Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

Monferrato, bella ri-scoperta

Si fa turismo anche senza andare troppo lontano da casa. Lo sa bene il nostro “professo viaggiatore” protagonista di un’inaspettata gita monferrina al suono di evviva “la” Barbera e il Vej Piemont (e abbasso quel menagramo di “C.A.”). Avete capito di chi si tratta?

Tramonto su Murisengo con il Monviso sullo sfondo
Tramonto su Murisengo con il Monviso sullo sfondo

Come ben sanno i miei fedeli lettori (ma è forse meglio che scriva al singolare, e se tutto va bene) da sempre insisto nel commentare che “si viaggia, nel senso che si fa turismo” anche uscendo di casa e passeggiando fino ai giardinetti non senza soffermarsi davanti a qualche vetrina lungo strada ammirandone i prezzi. Ci si immerge nella natura e nel contempo ci si informa sull’attuale realtà socioeconomica. Da anni, ad esempio, e già informai ampiamente in merito, mi ritrovo incantato appetto a un paio di infradito griffate G&A, al secolo Giorgio Armani, e ne controllo il prezzo – 52 euro, a Milano dicono robb de matt – attendendone contestualmente una congrua riduzione (ma dicono tutti che sono matto imperocchè vorrei pagarle 2 euro, come costano dai cinesi, e io aspetto… ).

L’itinerario della Gita monferrina

Ferramenta... Vej Piemont
Ferramenta… Vej Piemont

Per la cronaca, e la precisione, la gita doveva trigonometricamente svilupparsi tra Casale, Murisengo e Novara, se non che a causa delle demenziali leggi commerciali vigenti nel Belpaese si è dovuto annullare il percorso dell’ultimo settore. A Novara, nel senso di dintorni, più precisamente Castellazzo Novaese e Cameri, laddove si agognava acquistare Gorgonzola, era invece lunedì, leggi chiusura degli spacci delle rispettive Latterie. Da cui, ciarlandosi tutti di crisi, Jobs Act e dell’Art. 18 un’incazzosa domanda: ovvia Renzi, non è che il furmagiàt, spostando nella chiusa bottega un impiegato (e datosi che per pesare e vendere un po’ di cacio mica ci vuole Leonardo da Vinci e forse forse bastava un attento operaio, che, probabilmente, come peraltro l’impiegato, nulla o poco stava facendo in ditta) avrebbe tirato su qualche decina di euro dallo shopping del qui sfigato scrivente e del suo sanciopanzesco co-èquipier?

Si fa sempre Turismo, anche girando sottocasa

Tartufone
Tartufone

E a favore della mia asserzione “Si fa sempre Turismo, anche girando sottocasa” (vabbè, sto parafrasando quel che dicevasi durante la Naja, “Si serve la Patria anche facendo la guardia a un bidone di benzina” , e aggiungerei “anche se vuoto?”) posso solo commentare che con il costo dei normali voli di linea (laddove quindi non si può volare loucost) le tariffe “giro del mondo” se le potrebbero ormai permettere soltanto pochi confindustriali, i nostrani parlamentari (compresi impiegati, uscieri, fattorini e portieri che li devono tenere a bada) e qualche addetto ai Lavori (purchè) Mazzettati (e per loro fortuna ce ne sono tanti) dell’Expò 2015.
Venendo al dunque, preciso che tutta quella pistolata di cui sopra voleva solo precisare che col mio amico Paolo ho compiuto una bella gita nel Monferrato. Una gita per lui, il Paolo, gastropropedeutica, datosi che, da ruvido romagnol – lughese, poco sapeva del Vej Piemont. Regione (anzi, Stato, e allora funzionava ancorchè in mano a, lo scrisse Gianni Brera, quei pidocchiosi dei Savoia) invece a me ben nota, “merci” alle mie ascendenze materne, alla nascita torinese – beninteso, e fortunatamente, sponda del Po granata, mica quei terùn della Juve -, e gioventù vissuta a Novara (che però piemontese lo è pochino, con tutti quei secoli trascorsi sotto la Milano dei Visconti/Sforza divenuta poi il Milanesado degli a me cari spagnoli).

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Casale Monferrato tra statue equestri e bar Savoia

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Un edificio storico di Casale

Restano pertanto da descrivere le vicende paraviaggiatorie vissute e Casale e Murisengo. Casale Monferrato è una località interessante che meriterebbe di essere più visitata. Solo che, Piemonte & piemontesi (a differenza di tanti altri posti del Belpaese, ma meglio non fare nomi) non se la tirano, col risultato che a Casale pochi (potrebbero essere molti di più) ammirano pregevoli edifici (‘700 e ‘800), degustano una grande cucina (appunto la monferrina) e compiono una bella escursione nella storia (sul Po, Casale e Mantova, i Gonzaga, la fortezza/castello, il famoso assedio (1629), e se ben ricordo sentii dire che “Il testamento del capitano”, motivo triste non meno che sfigato, risalirebbe addirittura ai tempi del citato assedio (in tal caso si tratterebbe della più antica canzone italiana). Giunti nella piazza principale, suggerisco a Paolo di “toccarsi” opportunamente alla vista della statua equestre di C.A. (il re papà di Vittorio Emanuele II, farne il solo nome porta una sfiga tremenda imperocchè il tristo/e monarca non ne azzeccò una che fosse una, tutto quel che faceva finiva a schifìo, per informazioni: battaglia di Novara 23 marzo 1849). Paolo mi chiede un ulteriore antidoto alla sfiga eppertanto lo porto al bar Savoia: nomen omen si e no, perché ‘la’ Barbera (me racumandi, nel Vej Piemont al femminile) non può che menare buono o quantomeno darti allegria.

Scorpacciata “reale”

Carne cruda, un piacere per intenditori
Carne cruda, un piacere per intenditori

Altra (nel senso di anche qui) storia, ancorchè meno importante, a Murisengo, e non può non esserlo una località dotata di una imprendibile rocca, su cui ovvio castello/fortezza, flash back ai Marchesi del Monferrato (meno strategicamente ma più gastronomicamente importante, a Murisengo Fiera della Trifola – dagli italiani detta Tartufo, il 16 e il 23 /11). Ma stavolta invece di far scongiuri sotto sfigate statue equestri di re menagramo si va a pappa al “Regina” del vecchio paìs Antonio Giachino che mentre ci sfama con carne cruda (lo so, da Firenze in giù ci considerano barbari, oh basta, là…) ci ricorda cosa occorre per cucinare la Finanziera. Uscendo non senza aver degustato il Bunett, ci salutano le due Bute di Barbera serenamente svuotate.

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