprio per consolidare e tramandare le tradizioni, la Regione ha creato l’Istituto valdostano per l’artigianato di tradizione (IVAT) e il Museo dell’Artigianato Valdostano (MAV). In quet’ultimo c’è anche una sezione dedicata proprio alla Fiera di Sant’Orso dove sono in esposizione immagini e suoni che identificano la fiera millenaria, con tutti i suoi colori e rumori. La 1.013ª edizione della Fiera si disputerà dal 29 al 31 gennaio negli spazi tra via Sant’Anselmo e via Porte Pretoriane e nell’Atelier Arts et Métiers di Piazza Chanoux dove sono ospitati gli artigiani più virtuosi. Durante la lunga notte bianca tra il 30 e il 31 gennaio, la veillà, nelle cantine delle vie del centro storico si tengono banchetti con canti e balli fino alle prime luci dell’alba. Per aiutare i turisti a scoprire i segreti di questa fiera millenaria, il Turismo della Valle d’Aosta ha creato un pacchetto turistico che prevede la figura del “Personal shopper”, una sorta di guida storico-turistico-artigianale incaricata di accompagnare gruppetti di sei persone, alla scoperta del MAV, delle bellezze di Aosta e dei migliori artigiani-artisti che espongono in fiera.

(11/01/2013)

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