La fiaba di Esopo “La Cicala e la formica” ha subito vari adattamenti. A noi è giunta con le versioni delle favole del francese La Fontaine. Ora vi raccontiamo una versione riadattata ai nostri giorni. In una foresta francese dalle parti di Parigi. È arrivato l’inverno, freddo della madonna, umidissimo, foglie morte, buio presto, vento maledetto. Al calduccio, nell’umile ma linda abitazione all’interno di un solido tronco, la Formica si sta cuocendo un paio di uova al tegamino e sente bussare alla porta.
“Entra, entra” esclama la Formica senza nemmeno voltarsi, tanto, sa già che è la Cicala. E infatti è la Cicala. Solo che – la Formica, voltandosi ha un sobbalzo – la Cicala appare vestita da hippy: braghe e camiciona di cuoio (roba da Davy Crockett), in testa fazzoletto piratesco, foulard multicolore, chitarra (quante volte l’ha suonata sulla rive gauche) a tracolla, braccialetti e tatuaggi à gogò.
La morale oggi della Cicala e la Formica
La Cicala provvede subito a spiegare tutto alla previdente e laboriosa amica. “Pensa tu, chère Formica, che culo che ho avuto. Suona alla porta il postino, apro, e mi consegna un invito di un vecchio copain a raggiungerlo per svernare con un po’ di suoi amici su un’isola caraibica. Nel plico speditomi, un ticket prepagato Parigi – Martinica, un po’ di danèe cash per vestirmi comme il faut e il resto per le spese di viaggio. Parto oggi après midi, ho un volo Air France dal Cdg e sono venuta a salutarti”.
A quel punto la Formica non nasconde una certa sorpresa (con incazzatura incorporata). Dopodiché si rivolge alla Cicala e le dice: “Buon viaggio, chèrie, e divertiti. Ma, prima, fammi un favore. Sulla strada per l’aeroporto (quindi te la sbrighi in pochi minuti) c’è il cimitero Père Lachaise. Vai dentro, cerchi la tomba di un certo La Fontaine e ivi giunta gli dicessi che andasse affanculo”…