Il cibo, una grande passione
Ma torniamo a un altro Grande (di … Spagna) in ‘sto caso non della musica o del cine bensì della Cucina, il già lodato Ricard Camarena. Che ai fortunati convocati da Leticia, Amaya ed Eva ha proposto: Insalata di Tarantello e Sesamo – Nasello (che in spagnolo sarebbe quella Merluza che nei menu poco piace alle signore bene italiane) – Risotto Margherita – Scapola di Capretto – Caffè con gelato al latte affumicato (certe diavolerie mica le fa soltanto Ferran Adrià) con burro e noci di Macadamia (p.f. non mi si chiedano dettagliate descrizioni e tanto meno analisi delle leccornie, rovinerei tutto).
Superfluo infine precisare che nel “Laboratorio” nonché ristorante de La Cucina Italiana a presiedere (dicono in Spagna) questa balda kermesse palatale valenciana è stato Ignacio Angulo, Direttore del Turismo Spagnolo nel Milanesado, (un eroe: commensali a tavola, ha dovuto sopportarmi no stop per tutta la durata della cena) e la Maite (soprannome che agli scribi da lei assistiti dice già tutto) brillante traduttrice del Verbo di Ricardo.
(11/03/2013)
Ricard Camarena un vero chef all’opera
Gassman e Tognazzi a parte, avevo proprio bisogno di vedere un vero chef all’opera. Beninteso in una esibizione seria, mica quella – ahilui presente il qui scrivente – in cui Marchesi e la allora ministra del Turismo Michela Vittoria Brambilla ammannirono un risotto tanto per promuovere l’enogastronomia del Belpaese (per la cronaca, non trattavasi, fortunatamente, del risottino con foglioline d’oro, non ricordo di quanti carati, da poco inventato dal divino Gualtiero, robb de matt). Fin quando, un bel giorno, ho coronato i miei sogni culinari vedendo all’opera – e più de visu di così non si poteva, dopodiché l‘ho pure intervistato – lo Chef Ricard Camarena.
Demiurghe, artefici della realizzazione della mia quasi utopica speranza, le tre chicas, Leticia, Amaya, Eva, del Turismo de Valencia, vere e proprie hadas/fate ogni qual volta capito nella a me cara capitale del Levante. Un amore, il mio per Valencia, che non urlo per mercenariamente sdebitarmi della cena dapprima elaborata (e ridai col) de visu eppoi (faltarìa mas/ci sarebbe mancato altro!) proposta da Ricard al nostro paladar/palato. No, Valencia mi piace proprio, e non solo per i suoi must turistici. Che, non trattandosi di bellezze, fenomeni naturali, i valencianos si sono dovuti costruire da soli, uno alla volta, con mediterranea perseveranza: la Città delle Arti e delle Scienze; il Porto rifatto e ripittato per sport, tipo la F1 e la Coppa America, facenti notizia nonché attiranti turisti, tanti e ricchi; l’Ivam (Arte Moderna); la Lonja de la Seda (mica per caso Patrimonio dell’Umanità) e il vicino Mercato premodernista (lì intorno tanti i posti in cui mangiare, anche se Ricard Camarena resta el mas grande).