Tra le letture del periodo di quarantena ricordiamo il libro “La metà del mondo vista da un’automobile – Da Pechino a Parigi in 60 giorni”. Edito per la prima volta nel 1908 da Ulrico Hoepli. Il volume racconta del viaggio in automobile dalla Cina alla Francia. Era il 1907 è sono stgati percorsi circa 16.000 km in un tempo in cui si era agli albori della motorizzazione. La sfida di questo incredibile raid era stata lanciata dal giornale parigino “Matin”. Queste le parole usate: “C’è qualcuno che accetti di andare, nell’estate prossima, da Pechino a Parigi in automobile?”. Tra i vari aderenti vi era il principe italiano Scipione Borghese.
A quel punto il direttore del Corriere della Sera decise di affiancargli il suo inviato speciale Luigi Barzini. Delle 25 vetture iscrittesi inizialmente soltanto 5 si presentarono alla partenza dalla capitale cinese. Era il 10 giugno 1907. In fila un triciclo Contal da 6 cavalli, 2 De Dion Buton da 10, una Spiker da 15 e l’Itala dei nostri eroi da 40 cavalli.
La gara non prevedeva regole, non vi era alcuna assistenza. Ogni equipaggio doveva provvedere alla logistica dei pezzi di ricambio e dei rifornimenti di olio e benzina. Il percorso non era prefissato ma dettato dalla carenza di strade carrozzabili. Infine nessun premio era previsto per i vincitori se non la gloria di aver compiuto un’impresa epica.
I protagonisti della Pechino Parigi
Il libro porta la firma di Luigi Barzini, tra i più noti giornaslisti del ‘900, capostipite di un’illustre famiglia di giornalisti. Fu inviato speciale del Corriere della Sera e poi direttore del Corriere d’America a New York. Nel 1934 è nominato senatore del Regno.
L’equipaggio era formato, oltre che da Barzini, dal Principe Scipione Borghese, appartenente a un’illustre famiglia patrizia senese. Borghese era noto per lo spirito d’avventura.
Nel 1900 aveva attraversato la Persia in carovana e da li ha raggiunto la ferrovia Transiberiana per arrivare fino al Pacifico.
Il terzo componente, Ettore Guizzardi, chauffeur del Principe che lo aveva preso con sé quindicenne dopo un incidente ferroviario nel quale era morto il padre, e ne aveva fatto il curatore delle sue auto.
Equipaggiamento e vettura
Quarta protagonista, la più importante, la macchina prescelta, la Itala 24-40 HP alla quale non furono apportate modifiche a motore e telaio. Vennero rinforzati solo gli angoli del telaio e le molle, montate ruote più alte e rinforzate, con pneumatici del massimo diametro della fabbrica Pirelli di Milano.
Due sedili anteriori e uno posteriore, due serbatoi supplementari per la benzina, un cassone per gli attrezzi e i ricambi, un serbatoio per l’acqua, uno per l’olio, bagagli ridotti al minimo necessario. Una particolarità erano i parafanghi: gli originali erano stati sostituiti da quattro tavole ferrate tenute alla carrozza da cerniere, facili da smontare e utilizzabili come passerella per fossi e terreni paludosi o sabbiosi, poi abbandonati quasi subito per alleggerire la vettura.
Un breve cenno sulla marca Itala: fondata a Torino nel 1904, chiuse nel 1934 per dissesto finanziario dovuto anche alla crisi del ’29: tra le vetture prodotte, alcune migliaia, vogliamo ricordare la 35/45 HP, la stessa base di quella del raid, ma carrozzata lussuosamente dal milanese Cesare Sala per la regina Margherita di Savoia.
Il raid Pechino Parigi resoconto di viaggio
Raccontare il raid della Pechino Parigi in dettaglio è come riscrivere il libro. L’opera oggi si legge oltre che come resoconto del viaggio, come testimonianza storica dei popoli e della tecnica prima dell’età moderna. Il viaggio e le sue tappe sono indicate nella Carta Itineraria allegata al libro. Ci rifacciamo allora alle considerazioni che fa Barzini l’ultima notte prima di arrivare trionfalmente a Parigi, notte che non ha avuto un quieto sonno. Ricorda le notti sui kangs dall’odore fetido, sull’erba delle praterie, sui tavolata delle isbe siberiane. Il passaggio da paese a paese, da popolo a popolo appariva semplice: dalle porte di Pechino contornate di pagode, alle braccia cinesi che hanno aiutato l’Itala a superare le rocce di Ki-mi-ni, poi i mandarini col drago d’oro che sono accorsi a vedere la vettura.
L’automobile, sconosciuta alla maggior parte dei territori attraversati, è stata inseguita da cavalcate mongole e a sua volta ha inseguito una mandria di gazzelle al limite del deserto. Ha poi guadato il grande fiume Iro, l’ultimo dell’impero cinese, è caduta da un ponticello in Transbaikalia, ha corso sulle rotaie della Transiberiana, ha attraversato la più vasta foresta del mondo, la taiga, è affondata nel fango nei pressi di Tomsk ed è ora a mezz’ora dall’ingresso trionfale a Parigi, al Palazzo del Matin dove termina il lungo viaggio.
Le rievocazioni moderne della Pechino Parigi
La stessa Itala che aveva partecipato al raid Pechino Parigi, perfettamente restaurata, è conservata presso il Museo dell’automobile di Torino.
La stessa Itala della Pechino Parigi ha ripercorso lo stesso itinerario nel 2007, cent’anni dopo la storica impresa, con la spedizione televisiva italiana Overland della Rai.
Dal 1997 si disputa con cadenza triennale la rievocazione della gara, organizzata da Philip Young dell’Endurance Rally Association, con percorsi diversi a ogni edizione.
La prima edizione ha ha visto la partecipazione di circa 90 vetture che hanno attraversato Cina, Tibet, Nepal, India, Iran, Turchia e Grecia per arrivare a Parigi. La rievocazione del centenario della Pechino Parigi ha ripercorso l’originario tracciato, con 130 vetture storiche (del 1903 la più antica).
Alle edizioni del 2010, 2013 e 2016 parteciparono sempre un centinaio di vetture. Nel 2019 nei 36 giorni di gara i 120 equipaggi hanno percorso 14 mila chilometri attraverso 11 nazioni, tra le insidie di montagne, deserti e steppe inospitali con sterrati, strade di ghiaia e guadi.
Rappresentanti dell’Italia quattro equipaggi: i portacolori dell’ASI Enrico Paggi e Federica Mascetti. Hanno percorso la gara Pechino Parigi a bordo di una rossa Fiat 124 Spider del 1971, scelta in quanto prima auto della Fiat ad imporsi nei rally a livello internazionale, opportunamente allestita e rinforzata.
Il secondo equipaggio Schön-Guggiari con una Ferrari GT4. Su Alfa Romeo Spider 2000 l’equipaggio Crippa-Crippa e infine su Fiat 2300 S coupè Fontana-Bertolli. Al di là dei risultai finali grande è stata la soddisfazione di essere giunti tutti alla meta di Parigi.