Il Tour operator, misconosciuto o sconosciuto?
Che il tour operator tradizionale sia in crisi lo dimostrano i numeri che segnano una caduta verticale ed è un fatto noto. La domanda, allora, è: perché? Oltre al fattore prezzo, sempre più importante in momenti di contrazione dei consumi, la risposta è, forse, in quell’11% degli intervistati che ha dichiarato esplicitamente che non si serve dei tour operator perché ritiene che la propria organizzazione personale sia migliore dei viaggi organizzati. E non vale, come si potrebbe pensare, la distinzione in fasce d’età tra i più giovani e smaliziati, in grado di districarsi su Internet e di realizzare così un “turismo fai da te”, perché se da una parte questo è valido per il 10,3% degli Under 25%, il dato è praticamente simile (10%) per gli over 55. Se poi sommiamo anche le opinioni di coloro che reputano inutili, incapaci di creare esperienza oppure non originali i servizi dei tour operator saliamo a un dato medio del 17%, quasi equamente suddiviso per fasce d’età (16,5%/17,2%). Drammatico il dato sulla notorietà dei nomi. Una domanda richiedeva agli intervistati di indicare i nomi di tre t.o., ebbene meno della metà (48,9%) sono stati in grado di dare i tre nomi e l’11% non è riuscito a ricordarne nemmeno uno. In totale sono stati citati 872 nomi di tour operator, mediamente poco più di due a testa. Significativo il fatto che i nomi emersi siano quelli di coloro i quali hanno maggiormente investito in pubblicità al consumer. Evidentemente l’”Ahi ahi ahi! No Alpitour” ha fatto effetto visto che il brand è stato ricordato dal 15,7% degli intervistati e perfino un t.o. come “Il Ventaglio” che non è più operativo sul mercato da tre anni ma che fu ai suoi tempi molto aggressivo pubblicitariamente, ha ottenuto l’1,8% di risposte, più di tanti altri tour operator anche di nome. Inoltre si è rilevata una confusione tra gli operatori veri e propri e altri soggetti, come compagnie aeree o portali di prenotazione alberghiera eccetera che operano nel turismo ma si occupano di altro.
Le ricerche di mercato, si sa, seguono metodi scientifici estremamente sofisticati e complicati e i loro risultati sono generalmente molto accurati e precisi e fotografano perfettamente la situazione di un determinato segmento. Talvolta, però, anche studi meno significativi statisticamente sono utili a fare capire come siano le tendenze. È il caso di un’indagine condotta da un gruppo di studenti dell’Università Iulm di Milano e di altri centri di formazione coordinati dai professori Giorgio Castoldi e Roberto Lavarini, in collaborazione con Cartorange, un’azienda italiana di consulenti di viaggio, realizzata durante la BIT, la Borsa del Turismo che si è svolta lo scorso febbraio. La ricerca ha coinvolto 440 persone scelte casualmente tra i visitatori della fiera e tra altri individui delle più diverse età e categorie. Il gruppo più numeroso degli intervistati (36%) ha un’età compresa fra i 36 e i 55 anni e vive per lo più (64%) in centri piccoli anche se gravita in larga misura su Milano per lavoro o studio. Prevalgono (39%) i lavoratori dipendenti e si tratta di individui che per quasi due terzi (62%) leggono regolarmente una rivista o un giornale. Proprio per la sua casualità il campione non è significativo statisticamente ma fa emergere alcuni dati interessanti per il settore. Soprattutto per quanto riguarda l’immagine degli operatori professionali presso il consumatore.
Agente di viaggio e consulente
Se i t.o. piangono, gli agenti di viaggio non ridono. Nel 2012 il 54% degli intervistati non ha mai messo piede in un’agenzia di viaggio. Specialmente i giovani (62%). La motivazione che fa ritenere interessante il servizio delle agenzie di viaggio è (come per i tour operator) legata alla tranquillità, comodità, affidabilità, sicurezza del servizio, soprattutto per i più anziani. Questi fattori contano per il 62% delle risposte mentre la capacità professionale conta solo per il 16%. Tuttavia, al di là del fattore prezzo, per molti l’agenzia di viaggio non è in grado di soddisfare le esigenze del cliente sotto diverse motivazioni, tra le altre: la scarsa affidabilità (10%), la modestia dell’offerta rispetto a internet (3,6%), l’incapacità di capire le esigenze del cliente (4,2%) o la mancanza di professionalità e di preparazione (3,8%). Anche le associazioni di agenzie di viaggio non sembrano essere percepite come un valore e la maggior parte degli intervistati (42%) non ne conosce nemmeno una. Da qualche tempo esistono organizzazioni che si avvalgono di consulenti e promotori per vendere viaggi, siano essi da catalogo o organizzati su misura ma solo il 29% sostiene di conoscerne l’attività, il 33,6% ne ha sentito parlare ma non sa bene cosa facciano e il 37,4% ignora totalmente la loro esistenza. In conclusione la ricerca ha evidenziato una certta mancanza di comunicazione precisa e puntuale del mondo del turismo verso il pubblico e anche della potenzialità di nuovi strumenti di vendita.
(26/04/2013)