Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Vietnam: modernità e bellezza di fronte alla costa cambogiana

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Il Vietnam gode di una posizione strategica rispetto ai paesi vicini: Cambogia, Laos, Thailandia. Un viaggio che ci fatto assaporare i piaceri della business class sulle lunghe tratte.

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Nella precedente, prima puntata del reportage sulla mia gita nel Vietnam avevo spiegato le differenti sensazioni che provano un giovine e un vecchio signore in visita a questo Paese dell’Asia sudorientale. Perché – non parliamo poi per chi ha sempre seguito la politica – la Guerra del Vietnam (praticamente cominciata a Dien Bien Phu nel ’54 con la sconfitta dei francesi e conclusasi nel ‘75 con lo sgombero da parte degli Usa di Ho Chi Minh City, a quei tempi Saigon) fu qualcosa di più di un conflitto regionale e coinvolse pesantemente un’intera generazione non solo politicamente ma soprattutto culturalmente (vedi ad esempio mezza Italia studentesca nelle strade a cantare “Johnson boia giù le mani dal Vietnam”….).
Oltretutto nella enorme, panciuta penisola dell’Indocina che si affaccia sul mar Cinese Meridionale, l’attuale Vietnam ha sempre vantato una superiore importanza strategica ed economica nei confronti di Cambogia, Laos e Thailandia.

VietnamBasti pensare alla sua geografia, con quella curiosa silhouette a forma di ‘S’ che si sviluppa su un lunghissimo tratto della costa indocinese sull’oceano Pacifico, da cui, a partire dalla seconda metà del ‘500, la facilità di contatti con gli europei, dapprima i navigatori, in testa i portoghesi, poi i mercanti e i preti a caccia di anime (i gesuiti di Sant’Ignazio giunsero fino al Giappone, ma anche francescani e domenicani si diedero da fare). Ed è fors’anche spiegato perché, a differenza di quelle dei Paesi confinanti, la lingua vietnamita, è scritta con l’alfabeto latino (mentre la presenza politica francese risale soltanto al 1858).
Ma eccomi nel Vietnam gentilmente arruolato dalla Vietnam Airlines e dal ministero dei Turismo di Hanoi in un gruppetto di scrivani di turismo italici e francesi. Con questi ultimi non dovrei aver problemi per colloquiare in francese (non tanto per aver chiamato il figlio Jean Paul quanto perché lingua madre della mia lady) se non che scopro qualche difficoltà a causa delle ormai rare occasioni di parlarlo. E la colpa non è mia bensì di un idioma che fu protagonista del linguaggio diplomatico prima di cedere il posto al più spiccio english. E nel Vietnam scoprirò inoltre che l’idioma gallico sta poco simpatico, mi è sembrato meno parlato del prevedibile, vai a sapere se per la citata decadenza nel mondo della diplomazia e del business o perché antan imposto dai colonialisti di Parigi.

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Vietnam Airlines: a bordo trattamento super
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Vietnam Airlines, Business Class

Si è volato, ça va sans dire (ma, dai e dai, gli addetti all’imbarco della Vietnam Airlines di Parigi, e poi di Ho Chi Minh City, come avrebbero potuto mai resistere alla assillante non meno che sceneggiata questua di veterani professionisti dell’Upgrading?) in business e pertanto ho mangiato alla grande (i miei amici spagnoli più perbene direbbero como un cura, come un prete, mentre, quelli più volgari, de puta madre, leggasi genitrice dai facili costumi). Per la cronaca (e i piaceri palatali del cortese lettore) lungo la rotta verso il Vietnam (Parigi – HCMC 12 ore e spiccioli) mi sono pappato un Souris d’agneau sauce demi glace, riz kabsa, aubergines grillèes et tomate rote, al ritorno deliziosi Gambas sauce chinoise imperial, riz vapeur, choux pakchoy vapeur (il tutto, annaffiato, termine per me orrendo ma che fa sempre un certo effetto) da ovvio champagne. E gasato per il conquistato Upgranding mi sono pure tracannato (ma solo in andata, est modus in rebus) un Bailey’s Irish Cream (una sorta di Vov, altrettanto liquoroso nonché leggermente impastante il palato, meglio un onesto Scotch beninteso di malto, ma certi surclassamenti – sembra canonicamente dovuti agli scrivani turistici, ma non ancora capito se per motivi sociali o letterari – vanno pur sempre celebrati).
Precisato ai meno attenti nella lettura (non parliamo poi di chi non la possiede) della mia bibbia storico – geografica (il Calendario Atlante de Agostini, lo consulti, il lettore, non parliamo poi se viaggiatore, e appagherà tante curiosità insorgenti quando non si sa esattamente dov’è un Paese, la sua superficie e quanta gente vi vive …) che il Vietnam è grande 330. 951 kmq, un decimo più del Belpaese, per 88.772.900 abitanti (nel ’92). Se invece si parla di valuta locale il viaggiatore in partenza per il Vietnam si prepari ad affrontare preoccupanti conteggi qualora volesse capire “quanto vale” il dong: orbene, oggetto da ormai tanti lustri di continua svalutazione, per venire infine a scoprirne un rapporto invero infimo con l’euro, leggasi un modestissimo 0,0025 della moneta europea.

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Phu Quoc: un isola dal turismo in forte crescita
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Phu Quoc Island

Passo alla descrizione della prima tappa della gita nel sudest asiatico. Eccomi a Phu Quoc, la modernità e bellezza dell’aeroporto mi lasciano viepiù sbalordito dopo aver già abbondantemente apprezzato, in transito, quello di Ho Chi Minh City. Ma in quest’ultimo caso trattasi dello scalo aereo della più importate metropoli del Vietnam, mentre Phu Quoc è un’isola (vabbè oggetto di grandi investimenti) a poco più di mezz’ora di volo dalla ex Saigon, di fronte alla costa cambogiana, dal futuro turistico certamente eccellente, ma al momento un bel resort balneare nel quale non penseresti mai di trovare un aeroporto quasi sardanapalesco).
Dal buon 4**** di nome Saigon Phu Quoc  si esce in bus per visitare una Pearl Farm (ma non acquisto perle essendo già una perla la mia stessa Lady, bello, eh, ‘sto complimento che ho copiato dal grande compositore Agustìn Lara?), poi si ammira la pagoda Ho Quoc e ci si deprime aggirandosi in un campo di concentramento che ospitò Viet Cong e ora funge come museo. In barca si naviga a fotografare belle spiagge a sud dell’isola, incluso lunch (e la cucina vietnamita vale anche a livelli non deluxe), mentre all’attività balneare (acqua ok ma calduccia, stagione secca novembre – aprile, umiduccia maggio – ottobre) pensa la spiaggia dell’albergo, che propone un ricco breakfast che più à gogo di così non si può, meglio dire un banchetto, l’esatto opposto di cappuccio & brioche dell’italiano medio.
Arrivederci alla terza (e ultima) puntata di questa istruente gita vietnamita …

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Leggi le altre puntate:
1. “Vietnam: il futuro corre veloce
3. “Vietnam: a sud nell’acquatica terra del Mekong

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Vietnam: le vie del riso

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