Tsavuht danem, lasciami sopportare il tuo dolore. Così l’Armenia, gioiello paesaggistico e culturale incastonato tra terre senza pace e ricche di contraddizioni, ci accoglie con la sua bellezza e tranquillità, liberandoci dai nostri “affanni occidentali”. Paese antico e ospitale, con il cuore del sud del mondo e la voglia di riscatto economico e sociale del nord evoluto, cerca di aprirsi con entusiasmo al turismo.
Dal 1991 l’ Armenia è uno Stato eurasiatico indipendente del Caucaso meridionale con oltre tre milioni di abitanti. Nonostante il susseguirsi di eventi destabilizzanti: crisi economica, deficit energetici, terremoti e guerre, la tenacia della sua gente ha permesso l’avvio di una ripresa che fa leva anche sul turismo.
Armenia dai grandiosi Monasteri
In Armenia si arriva facilmente con un visto ottenibile anche all’ingresso del paese. Un itinerario che sveli i luoghi e l’anima della sua gente deve comprendere la capitale Yerevan e successivamente i grandiosi monasteri (alcuni annoverati tra il patrimonio mondiale Unesco) che costellano il territorio della Armenia, quasi a presidio di una terra benedetta. E forse questo è veramente un piccolo paradiso terrestre. Un posto dove è possibile sentire ancora la terra “sussurrare” le voci della natura.
Vedere l’unica striscia di asfalto servire come “pista di atterraggio” di grandi rapaci ancora padroni di questi spazi. Ma anche usata come sentiero di transumanza per pecore, mucche, cavalli e asini. Come in uno scenario biblico dirigersi verso la salvezza in direzione del monte Ararat e la sua Arca. In questo paese è così naturale il legame tra tradizione e modernità che la speranza è che turismo e globalizzazione non intacchino una società che riesce ancora ad essere armonica.
Yerevan una capitale dall’aspetto provinciale
Nonostante l’evidente differenza con il resto del paese, la capitale Yerevan riesce a mantenere un aspetto piacevolmente provinciale. Le belle e maestose piazze, circondate da storici edifici, dove la filosofia della gente è vivere con semplicità gli spazi collettivi. La sera, invece, si illuminano dando vita a spettacoli che intrattengono persone locali e turisti; mentre le vie si animano, curiosando tra i negozi ancora ricchi di folklore locale (come gli Shuka, mercati alimentari coperti, o le vetrine bazaar di Tigran Metz). Anche ad Yerevan però la voglia di assomigliare all’Occidente si riscontra in una omologazione architettonica con abbattimento di vaste zone ad alto valore storico.
A raccontare la storia recente di questo paese, specie nella periferia, ci sono le grandi costruzioni popolari, retaggi del comunismo; i panni colorati stesi e i piccoli allevamenti di colombe bianche. E ancora grandi palazzi a guardia di antiche chiesette e poi severi monumenti celebrativi simbolo dell’appartenenza: la Cascade, Madre Armenia, il Memoriale del Genocidio.
Nei dintorni di Yerevan il Vaticano degli armeni
A ovest di Yerevan è possibile visitare Echmiadzin, sede del Katholikos (per la Chiesa armena corrisponde al Vaticano dei cattolici) dove la domenica si può assistere alle affollate funzioni religiose mischiandosi ai pellegrini. Poco lontano si trovano le rovine di Zvartnots, una delle più belle chiese armene, distrutta da un terremoto intorno all’anno mille.
A est, sulla strada per il lago Sevan, raggiungiamo il ricostruito tempio di Garni dedicato al Dio Sole, i resti delle terme e le rovine di un’antica chiesa. Situato in una profonda gola e immerso in uno spettacolare silenzio, incontriamo il monastero di Ghegard, parzialmente scolpito nella roccia, è uno dei luoghi turistici più visitato dell’Armenia.
Il monastero è ricco di grotte usate dai monaci in eremitaggio, di khatchkar (le croci armene) e suddiviso in più cappelle. La più antica è scavata in una roccia e possiede una fonte di acqua sorgiva considerata benedetta. Accrescono il fascino e la sacralità di questi luoghi i giochi di luce vivissima che si alternano al buio intenso. Come in una metafora religiosa a significare il bene e il male. Continuando verso sud, vagando da un monastero all’altro si possono ammirare i differenti ambienti che convivono in una terra ristretta tra pascoli e vigneti ben curati. In molte località si ritrova qualcosa dell’Italia anni ’50. Attraversiamo piccoli paesi pieni di cicogne e raggiungiamo il monastero di Khor Virap, una delle immagini simbolo dell’ Armenia con alle spalle i “fratelli di roccia”, i monti Ararat e Aragat.
Tra i monasteri nella regione di Lori
Verso nord-est si trova la regione di Lori, quasi al confine con la Georgia. La strada ci porta ad attraversare Vanadzor (tranquilla cittadina sede di un immenso stabilimento chimico di epoca sovietica), l’inquinata Alaverdi con la sua fabbrica di rame, per immergersi poi tra le aspre gole scavate dal fiume Debed. Ammiriamo rocce rosse, in questa tarda e calda primavera, punteggiate da mille fiori. Proseguendo lungo la strada scavata nella terra si arriva, quasi sul confine georgiano, ad altri monasteri: Kobayr, Odzun, Sanahin, Haghpat con i loro meravigliosi affreschi. Veniamo accolti dalla simpatia dei devoti custodi che ci accolgono con un saluto offrendoci candele votive e tentando qualche parola in italiano.
Lasciata alle spalle l’anonima Diliyan (un tempo meta di villeggiatura dei potenti dell’ex Unione Sovietica), arriviamo al monastero di Goshavank e di Haghantsin, immersi in boschi di querce, con i bui gavit e le arabesche incisioni delle Khatchkar. Proseguendo a ritroso sulla via delle antiche carovane, si arriva quindi al lago Sevan, il più alto d’Europa. Qui si trova un antico monastero rifugio nel passato di reietti e monaci ribelli, e un cimitero presso il villaggio di Noraduz, ricco di croci armene usate come sepoltura.
Verso il confine con l’Azerbaigian
Dal lago Sevan si procede verso i confini dell’Azerbaigian a sud. Nel travagliato ma ospitalissimo Nagorno Karabakh. Lungo una strada che sembra scorrere tra terra e cielo. Si passa per prati verdi, dolci pendii ancora innevati e paesi lontani che respirano ancora la magia d’Oriente. Ed ecco che si raggiunge la regione di Synik e il meraviglioso sito archeologico delle “pietre parlanti”. Osservatorio astronomico ricco di megaliti posti in svariati cerchi come a voler catturare l’universo, imbrigliare l’infinito, seguendo stelle e pianeti, guardando attraverso piccoli fori puntati verso il cielo.
Si riprende la strada con un sole che sembra non tramontare mai nell’abbraccio infinito di questa terra ospitale e meravigliosa nelle sue manifestazioni naturali e della sua gente. Laghetti azzurri, piccoli paesi dai tetti in lamiera, minuscoli cimiteri sui crinali delle alture, animali che si mescolano agli uomini e ne condividono ancora le sorti: forse è ancora qui il punto del mondo in cui Dio farà posare la sua Arca.
Questo viaggio che continua a stupirci ci porta, dopo la tranquilla cittadina di Goris (accolti da un pascolo di vacche in pieno centro) ad un altro simbolo del paese: il monastero di Tatev, con la sua imponenza strategica e culturale, che ben rappresenta a conclusione di questo itinerario l’anima dolce e lo spirito tenace di questi popoli.
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