“Si dice…” che Fuerteventura sia stata la prima delle sette isole Canarie ad emergere dall’Oceano Atlantico. Per questo, esposta più a lungo all’erosione dei venti, è priva di montagne ed i suoi vulcani resi pacifici dai millenni trascorsi dalle ultime eruzioni. In geologia, infatti, superati i diecimila anni di silenzio, un vulcano è considerato stabile ed inattivo. Si dice anche, che Tindaya, l’unica “vetta”, è una montagna magica, avvolta dal mistero per le pitture rupestri pedomorfe lasciate dai nativi, come ad indicare una via celeste. Tanti piccoli piedi diretti verso ovest, a simboleggiare chissà quale arcana astronomia o calendario solare. Culti antichi legati alla presenza di streghe bianche, la cui magia affascina e cura, sopravvivendo fino ai nostri giorni in una forma di autentica considerazione del Femminile.
Fuerteventura isola verde e paradisiaca
Fuerteventura presenta altre sorprese, piuttosto che scossoni tellurici e smottamenti. Stupisce infatti la sua fama di isola verde e paradisiaca, quando invece le precipitazioni sono scarsissime, i letti dei fiumi asciutti, sconfinate distese desertiche a formare uno scenario gibboso e ondulato a perdita d’occhio. Eppure il clima favorevole spingerebbe qualsiasi forma vegetale a fiorire, dar frutto e maturare intensamente.
L’irrigazione è di due tipi: forzata a goccia in tubi neri di plastica che strisciano come interminabili serpenti ovunque, o sotterranea, con l’acqua desalinizzata dell’oceano e conservata nelle porosità della roccia vulcanica. È così che si assicura il sapore del famoso pomodoro canario e delle patate, basi alimentari dell’isola. Le varietà coltivabili potrebbero essere maggiori.
Casseforti d’acqua come risaie
Per il turista quasi tutto viene importato, ma l’economia domestica di Fuerteventura si basa ancora sui gavias. Queste casseforti d’acqua assomigliano a delle risaie, piccoli appezzamenti rettangolari, posti in piano, delimitati da bassi muretti a secco e arati, che conferiscono al paesaggio un elemento caratteristico ed una tonalità mattone tra le infinite sfumature di rossi, terra bruciata, porosità laviche e sedimenti. Grazie ai gavias, tutelati dalle istituzioni locali, in quanto patrimonio culturale da conservare, vengono garantiti quattro raccolti all’anno. Una volta considerati dimostrazione di status sociale, attualmente si mescolano a “ben più moderne” serre.
La flora dell’isola è davvero particolare
Si dice, ad esempio, che esistano degli endemismi locali, 14 per la precisione, 10 però già estirpati dal brucare a tappeto delle capre, che molto hanno contribuito nel tempo a modificare l’assetto del territorio. Si trovano esemplari di cardo canario, uno dei simboli dell’isola, molto simile ad un cactus, una tipologia infestante di tabacco (tabacco moro), una particolare varietà di fico (ogni isola ha la sua… si dice…), e chiazze di euforbia nelle due “versioni”: dolce, usata per confezionare caramelle artigianali per i bambini, e amara, genialmente impiegata nella pesca.
Un tempo il liquido estratto da questo vegetale, veniva versato in acqua, per depauperarla d’ossigeno, stordendo i pesci. La totale assenza di alberi e di legno (quello usato per le caratteristiche volte delle chiese barocche proviene dall’Africa), dimostra il fallimentare progetto forestale di voler reinserire una specie autoctona di pino (il Pino Canario), ormai rarissimo e in via di estinzione, bruciato e piegato dal vento.
Parchi protetti e fauna endemica
Malgrado ciò, le riserve e i parchi protetti di Fuerteventura sono 13 e gli abitanti dell’isola si organizzano in veri e propri turni di pulizia, spartendosi le diverse località. I danni ambientali, si dice, possono determinare multe che vanno dai 6 mila ai 6centomila euro! I risultati comunque si vedono e l’oceano stesso partecipa obbediente alla salvaguardia degli ecosistemi, non rovesciando sulle spiagge sporcizia o rifiuti… a dire il vero non si trovano nemmeno conchiglie, ma per questo v’è un’altra spiegazione.
Il secondo emblema dell’isola è un piccolo uccello, una specie di pernice (Perdix perdix), cordiale nemico di un’altra specie endemica dall’apertura alare di un metro e mezzo: un avvoltoio bianco dall’inconfondibile profilo (Neophron percnopterus). Si dice che il numero di capre sull’isola superi quello dei suoi abitanti. Certo è che questo ruminante indigeno è ben diffuso, quasi uno per ogni bipede, che nei giorni di festa lo “valorizza” in diverse ricette. In antichità base indispensabile dell’alimentazione e dell’economia del luogo, ora si vedono greggi raminghi ruminare su pendii scoscesi, allevati principalmente per la produzione del celeberrimo formaggio Majorero, così noto al punto che porta l’etichetta di denominacion de origen.
La malvasia di Fuerteventura
Altro prodotto locale è il vino, ottenuto da una malvasia che non deve assolutamente essere irrigata ma si disseta di umidità notturna distillata e condensata nel suolo vulcanico. Anche se ormai è il turismo il settore trainante dell’economia, sull’isola si trovano un’interessante industria di aloe vera barbadensis, e si sta avviando la produzione di olio d’oliva, da poco introdotta grazie a frantoi e tecniche italiani. Inutile dire che entrambe trovano nel clima e nel suolo condizioni ideali per fornire prodotti tra i migliori, tanto che le quattro case produttrici di aloe vengono regolarmente visitate da pullman turistici e una bottiglia di buon olio può arrivare a costare 60 euro. (1-continua)
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