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Isole Dahlak

L’arcipelago del Mar Rosso eritreo formato dalle isole Dahlak si trova in un invidiabile stato di conservazione. Una natura allo stato puro, senza elettricità, clima quasi sempre torrido. Il mare uno dei più belli e incontaminati del mondo con pochi villaggi di pescatori. Giuseppe De Marchi, Giampaolo Montesanto e Guido Traverso a questa parte di Eritrea hanno dedicato il libro “Isole Dahlak”, edito da Erga Edizioni

La storia delle Isole Dahlak

Isole Dahlak

 

Sin dai tempi più remoti il Mar Rosso è stato canale di comunicazione per imbarcazioni che commerciavano i prodotti delle sue ricche coste o che, sospinte dai monsoni, si dirigevano fino in India per procurarsi le preziose mercanzie di quelle lontane terre. La storia delle Isole Dahlak, considerata la loro collocazione geografica, si intreccia inevitabilmente alle vicende militari e commerciali che per oltre quattro millenni interessarono l’antico Mare Erythraeum.

[…] Agatarchide di Cnido (II sec a.C.) e Artemidoro (II-I sec a.C.) furono i primi a descrivere le coste africane del Mar Rosso ed i loro abitanti denominati “trogloditi” e “ittiofagi”. Delle opere di Agatarchide e Artemidoro, andate in gran parte perdute, ci informa il geografo greco Strabone nella sua Geographia, composta nei primi anni dell’era cristiana, dove sono citati per la prima volta il porto di Elaia, probabilmente Dahlak Kebir, e una non meglio identificata isola di Stratone. Qualche decennio dopo anche lo storico romano Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) fa riferimento, nella sua Naturalis Historia, ad Aliaea (Elaia), all’isola di Stratone e ad Adulis.

Un invidiabile stato di conservazione

Isole Dahlak

 

Le Dahlak si trovano in un invidiabile stato di conservazione. Ciò è dovuto anche al ritardo nello sviluppo economico dell’Eritrea a causa della trentennale guerra di liberazione dall’Etiopia, terminata nel 1991, e al successivo conflitto per i confini tra il 1998 e il 2000. Alcuni anni fa l’installazione di una piattaforma petrolifera nelle acque dell’arcipelago, tra le isole di Dur Gaam e Dur Ghella, fu un segno tangibile che anche alle Dahlak i tempi stavano cambiando. Il petrolio non fu trovato, ma il bisogno di uno sviluppo produttivo è rimasto. Certo gli abitanti hanno sempre tratto dalle isole e dal mare che le circonda cibo e prodotti da commerciare. Il pesce è sempre stato pescato, tartarughe e dugonghi sono sempre finiti nelle reti e consumati, le uova degli uccelli marini sono sempre state raccolte per il consumo familiare, il legno delle mangrovie e delle acacie usato come combustibile, le capre hanno sempre brucato arrampicandosi anche sulle acacie, ma tutto è avvenuto in scala molto limitata e sostenibile per l’ambiente. Tutto questo è destinato inevitabilmente a cambiare, considerando il ruolo fondamentale che il mare può giocare nello sviluppo di un paese relativamente povero di risorse come l’Eritrea: il punto fondamentale è come conciliare lo sviluppo con la preservazione di quelle ricchezze ambientali e biologiche che fanno delle Isole Dahlak un incontaminato paradiso naturalistico, evitando di ripetere errori che in altre parti di mondo hanno gravemente alterato i delicati equilibri degli ecosistemi insulari.

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La stagione dei commerci

Isole Dahlak

 

La conquista dell’Egitto da parte dei Romani nel 30 d.C. inaugurò una nuova stagione di commerci lungo il Mare Erytraeum le cui rotte conducevano ora fino all’India, terra rinomata per i suoi prodotti, in particolare per le spezie. La scoperta da parte del greco Ippalo dei venti monsonici, che per alcuni mesi l’anno soffiano dal Mar Rosso fino al continente indiano e viceversa, permise ai Romani di raggiungere direttamente i lontani mercati delle spezie evitando l’intermediazione dei mercanti arabi. Il traffico marittimo e commerciale aumentò notevolmente: ai tempi di Tiberio (14 – 37 d.C.) almeno cento imbarcazioni l’anno attraversavano il romano Mare Rubrum.

Esisteva a quel tempo una guida rivolta ai viaggiatori e ai commercianti che dall’Egitto volevano intraprendere il viaggio verso l’India: Il Periplo del Mar Eritreo. Si tratta di un testo anonimo, scritto in greco da un mercante egiziano presumibilmente nella seconda metà del I secolo d.C., ove vengono elencate e descritte le varie stazioni lungo l’antica rotta marittima delle spezie. Nel Periplo si trova la prima descrizione dell’attuale isola di Dissei che nel testo è chiamata Oreiné, ovvero “la montuosa”, distante 200 stadi dal punto più interno del golfo verso il mare aperto e riparata dalla terraferma su entrambi i lati. Oggi le imbarcazioni che prendono terra ancorano in quest’isola per evitare attacchi dalla terraferma. Sull’isola di Dissei si può ancora intuire il punto di approdo delle navi romane, ora interrato, posto in una baia sul lato occidentale dell’isola, così come è possibile individuare i resti del villaggio che serviva da mercato. Nel dicembre 2009, nell’antico villaggio, è stata ritrovata una moneta risalente al 126 d.C., ovvero al tempo dell’imperatore Adriano.

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Nel Periplo, inoltre, viene descritto con precisione il percorso attraverso cui venivano trasportare le merci dalla capitale Axum fino al mare passando dall’antica città di Koloe (l’attuale sito archeologico di Cohaito): di fronte all’isola Oreiné, a 20 stadi dal mare, c’è Adulis, un villaggio di giuste dimensioni. Dista tre giorni di cammino dalla città di Coloe, nell’interno, il centro principale per il commercio dell’avorio. Da qui alla capitale, chiamata Axomite, ci sono altri cinque giorni. Riguardo alla fauna che all’epoca popolava l’Eritrea: la totalità degli elefanti e dei rinoceronti pascolano negli altipiani, ma qualche volta è possibile vederli anche vicino al mare, proprio nei dintorni di Adulis. Il nome Alalaios, riferito alle Isole Dahlak, compare quando l’anonimo autore, parlando del porto di Oreiné aggiunge che di fronte al porto di quell’emporio, in mare aperto sul lato destro, giace una gran quantità di isolette sabbiose chiamate Alalaiou, da cui provengono i gusci di tartaruga che vengono lì trasportati dagli Ittiofagi per essere venduti. L’isola quindi, grazie ai continui passaggi delle flotte imperiali di Augusto, Tiberio, Traiano, Adriano e Marco Aurelio, divenne un punto strategico nello scambio delle merci tra il Mediterraneo, l’India e l’altipiano etiopico. Le monete romane ritrovate nella zona di Adulis e di Axum, testimoniano dei traffici che ebbero luogo fino al V secolo.

(19/07/2013)

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